Se il clima estivo non è abbastanza rovente a scaldarlo ci pensa il fronte mediorientale, che fa barcamenare le cronache tra eventi carichi di speranza e notizie che al contrario scuotono le acque della situazione internazionale: c’è così l’incontro dei tre leader europei a Ventotene e il discorso di Sergio Mattarella al meeting di Cl sui migranti, ma c’è anche il ragazzo kamikaze in Turchia che fa 50 morti, le cronache sull’età degli attentatori che si abbassano, l’asse Ankara-Mosca e i raid dei russi su Aleppo. Le cui vittime sono ancora bambini, e stavolta (ancor più) involontari.
IL CAOS MEDIO ORIENTALE TRA LE PAROLE DELL’INVIATO ONU E IL PAPA ALLA PREGHIERA PER LA PACE
Di tutto il caos del Medio-oriente la foto del piccolo Omran ne è quindi solo l’ultimo dei corredi visivi. Ma se l’inviato speciale dell’Onu in Siria Staffan De Mistura (nella foto), presente al meeting di Rimini e intervistato dai microfoni di Radio Vaticana, afferma che il compito di differenziare ribelli e jihadisti sta a “loro stessi” (riferendosi in seguito agli effetti sulla guerra in Siria del dialogo tra Russia, Turchia e Iran ha detto che “ogni dialogo è utile” ma “il vero problema è che finora c’erano vari dialoghi e varie agende”), Papa Francesco già dalla scorsa settimana ha annunciato attraverso il direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato, che il 20 settembre parteciperà all’incontro conclusivo della Giornata mondiale di preghiera per la pace promosso annualmente dalla Comunità di Sant’Egidio, “nello spirito di Assisi” (nel solco cioè del primo evento convocato da san Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986, quest’anno giunto alla trentesima ricorrenza), assieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, a Mattarella e ad altri “400 leader religiosi, politici e culturali”.
IL DISCORSO DEL RE DEL MAROCCO (DELLA DINASTIA ALAWIDE) MAOMETTO VI
E nel frattempo arriva anche la dichiarazione di una delle voci più importanti del mondo musulmano, il re del Marocco Maometto VI, che ha invitato musulmani, cristiani ed ebrei residenti in ogni Paese a lottare insieme istituendo “un fronte comune per contrastare il fanatismo, l’odio e l’isolazionismo in tutte le sue forme “, e mantenendo “l’impegno sui valori della loro religione così come le loro antiche tradizioni”. Per il sovrano marocchino è questa la risposta al jihadismo a loro “estraneo”, che “sfrutta alcuni giovani musulmani, in particolare in Europa, approfittando della loro ignoranza della lingua araba e del vero Islam”. Chi incita a “omicidi e aggressioni non è musulmano”, ha detto il re, e i “terroristi che agiscono in nome dell’Islam sono individui fuorviati, condannati all’inferno per sempre”.
Il discorso, trasmesso a radio e tv, ha avuto luogo in occasione dell’anniversario della “Rivoluzione del re e del popolo”, giorno in cui nel ’53 i marocchini insorsero contro l’esilio di Mohammed V messo in atto dal protettorato francese, che in quel tempo occupava il Marocco. “Di fronte alla proliferazione di oscurantismi diffusi in nome della fede, ma del tutto lontani da essa, i credenti devono seguire i valori delle loro religioni e delle loro tradizioni secolari” ha detto il sovrano. È infatti vero che il Marocco non ha vissuto le primavere arabe e anche per questo gode oggi di una certa stabilità, ma bisogna altresì dire che il monarca imprenditore, conservatore e riformatore capace di mantenere viva nel Paese una economia dinamica, non ha esitato a condannare senza mezzi termini l’uccisione di Padre Jacques Hamel, definendolo “una follia imperdonabile”. Sottolineando, oltre a ciò, le responsabilità di “istituzioni islamiche” che, pretendendo di rappresentare “il vero Islam”, diffondono “un’ideologia estremista”. Da notare il caustico tweet del vaticanista della Rai e direttore di Tg2000 Lucio Brunelli, che ha scritto: “Tutti a reclamare voci chiare e forti dell’Islam contro i terroristi e poi quando ci sono nessuno se le fila”.
