Il rafforzamento patrimoniale di Unicredit diventa un’ipotesi sempre più concreta non solo per gli analisti finanziari ma anche per i grandi soci della banca di piazza Gae Aulenti. Mentre a Milano starebbe proseguendo il confronto tra l’istituto guidato da Jean Pierre Mustier e un gruppo di banche d’affari internazionali, a Verona e a Torino le due principali fondazioni azioniste potrebbero presto scoprire le carte. Del resto dopo le recenti dichiarazioni del presidente Giuseppe Vita (“dobbiamo valutare un aumento di capitale”), la prospettiva che i soci debbano mettere presto mano al portafoglio o diluirsi è concreta. E così, anche se il tema non è ancora ufficialmente entrato nell’ordine del giorno degli organi direttivi, i vertici Cariverona e Crt avrebbero già iniziato a discuterne in via informale.
Lo scorso 25 luglio ad esempio l’argomento sarebbe emerso nel corso del consiglio di indirizzo della Crt, a seguito di richieste avanzate da alcuni consiglieri, mentre in Cariverona (presieduta da Alessandro Mazzucco) sarebbe stato discusso soltanto a margine dell’ultimo vertice. Peraltro i due enti sono alla vigilia della pausa estiva e i lavori riprenderanno solo nell’ultima decade di settembre (probabilmente lunedì 26 per Torino e mercoledì 28 per Verona). A quel punto le strategie di Unicredit saranno molto più chiare e dunque i soci disporranno delle informazioni necessarie per prendere una decisione. Decisione che, come sempre, andrà condivisa con il Tesoro, cui spetta la vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria. Va peraltro registrato che Crt potrebbe anticipare la convocazione del consiglio di amministrazione di un paio di settimane a lunedì 12 settembre, in caso di urgenza.
Al momento comunque l’atmosfera nelle due istituzioni appare serena e, anche se ancora non emergono indirizzi generali, la volontà è quella di conservare e valorizzare lo storico legame con la banca conferitaria.
Lo scorso 3 agosto ad esempio Cariverona aveva il 2,83% di Unicredit, contabilizzato nel bilancio 2015 a 1,421 miliardi rispetto a un valore di mercato attuale di appena 311 milioni di euro, mentre Crt aveva il 2,42% del capitale della banca, iscritto a bilancio per 633 milioni contro un valore di mercato attuale di 266 milioni di euro. Se insomma il forte ribasso del titolo Unicredit in borsa da inizio anno sta pesando sui bilanci di entrambi gli enti, molte considerazioni incideranno sulla decisione se sottoscrivere o meno l’eventuale aumento di capitale.
In primo luogo si tratterà di capire quale sarà l’effetto diluitivo dell’operazione. Di certo, considerando un importo da 7-8 miliardi (ipotizzato il 2 agosto da Il Messaggero) e una capitalizzazione di borsa in linea con quella attuale, l’effetto diluitivo per chi non aderisse sarebbe consistente. Al punto da mettere in discussione quella presa sulla governance che finora le fondazioni hanno comunque difeso. In secondo luogo, si dovrà considerare con attenzione la riserva di liquidità degli enti.
A fine 2015 ad esempio Cariverona aveva risorse liquide per 407 milioni e Crt per 177 milioni di euro, anche se nel corso del primo semestre dell’anno la situazione potrebbe essere cambiata in misura consistente. In ogni caso le due istituzioni dovrebbero disporre di munizioni sufficienti per aderire, almeno in parte, all’aumento di capitale, tenendo conto anche della possibilità di finanziarsi attraverso una cessione parziale dei diritti di opzione. Una limatura della quota nella conferitaria comunque è probabile, anche per diversificare meglio gli investimenti finanziari come suggerito lo scorso anno dal protocollo Acri-Mef.
Scelta che, nel caso ad esempio di Cariverona, potrebbe sposarsi con l’intenzione a investire nel nuovo polo che verrà costituito da Banca Popolare di Milano e Banco Popolare. Da qui a mollare il colpo e disertare del tutto l’aumento ci corre molta strada e nessuna fondazione oggi sembra intenzionata a recidere con un taglio netto il legame con la banca.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)