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La Gmg e la rivoluzione gioiosa dei nativi digitali

Bamboccioni, sfaticati, immaturi, incostanti, inaffidabili, concentrati e distratti su un mondo virtuale… Sono davvero questi i nostri giovani? Gli stessi che  il segretario generale della CEI in apertura della settimana della GMG per i ragazzi italiani definisce portatori di sorrisi contagiosi di umanità vera, gli stessi che Papa Francesco chiama seminatori di speranza e sognatori perché fiduciosi in una nuova umanità che non accetta l’odio tra i popoli, gli studenti che con l’ultimo esame di maturità sono andati ad accrescere il numero dei numerosi colleghi già presenti nell’Album Nazionale delle Eccellenze di INDIRE, i giovani di talento che testimoniano l’affermazione italiana in molteplici settori, i millenials che il recentissimo rapporto della Fondazione Toniolo descrive come chi vede nel volontariato una palestra per migliorarsi e che al contempo fotografa come coloro che pur tra mille difficoltà vivono con giustificato disagio l’immagine dei perdenti rivendicando piuttosto, e con forza, la propria volontà e determinazione nel guardare ad un futuro da attori principali.

I protagonisti della Giornata Mondiale della Gioventù 2016 sono gli stessi che pur collocandosi tra la strage di Nizza e l’attentato di Rouen sono ugualmente convinti del valore e della necessità di dare per primi testimonianza nell’accoglienza di rifugiati ed immigrati, nel valore assoluto della relazione vera e autentica con l’altro non mediata ossessivamente ed esclusivamente dai mezzi digitali, per dovere di umanità e perché il terrorismo non si vince con politiche di respingimento e con muri ma con integrazione e ponti nella valorizzazione della diversità e del dialogo.

Sui nostri ragazzi l’esperienza e le immagini del milione e seicentomila presenti a Cracovia -tutti uniti sotto un’unica bandiera pur nella varietà e diversità dei colori delle tantissime presenti- ci restituiscono una storia diversa, una storia fatta di freschezza, entusiasmo, condivisione, fratellanza, solidarietà, voglia di fare, di affermarsi, di essere felici, di essere protagonisti di una rivoluzione gioiosa ed entusiasta per un mondo migliore; per quel mondo costruito “da e per” i giovani verso il quale non si è sempre adeguatamente attenti e proattivi. La storia e il percorso dei quasi centomila ragazzi italiani che già in grandi forze domenica 24 hanno inaugurato Casa Italia e partecipato alla celebrazione di apertura con mons. Galantino raccogliendo e rilanciando un chiaro messaggio –peraltro significativamente e di certo non casualmente anticipatore rispetto agli incitamenti conclusivi del Santo Padre- di consapevolezza positiva rispetto ad una troppo facile  pericolosità legata alla  lusinga di rispondere ai fenomeni di terrore e violenza più attuali con un atteggiamento negativo di ripiegamento su se stessi e di diffidenza generalizzata; Nello stesso solco peraltro le parole del Cardinale Bagnasco e degli altri Vescovi che hanno animato una settimana lunga e intesa di momenti importanti.

Di questa GMG appena conclusa e sicuramente di rinnovamento e speranza per tutti a rimanerci impresse a lungo nelle orecchie e fisse davanti agli occhi, di certo e tra tutte, le voci di partecipatissima e straordinaria ovazione e le immagini colorate di unione e festa di migliaia di ragazzi -il volto davvero autentico dei nostri giovani non solo futuro ma presente raggiante delle società- nell’accogliere con gioia ed entusiasmo le affettuose ma energiche esortazioni del Santo Padre amettersi in gioco senza chiudere la vita in un cassetto e senza viverla vegetando da “divani”, rifiutando la via facile della “comodità” che porta alla perdita di libertà,  scegliendo invece di decidere da protagonisti e in prima persona per se stessi e il proprio futuro e determinandosi con consapevolezza ed impegno a lasciare nel mondo un’impronta giocando da “titolari” e non da riserve.

Da Cracovia, dalla festa dei giovani cattolici nel mondo, un messaggio universale di pace, fiducia, fratellanza, entusiasmo, voglia di vivere e soprattutto di speranza che con la stessa intensità e contagiosità non poteva che partire proprio dal cuore e dalla testimonianza dei più giovani e che solo, senza distinzioni di religioni, razze e culture, può essere il vero antidoto alle grandi  “sofferenze” che vive la nostra contemporaneità.


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