LA LETTERA DELL’AYATOLLAH D’IRAN AL PAPA E IL GRAN MUFTÌ DI CROAZIA AL MEETING CL
Parole, quelle del re del Marocco, che fanno poi il paio con quelle del Grand Ayatollah iraniano Makarem Shirazi, che in una lettera indirizzata a Papa Francesco ha espresso la sua “felicità per aver ascoltato il suo commento durante il viaggio in Polonia”, dove ha affermato che “Islam non è uguale a terrorismo”, respingendo in questo modo “l’associazione di violenza a qualsiasi religione divinamente rivelata”. Nella lettera scritta dall’Ayatollha si legge che “l’atteggiamento di dissociazione dell’Islam” da questi gruppi “takfir”(concetto islamico che indica “massima empietà”, una sorta di “scomunica” che non implica la pena capitale ma l’espulsione dalla comunità; comunque sia una “fatwa”) è “chiaro e logico”. La stessa parola takfir viene poi ripetuta numerose volte, anche nella condanna dell’assassinio di Padre Hamel. E prima di rivolgersi molto duramente, nella parte finale del testo, a “superpotenze corrotte” che, “cercando di ottenere la ricchezza più illegittima sostengono e aiutano questi gruppi”, e senza dei quali “sarebbero già stati distrutti” e il loro percorso “finito all’inferno”, l’ayatollah Shirazi scrive: “È assolutamente necessario che i leader religiosi del mondo prendano posizioni chiare e forti contro la violenza e la barbarie in qualsiasi parte del mondo, in particolare quando tali atti sono commessi in nome della religione”. Espressioni visibilmente molto vicine a quelle di Bergoglio. E sulla stessa onda sono anche le dichiarazioni del gran muftì di Croazia Aziz Hasanovic rivolte al popolo di Cl sempre durante il Meeting di Rimini, dove ha dichiarato, ribadendo che l’Islam è una “religione di pace”, che “chi uccide innocenti non è musulmano” e che “il terrorismo è la conseguenza dell’ignoranza e della manipolazione degli insegnamento del Corano, dell’indottrinamento settario. Il Corano – ha concluso Hasanovic – dice che uccidere un innocente è come uccidere il mondo intero”.
IL PATRIARCA LIBANESE, IL NUNZIO IN IRAQ, E LE COMUNITÀ ARABE CHE INVITANO I CRISTIANI IN MOSCHEA (PER LE TORRI GEMELLE)
Concetti espressi anche, su sponda cristiana, dal patriarca della Chiesa cattolica maronita in Libano, il cardinale Bechara Raï, dove in una conferenza a Seoul ha detto, rivolgendosi direttamente ai terroristi dello Stato Islamico, che le “organizzazioni terroristiche che lavorano per la distruzione del Medio Oriente non rappresentano l’Islam o i musulmani”. Il patriarca ha citato il modello libanese, nonostante paghi il prezzo dei conflitti e l’assenza di un presidente da più di due anni, come esempio di “un insieme di valori condivisi tra cristiani e musulmani, grazie alla cooperazione, all’uguaglianza civica e alla fratellanza tra tutte le comunità”: questo distinguerebbe il Libano “dagli altri stati del Medio Oriente”, i cui “principi si riflettono nel suo patto nazionale”. Per il cardinale la soluzione pacifica in Medio Oriente potrà in conclusione arrivare “attraverso una serie di riforme delle decisioni negli Stati arabi”(ovvero in primis la separazione tra Stato e religione). Mentre al contempo il nunzio apostolico in Iraq, monsignor Alberto Ortega Martín, ha ricordato a Radio Vaticana che ad oggi in Iraq “ci sono tre milioni e mezzo di sfollati” e le risorse inviate dalla Nazioni Unite “non arrivano nemmeno alla metà dei bisogni presentati”. “Come dice il Papa – ha proseguito il monsignore – si usano tanti soldi per le armi piuttosto che per le persone”. E “sono i cristiani” a pagarne le conseguenze: “A Mosul e nella Piana di Ninive se ne sono andati tutti. La presenza dei cristiana è diminuita, ma a chi resta cerchiamo di incoraggiarlo e di dargli speranza”.
Infine, le Comunità del mondo arabo in Italia invitano lo stesso Papa Francesco e i cattolici ad andare a pregare in Moschea, per una preghiera interreligiosa organizzata per l’11 settembre, anniversario dell’attentato alle torri gemelle di New York (un giorno prima della festività islamica dell’Eid). Nonostante si dice che il Papa abbia già messo in programma una visita in Moschea per l’inizio del prossimo anno, sarebbe certamente una altrettanto bella notizia che lo stesso invito venisse rivolto anche ai cristiani oggi presenti in Medio-oriente.