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Mediaset Premium, Canal Plus e Telecom. Tutte le preoccupazioni di Bolloré

Vincent Bolloré Tim

La tv non porta bene a Vincent Bolloré. Non solo perché il finanziere bretone è impegnato in una disputa con Mediaset che minaccia di essere infinita, ma soprattutto perché Canal Plus, che sta a Vivendi come Premium sta a Mediaset, si sta rivelando una brutta gatta da pelare. Altro che capofila della sfida latina l’egemonia anglofona di Rupert Murdoch e di Netflix. I dati trimestrali del gruppo, comunicati ieri sera, raccontano un’altra realtà: calano in Francia gli abbonati alla pay tv, solo in parte compensati dall’avanzata su mercati (il Vietnam, ad esempio) promettenti ma con una redditività per ora ben inferiore. Per far tornare i conti, il consiglio di amministrazione ha varato ieri un piano di taglio dei costi per 300 milioni di euro, di cui almeno 60 già quest’anno, con l’obiettivo di tornare in pareggio nel 2018. Più o meno la stessa data indicata da Mediaset per il turnaround di Premium, sulla base di stime che, accusa l’ex amico, “non sono realistiche e posano su una base aumentata artificialmente”.

Al di là del durissimo contrasto legale tra Mediaset ed il gruppo transalpino un dato è inconfutabile: per entrambi la pay tv si sta rivelando un bagno di sangue, ovvero un salasso in grado di compromettere nel tempo la salute dei due gruppi. Certo, tutti e due ostentano un’apparente sicurezza: sia l’uno che l’altro duellante parlano di “alternative“ all’alleanza (compreso l’immancabile partner cinese); tutti e due alzano i toni: Mediaset (e Fininvest) avanzano richieste miliardarie; Vivendi replica accusando il Biscione, senza troppi giri di parole, di aver tentato di rifilare un pacco napoletano e di aver rotto le trattative con un atto unilaterale. Inoltre, a detta del gruppo francese, la Commissione europea “in ogni caso” non avrebbe dato il via libera all’accordo tra Mediaset e Vivendi entro il 30 settembre, per cui a quella data “il contratto sarebbe comunque decaduto”.

Sarà il Tribunale a decidere chi dei due ha ragione. O forse no. Perché la trattativa, nemmeno troppo segreta visti gli scoop quotidiani, prosegue. C’è un interesse comune a trovare una soluzione dovrebbe permettere ai due gruppi di non consolidare Premium, con il suo fardello di perdite. Ecco perché si cerca un fondo internazionale o un soggetto terzo che si prenda il 20% delle pay-tv, lasciando il 30% a testa a Mediaset e Vivendi e chiedendo a Telefonica di restare socia con l’attuale 11%.

Ma l‘affaire Premium è solo una delle preoccupazioni italiane di monsieur Bolloré. L’investimento in Telecom Italia, liquidato in cinque righe nelle 14 pagine del comunicato sui conti e che sta provocando freddezze peraltro con Palazzo Chigi, finora ha riservato per Vivendi perdite miliardarie, sempre meno giustificabili agli occhi degli azionisti della società. Perché si è fatto un investimento nelle tlc dopo essere usciti da Sfr con un forte profitto? Quale logica industriale ci può essere nel dirottare una parte cospicua di risorse in un settore che impone in prospettiva forti investimenti ed impegno di capitali preziosi per l’attività core? Il sospetto (o anche più di un sospetto) è che Bolloré abbia puntato le sue fiches sull’Italia per rafforzare la sua posizione leader nei business della Penisola, obiettivo che non combacia con gli interessi dei fondi azionisti, alla ricerca di profitti, non di triangolazioni di potere tra Mediobanca, Generali e Telecom.

Una situazione scomoda da cui Bolloré può uscire solo con un coup de théatre di cui è senz’altro capace. E così, in parallelo alla trattativa su Premium, il finanziere tratta a Parigi con Orange. L’obiettivo? Cedere una quota di Canal + a Orange, l’ex Telecom France, spalancando, nel frattempo, le porte di Telecom Italia alla società parigina da tempo corteggiata da Stephane Richard, il pdg dell’ex incumbent delle tlc. Un piano abile, ma con una grossa incognita: una parte rilevante del capitale di Orange è ancora nelle mani dello Stato che ha già opposto un secco no alla vendita al parvenu Patrick Drahi. Facile prevedere che François Hollande ostacolerà i piani del “pirata”, come lo stesso Presidente ha definito Bolloré. Ma nel 2017 in Francia si andrà a votare. E in settimana è sceso di nuovo in campo Nicolas Sarkozy, l’ex presidente che andò a festeggiare la prima elezione sullo yacht dell’amico Bolloré.

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