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Apple, tutte le follie della confusione fiscale europea

Da oggi 500 milioni di cittadini europei sono convinti che presto incasseranno 13 miliardi di euro da Apple, quando casomai sarebbero i cittadini irlandesi a ricevere i soldi…

Al tempo stesso, la stragrande maggioranza degli irlandesi quei soldi non li vuole perché, se la multa andasse a segno, salterebbe tutto il modello su cui si è basato lo sviluppo economico irlandese negli ultimi trent’anni: attrazione delle operations delle multinazionali USA grazie a bassa fiscalità sul reddito d’impresa e alta fiscalità sul reddito da lavoro.

 
Intanto Apple dichiara di essere vittima dell’applicazione retroattiva delle tasse, quando evidentemente si tratta dell’eventuale recupero di un’evasione fiscale (bello, adesso anche io smetto di pagare le tasse e poi quando arriva la Finanza faccio un appello alla corte di giustizia europea per applicazione retroattiva delle tasse… e mando una mail ai miei amici…).
 
I britannici esultano perché, grazie al Brexit, potrebbero stringere tutti gli accordi fiscali di vantaggio che vogliono con le multinazionali USA senza dover sottostare ai vincoli europei (problema: quale sarebbe il vantaggio per la multinazionale di mettere le proprie operazioni in un paese fuori dal mercato unico? Ah saperlo…)
 
Nel mentre la Commissione Europea, che è presieduta da un signore che fino all’altro ieri era primo ministro del Paese con le più spudorate fiscalità di vantaggio per le multinazionali (Lussemburgo), non sapendo bene che pesci prendere, dichiara incidentalmente una bella guerra protezionistica contro gli USA.
 
E noi europei continuiamo a barcamenarci in un sistema che si basa su unione economica e unione monetaria, ma dove in quanto a fiscalità vige la regola “famo tutti un po’ come ce pare”.
 
In tutto questo non è ancora chiaro chi si farà più male, se Apple, se gli irlandesi o se l’Unione europea e tutti i suoi cittadini.

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