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Chi sono e cosa pensano i consiglieri economici di Donald Trump

Di Nick Timiraos
Trump

Chi c’è dietro la nuova politica economica e fiscale proposta da Donald Trump l’8 agosto? Pochi giorni prima, il candidato repubblicano aveva annunciato la costituzione di un nuovo comitato di adviser in materia di politica economica per lo più costituito da protagonisti del mercato immobiliare e finanziario.

Assenti dalla lista dei consiglieri sono coloro che hanno in passato lavorato alla politica economica del partito repubblicano o servito in precedenti amministrazioni repubblicane, un ennesimo riflesso di come la campagna di Trump rappresenti una rottura forte con le istituzioni del partito. E tutti i consiglieri sono uomini.

La squadra politica di Trump è guidata da Stephen Miller, ex assistente del senatore Jeff Sessions, che si è unito alla campagna lo scorso gennaio, e Dan Kowalski, che in precedenza aveva lavorato ai comitati parlamentari sul bilancio federale dei due rami del parlamento. Il team include una consorteria di top manager immobiliari: Howard Lorber, presidente della Douglas Elliman, società di brokeraggio immobiliare; Steve Roth, capo della Vornado Realty Trust, uno dei più grandi società americane dell’immobiliare commerciale; e Andrew Beal, un magnate bancario del Texas che ha esordito come investitore immobiliare.

Gli altri membri del team di consulenza includono manager di private equity come Tom Barrack di Colony Capital (noto in Italia per aver posseduto il Consorzio della Costa Smeralda, ndt) e Steve Feinberg, co-fondatore di Cerberus Capital Management, così come John Paulson, il gestore di hedge fund famoso per aver scommesso pesantemente e con enorme successo contro il mercato dei mutui subprime nel 2007 e Steven Mnuchin, presidente della comitato finanziamenti della campagna di Trump e amministratore delegato di Dune Capital Management. Il team comprende anche Stephen Calk, un top manager bancario di Chicago; Dan DiMicco, ex manager del settore siderurgico e Harold Hamm, il magnate del petrolio che guida la Continental Resources e che era stato consulente per il settore energetico nella campagna presidenziale dell’ex governatore del Massachusetts Mitt Romney, nel 2012.

Fanno anche parte del consiglio tre economisti: David Malpass, Stephen Moore e Peter Navarro. Moore è un ex membro del comitato editoriale del Wall Street Journal, che ha lavorato in diversi think tank conservatori di Washington. Navarro, professore alla University of California-Irvine, è un feroce critico delle politiche commerciali degli Usa e delle politiche valutarie cinesi. Malpass ha partecipato senza successo all’elezione per un seggio al Senato di New York nel 2010, è l’unico del Comitato di Trump ad aver lavorato in precedenza per un Presidente, come vice segretario al Tesoro nell’amministrazione Reagan. Successivamente è stato capo economista di Bear Stearns & Co prima che venisse svenduta, nel 2008, alla JP Morgan Chase & C. Durante i primi anni dell’amministrazione Obama, Malpass ha aspramente criticato la politica della Federal Reserve dei bassi tassi di interesse che secondo l’economista rischiava di provocare un’inflazione galoppante e la svalutazione del dollaro. Nessuna delle due conseguenze finora si è verificata.

Un assenza rimarchevole dalla lista di Trump è quella di Carl Icahn, l’investitore attivista che più volte Trump ha più volte indicato per un ruolo di alto livello nella sua amministrazione. Un portavoce di Icahn ha detto che il finanziere ha rifiutato di far parte del Consiglio per ora perché Icahn sta ancora valutando se guidare un comitato elettorale (super PAC) finalizzato a una profonda rivisitazione regolamentare, cosa che le leggi elettorali americane gli limiterebbero di fare se divenisse più coinvolto con la campagna Trump attraverso la partecipazione al Consiglio.

Dal comitato elettorale di Trump fanno sapere che altri nomi saranno annunciati in seguito.

I membri del comitato di Advisory di solito elaborano proposte di politica economica e finanziaria abbastanza dettagliate per poter ottenere un mandato, dopo le elezioni, a confrontarsi con il Congresso allo scopo di trasformarle in legge. Il candidato democratico Hillary Clinton ha seguito questo copione con una serie di proposte politiche, mentre Trump ha operato in gran parte scollegato dall’ideologia di lunga data del partito.

Ma nelle ultime settimane la campagna di Trump ha tentato di rimpolpare alcune delle sue politiche, come quella per esempio sulle questioni inerenti i veterani di guerra, promettendo inoltre di dettagliare altre proposte nelle settimane a venire, come per esempio quella sulla spesa per le infrastrutture.

Trump in passato è stato sprezzante verso gli esperti e verso l’usanza di preparare un programma elettorale di politica economica, sostenendo che gli elettori si fidano del suo processo decisionale e non si preoccupano di questi dettagli. Alcuni giorni dopo che gli elettori nel Regno Unito avevano votato per lasciare l’Unione europea, Trump aveva risposto bruscamente a una domanda se avesse cercato consigli da consulenti sull’impatto del voto Brexit. “Il consiglio deve venire da me”, aveva risposto, “Che cosa hanno fatto per noi finora questi consiglieri di politica economica di diverso dall’ottenere grandi remunerazioni? E’ una cosa imbarazzante. Il mondo intero è un disastro. Queste persone non hanno idea di che cosa fare. E onestamente, la maggior parte di loro non vanno per niente bene”.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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