Non si è risparmiato nemmeno questa volta in termini di schiettezza Papa Bergoglio, tornando in aereo dalla Gmg di Cracovia nell’ormai consueto dialogo con i giornalisti, che lo hanno incalzato senza discrezioni o riverenze praticamente su ogni tematica. Ed è con la stessa consuetudine che Francesco non si è tirato indietro, contribuendo in questo modo a delineare, in maniera ormai sempre più complessiva e col tempo sempre meno esposta a interpretazioni vaghe e retroscena controversi, quello che è di fatto il suo pensiero sul mondo e sulle vicende della Chiesa.
LA CONFERENZA AEREA DI BERGOGLIO
Ha parlato infatti di Islam e di terrorismo, scontentando ancora una volta molti tra i cattolici “meno allineati” (Francesco ha infatti detto che è vero che “ci sono gruppetti fondamentalisti. Ad esempio il cosiddetto Is, lo Stato Islamico, è un soggetto fondamentalista che si presenta come violento. Ma non voglio parlare di violenza islamica, perché allora dovrei parlare anche di violenza cattolica, a guardare i giornali e vedere quello che succede pure in Italia), e di Turchia (“quando ho dovuto dire qualcosa che non piaceva alla Turchia, ma della quale ero sicuro, l’ho detta, con le conseguenze che conoscete. Ora non ho parlato perché non sono sicuro ancora di cosa succeda). Ha poi risposto alle domande sull’assassinio di Padre Hamel a Rouen, sulle accuse di abusi al cardinale George Pell, e così facendo si sono tirate le somme di questo raduno mondiale della gioventù che, a detta di Padre Lombardi – al suo ultimo viaggio in qualità di portavoce vaticano, incarico passato al giornalista statunitense Greg Burke – è stato “un grande successo”.
ANALOGIE E DIFFERENZE TRA FRANCESCO E GIOVANNI PAOLO II, SECONDO IL GUARDIAN
Tanto da leggere, in un editoriale pubblicato tra le pagine del Guardian, che “in un momento di crescente scetticismo verso l’autorità, nessun altro leader mondiale potrebbe attrarre una folla del genere. Nessun altro settantanovenne potrebbe attirare 300 mila giovani per ascoltare quello che ha da dire”. “È paradossale – scrive il quotidiano liberal britannico – che il messaggio del Papa, e anche la sua persona, potesse essere sgradito ai suoi ospitanti devotamente cattolici quasi quanto lo fu la visita del suo predecessore, San Giovanni Paolo II, al governo comunista nel 1979”. La visione dell’Europa di Francesco è infatti, secondo il Guardian, una visione molto diversa da quella di Giovanni Paolo II, e nel descriverne la sua figura (che “come il suo predecessore, ha completamente imparato il lato teatrale del suo ruolo, usando piccoli gesti per comunicare grandi idee a un pubblico enorme e al tempo stesso in maniera intima e universale”) ne traccia un parallelo direttamente con quella di Wojtyla: “I due uomini” (“uniti nella sostanza della dottrina” ma che, dal punto di vista dello stile -“che conta quasi di più” -, “sono agli antipodi”) si distinguerebbero infatti “anche per le diverse idee di identità cristiana”. Per Giovanni Paolo II infatti “la nazione cristiana per eccellenza era la Polonia”, mentre “Papa Francesco vuole una Chiesa senza nazioni, che accoglie i poveri di ogni paese e di quelli ancora più poveri che non hanno proprio più un paese”. Ricordando come non a caso il primo viaggio intrapreso dal Papa fu quello a Lampedusa, “dove i rifugiati disperati arrivano ogni settimana”. In questo modo Francesco “non ha tempo né simpatia per coloro che sostengono che questa marea di miseria umana rappresenti anche una sorta di invasione barbarica”. Che è peraltro l’atteggiamento – conclude l’editoriale – “dell’attuale governo polacco, che combina un fervente cattolicesimo con una determinazione altrettanto appassionata di ignorare i pareri del Papa”.
