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Hillary, Trump e un luglio d’oro

La certezza delle nomination e la stagione delle convention hanno certo avuto il loro peso nel fatto che luglio è stato il mese record, per la raccolta dei fondi, per entrambi i candidati a Usa 2016: Hillary Clinton ha ricevuto 90 milioni di dollari, Donald Trump 80.

Ma il candidato repubblicano, che rispetto alla rivale democratica ha del suo da spendere, non è esente da problemi finanziari. Se i media non gli perdonano il rifiuto di pubblicare la dichiarazione dei redditi, il New York Times, indagando sull’impero del magnate, un vero e proprio labirinto finanziario, ha scoperto che le aziende da lui possedute hanno almeno 650 milioni di debiti, cioè ben il doppio di quanto si può ricavare dai documenti pubblici correlati alla sua campagna.

Non solo. Il giornale, che a Trump non ne perdona una, ha scoperto che in certi casi le sue fortune dipendono in larga misura da una gamma di sostenitori finanziari, compresi alcuni che il magnate attacca nella sua campagna.

Un esempio: un edificio direzionale su Avenue of the Americas a Manhattan, di cui Trump è co-proprietario, comporta un prestito da 950 milioni di dollari. Tra i creditori ci sono Bank of China, una delle più grandi banche di un Paese che il candidato ha più volte definito un nemico economico degli Stati Uniti, e Goldman Sachs, la banca che secondo il magnate controlla la sua rivale Hillary, avendole pagato 675 mila dollari per le sue conferenze – a fronte dei milioni di dollari a lui prestati –.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)



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