C’è dell’umano nella tecnologia? E ce n’è nell’industria farmaceutica, che poi altro non è che “l’industria della vita”? Perché il tech – anzi: il biotech – è un bene per l’uomo? Di più: perché il biotech intorno ai farmaci, oggi, si trova come all’inizio di un “rinascimento della ricerca”? Risponda “no” lo scettico che si è scoperto con un mal di testa da girotondo senza una pasticca per sollevarlo dall’inghippo. E’ un bene per il paziente che di quel farmaco ha bisogno. Ed è un bene per il Paese.
Ne è certo Eugenio Aringhieri, presidente del gruppo Biotecnologie di Farmindustria (nella foto). Ieri al Meeting di Rimini, all’interno dello spazio “What’s human about technology” curato da Camplus, rilanciando il titolo della kermesse (“Tu sei un bene per me”) in dialogo con Carlo Soave, genetista vegetale dell’Università di Milano, ha snocciolato numeri da prendere sul serio. Fin dentro il “tu” della chimica del quale è fatto un farmaco.
LA RICERCA SUL FARMACO PER IL BENE DELLA PERSONA
“Oggi la ricerca offre terapie sempre più efficaci e personalizzate. Frutto dell’impegno di ricercatrici e ricercatori che lavorano per dare più anni alla vita e più vita agli anni”, ha esordito Aringhieri. Uno studio che, grazie a farmaci innovativi, frutto di Ricerca & Sviluppo e di un network – guidato dall’industria farmaceutica – sempre più integrato, “cambieranno presto i paradigmi delle terapie”. Più salute e più sviluppo. Questione personale del paziente e condivisa per tutti: “Come una persona rappresenta un bene per l’altra, così i farmaci rappresentano un bene per i pazienti e le imprese del farmaco un bene per il Paese”.
SALUTE ED ECONOMIA: UNO “TSUNAMI” DI SPERANZA
“Nel settore farmaceutico è in arrivo uno tsunami biotech che non porterà distruzione ma salverà e darà speranza. A livello mondiale sono più di 7.000 i progetti in fase avanzata di studio clinico, molti dei quali biotech. E nel nostro Paese i medicinali biotecnologici disponibili sono 202, per le più importanti aree terapeutiche. Senza dimenticare gli oltre 300 prodotti in sviluppo, i quasi 4.000 addetti e le 211 aziende altamente specializzate”, ha poi aggiunto Aringhieri. Una ricerca che va ben oltre la soluzione al raffreddore. Numeri da prendere sul serio.
SERVE UN NUOVO PARADIGMA DI SVILUPPO
Aringhieri è tornato sulla necessità di “una moderna governance che valorizzi l’innovazione nel settore dei farmaci per l’accesso alle nuove cure”. Un appello alla politica perché la governance – incalza – non dovrà più essere basata su visioni “che si focalizzano sul costo delle singole prestazioni ma sulla misurazione complessiva dei risultati delle terapie”. Una conditio sine qua non perché l’ industria della vita – che si impegna ogni giorno per dare nuove speranze ai pazienti – continui a “investire e a contribuire alla crescita, anche economica, del Paese”. “L’Italia della Salute trainata dalla spinta propulsiva delle imprese del farmaco – ha chiosato – può raggiungere una posizione di leadership nel biotech, nuova frontiera dell’innovazione. Soprattutto nell’attuale fase di rinascimento della ricerca, che si avvale in maniera crescente di collaborazioni pubblico-privato”.