Escono le centrali belghe di Marcinelle, entra quel che rimane degli asset transalpini di Enel France, mentre accelera la cessione della maxi centrale russa negli Urali e continuano a uscire dal perimetro altre piccole società di Egp North America. La lista delle attività che Enel intende dismettere è in continua evoluzione. Del resto se il programma di cessioni non più strategiche si chiama “rotazione attiva degli asset”, un motivo ci sarà. Nell’attuale arco di piano, Enel ha previsto dismissioni per circa 6 miliardi di euro. Con la vendita di Slovenske Elektrarne, conclusa a fine luglio scorso, il gruppo ha già coperto quel programma per circa 4,1 miliardi di euro, e di questi 3,7 miliardi di euro sono relativi a operazioni già perfezionate.
Quali saranno allora le prossime mosse? Intanto, sono in corso le trattative per la cessione di Reftinskaya Gres, che fa capo a Enel Russia (l’ex OGK-5, controllata per il 57% circa da Enel). Si va verso la fase delle offerte vincolanti: secondo indiscrezioni si sarebbe fatto avanti un potenziale acquirente cinese, che secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza dovrebbe essere il gruppo Huadian, assistito da Credit Suisse, e l’utility siberiana Sgc (Siberian generating company, mentre Inter Rao ha negato di essere interessata. Enel ha come advisor Ubs. Inizia a circolare anche un possibile ordine di grandezza per il controvalore della cessione di questa centrale a carbone da 3.700 MW nella regione degli Urali. I cinesi, infatti, avrebbero offerto l’equivalente in rubli di 295 milioni di euro, circa il 20% in più di Sgc.
Scorrendo la lista delle altre attività possedute per la vendita, si scopre anche che l’investimento nella società mineraria indonesiana Bayan Resource si è rivalutato. Il 10% in mano a Enel valeva 175 milioni di euro nel 2015, oggi ha un valore di libro di 189 milioni di euro. Considerato che la partecipazione era stata pagata 138 milioni di euro nel 2008, in caso di vendita si produrrebbe una plusvalenza interessante. Resta in pista per la vendita anche Echelon, società hi-tech statunitense. Il 7,9% detenuto da Enel vale circa 20 milioni di euro.
Negli Stati Uniti, invece, è stata appena venduta una quota del 65% di Drift Sand Wind Project per 72 milioni di euro, con una mini plusvalenze di 2 milioni di euro e una rimisurazione al fair value del restante 35% a 4 milioni di euro.
Tra le new entry del programma di dismissioni anche 14 centrali mini-idro di Egp North America, in procinto di passare al gruppo Gmp (Green mountain power), e la licenza esplorativa Isarene, in Algeria. Enel però ha dovuto svalutare l’asset in fase di sviluppo nell’upstream nordafricano per circa 50 milioni di euro, per adeguarlo al presumibile prezzo di cessione. In Francia è rimasta da cedere soltanto la controllata Enel France, che gestice le attività commerciali per il trading di energia su stock anticipati dal campione nazionale Edf. Nulla di fatto, invece, per una cessione che due anni fa era data quasi per fatta, quella delle centrali belghe di Marcinelle Energie, nelle quali Enel ha investito a più riprese circa 159 milioni di euro per poi sottoporla a una pesantissima svalutazione per 140 milioni di euro.
Gazprom, a quanto pare, non ha dato seguito alla manifestazione d’interesse e si è arrivati a una “sostanziale interruzione delle negoziazioni”, come si legge nei documenti di Enel Finance International. Enel Investment Holding, invece, ha venduto la società Compostilla re, società di riassicurazioni del Lussemburgo, per 101 milioni di euro, con una plusvalenza di 19 milioni. Certo, il colpo grosso sarebbe un’ulteriore cessione della controllata spagnola Endesa, alla quale sono stati girati di recente anche gli asset di Egp Spagna. Ma questa per ora è solo una suggestione di mercato.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)