IL COMMENTO DELL’ARCIVESCOVO DI NEW YORK TIMOTY DOLAN
Intervistato invece sul National Catholic Register, l’Arcivescovo di New York Timoty Dolan ha parlato dapprima con entusiasmo dei giovani e del successo di questa Gmg, dicendo: “Vedo i giovani andare completamente contro la caricatura che ne fanno il mondo e la società, vale a dire come monelli, egoisti, ostinati, anti-religiosi. Al contrario li ho visti straordinariamente umili, dediti nella preghiera, riverenti, desiderosi di imparare, ansiosi per la conversione del cuore e di diventare ancora migliori cattolici. C’è bisogno di questo, perché è come un medico che ha bisogno di vedere persone sane dopo che ha avuto a che fare con i malati per tutto il giorno. È un tonico per la fede e per la speranza”. A questo punto il cardinale si è lasciato andare, commentando le parole del Papa riguardo all’uccisione dell’anziano prete in Francia. Alla domanda infatti su cosa va fatto per combattere il terrorismo, far lavorare insieme le religioni, aiutare l’Islam, il cardinale ha risposto: “Come prima cosa dobbiamo essere realistici, nel dire che sì, ci sono estremisti religiosi, fanatici e militanti che odiano il cristianesimo e che faranno di tutto per farci del male, e non serve a nulla negarlo. Dobbiamo però dire, come ha fatto in maniera molto netta Papa Francesco, che questa non è la religione, ma che al contrario è una perversione della religione. In modo che ci sia un recupero di tutto ciò che è la vera religione”. L’invito che Papa Francesco ha fatto ai leader islamici, conclude Dolan, “dicendo loro che sappiamo che questi estremisti non rappresentano il vero e autentico Islam” è stato: “Volete parlare un po’ più forte per rassicurarci?”. Il Papa perciò, a detta dell’Arcivescovo di New York, ha invitato le voci moderne dell’Islam dicendo loro: “Abbiamo bisogno di voi dalla nostra parte”.
“PER QUESTI GIOVANI LA RELIGIONE NON È IL PROBLEMA MA LA SOLUZIONE”, SCRIVE CRUX
“Quando Papa Francesco parla di una guerra mondiale, che si combatte oggi in modo frammentario, si capisce che non è un’immagine fantasiosa, ma una descrizione brutalmente accurata della realtà contemporanea” scrive l’editorialista John L. Allen sul giornale cattolico statunitense Crux. “Nel contesto di tale carneficina, e di tale apparente contagio di follia, dove si può trovare la speranza?” si domanda il giornalista: “Lo spirito di Cracovia era inesorabilmente ottimista” è la risposta, quasi imprevedibile: “Mentre le organizzazioni terroristiche dell’Isis e di altri riescono a reclutare un piccolo numero di giovani attraverso le loro campagne, centinaia di migliaia di giovani cattolici provenienti da tutto il pianeta si sono riuniti questa settimana nelle strade di una grande città europea senza lasciare dietro di loro alcuna distruzione, ma soltanto le indelebili immagini di amicizia e di fraternità”, andando persino oltre “le apprensioni circa le possibili minacce alla sicurezza”. La Gmg è stata così per l’editorialista cattolico americano “una vasta schiera di giovani che hanno detto all’Isis e le altre forze del caos di questo inizio del XXI secolo: ci rifiutiamo di essere terrorizzati. Da questi giovani trasudava una visione diversa per il futuro dell’umanità, basata su una solidarietà globale, rispettando le differenze di classe, razza e cultura, senza pensarle cioè come motivo di divisione, e abbracciando la religione non come il problema, ma come la fonte della soluzione”. Conclude quindi lo scrittore: “Questa potrebbe anche suonare a qualcuno come una vuota retorica, ma se questi fosse stato nelle strade e nelle piazze di Cracovia di fine luglio capirebbe che non si tratta solo di un artificio o di una pia aspirazione, ma del vivo, pulsante cuore di un esercito di giovani genuinamente dediti non alla violenza o all’odio, ma alla speranza”.