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L’isola di Bolano

Italo Bolano è un pittore elbano del Novecento. Dall’alto dei suoi 80 anni non vuole essere etichettato nella fascia degli artisti contemporanei, ma in quella dell’“espressionismo astratto” sviluppatosi nel dopoguerra negli Stati Uniti. Bolano negli anni Sessanta rompe con la tradizione locale dei post macchiaioli e segue i maestri americani. Definisce la sua pittura un “sismografo dell’anima”, intende l’arte come una terapia contro il male di vivere di montaliana memoria e considera infatti il lavoro “la sua ultima medicina”.
Lo vado a trovare all’ Open Air Museum Italo Bolano, a Portoferraio, un parco di 10.000 metri quadri con piante e fiori di ogni tipo, 30 opere monumentali ed un fantastico laboratorio per adulti e bambini di ceramica Raku che in giapponese significa “gioire il giorno”.
Il “Maestro” e la moglie Alessandra hanno messo a cuocere insieme a vari bimbi le ciotole da the e mentre si aspetta che siano pronte gli faccio qualche domanda.
Quanto e come influenza la sua arte l’essere nato e vissuto all’Elba?
L’Elba è per me una malattia d’amore e rimane il punto di riferimento per arrivare all’Universale. Sono partito dal figurativo e, attraverso una particolare sintesi di segni e colori, ormai ancestrali, sono arrivato ad una pittura astratta ed esistenziale che supera la realtà visiva. In pratica mi sono “liberato” dell’isola reale per andare come Peter Pan verso l’Isola che non c’è.
Mario Luzi, suo amico e ispiratore del ciclo di acquerelli dedicati all’opera “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini”, ha dichiarato: “Nella pittura di Bolano è onnipresente il mare, il suo respiro, il suo orizzonte … dentro l’animo e dentro la sua fantasia c’è il mare”. L’azzurro è in effetti un colore dominante nella sua opera.
Il ciclo di acquerelli ispirati alla poesia di Luzi sono un vero viaggio metafisico ricco di blu. Per me il mare è simbolo di lealtà e mi trasmette pacatezza aiutando molto la mia forza creativa. Il mio carattere, sostanzialmente drammatico, trova pace e serenità nell’azzurro del mare.
Lei si è occupato di pittura, scultura, architettura, intendendo l’artista nel senso rinascimentale del termine, e cioè una figura aperta a ogni tecnica artistica. Quale pensa che sia oggi, agli inizi del XXI sec., il ruolo dell’artista e dell’arte in generale?
Io sono presto uscito dal “cavalletto” per occuparmi di nuovi spazi e trovare ancora nuove forme a tre dimensioni. Il costruire è stato un altro grande bisogno di esprimermi.
Ricordo che a vent’anni cominciai a costruire la mia prima casa ispirata a Le Corbusier ai “Magazzini” a Portoferraio. Fu un lavoro lungo cinque anni circa con l’aiuto di un solo uomo. Facevo contemporaneamente l’insegnante, il muratore ed il pittore. Per potermi rappresentare a 360° dovetti imparare varie tecniche come il cemento, la terracotta, la ceramica, l’acciaio e la tecnica del vetro Dallas che ha uno spessore di circa tre cm.
Oggi l’arte è cambiata molto. E’ sparita quasi del tutto la pittura e si sono aggiunte altre tecniche moderne anche con l’aiuto dei progressi scientifici, come i video, l’ottica, ecc.
Prevale l’arte concettuale che si esprime spesso con varie installazioni come ad esempio la passerella gialla galleggiante sul lago di Iseo dell’artista Christo.
Come è nata l’dea dell’Open Air Museum?
Nel dopoguerra la situazione era triste. Eravamo tutti figli di disoccupati dopo la caduta dello stabilimento del ferro di Portoferraio. Nel 1965, in un vigneto abbandonato da mio padre per la crisi dell’agricoltura, ebbi l’idea di creare un centro culturale multidisciplinare, crocevia di artisti ed opere internazionali, sullo studio di vari musei stranieri e soprattutto del Centro Pompidou di Parigi. Poi, a causa della mancanza di fondi, l’idea iniziale non è maturata e questo parco è diventato un museo diffuso all’aria aperta con le mie opere.
In cosa consiste la tecnica della ceramica Raku?
Questa tecnica è stata inventata nel 1500 da un imperatore giapponese per fare ciotole per il rito del the. A differenza della ceramica normale alla quale servono circa dieci giorni per “cuocere”, alla ceramica Raku bastano due ore di cottura e vengono creati oggetti veramente belli con effetti metallici. Nel mio museo Alessandra ha creato una scuola di ceramica Raku.
Fra i vari cicli pittorici, i più famosi sono quelli di Mario Luzi, di Gesù Cristo, di Napoleone e della Donna-Isola. Di Luzi abbiamo già detto e degli altri?
I dipinti ispirati a Gesù e a Napoleone sono tele che rappresentano due personaggi romantici e drammatici nello stesso tempo. Non vedo il Cristo dal punto di vista della fede, ma dal punto di vista della sua sofferenza. Nel dolore di entrambi, rivedo il mio dolore e lo esprimo nella pittura. Diciamo che alla fine questi quadri sono degli autoritratti.
La donna-isola è la “madre cosmica” di ognuno di noi.
Programmi per il futuro?
Faccio sempre molti programmi e molti si realizzano. Ho da poco finito due strutture di vetro Dallas e acciaio sul tema del sole e della luna collocate sulle spiagge elbane, nonché una grande mostra, quasi una antologia, nel bellissimo museo moderno diocesano di Prato, sopra un chiostro del 300. E’ stata una mostra di successo per l’immenso ambiente affrescato che ha ospitato le mie opere e per il numeroso pubblico. Ora sto lavorando per un’altra mostra, ancora più importante, che si terrà a Firenze nella Galleria dell’Accademia.

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