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Ecco tutti i favoritismi di Berlino e Bce per la Deutsche Bank

La vicenda Deutsche Bank solleva perplessità su due aspetti: l’attenzione limitata che la vigilanza Bce ha riservato all’attività speculativa delle banche e il ruolo significativo che ha lo Stato tedesco nel garantire la stabilità degli istituti nazionali.

Riguardo al primo punto, è un dato di fatto che la supervisione Bce nei primi due anni di vita abbia rivolto lo sguardo soprattutto ai rischi di credito. Ci sono state (e ci sono ancora) ottime ragioni per farlo: in particolare l’accumularsi delle sofferenze è un fattore che rallenta l’espansione del credito e dell’economia. L’azione dei supervisori ha spinto le banche a migliorare la gestione degli npl e i governi a varare misure per velocizzarne il recupero. Su questo fronte la Bce, impegnata a costruirsi una reputazione di vigilante severo, non ha fatto sconti: ci sono stati un’asset quality review, due stress test, richieste di riduzione di npl, una task force sul credito, una guida per la gestione delle sofferenze.

Molti osservatori ritengono che questa attenzione sia stata talmente alta da risultare controproducente per l’economia. Di certo si può dire che un analogo impegno non è stato profuso nei rischi delle banche d’investimento, come quelli che derivano dalle multe legate a manipolazioni e comportamenti illeciti. Su questi temi è raro trovare riferimenti nei discorsi dei vertici della vigilanza Bce, che invece sono molto puntuali nell’indicare quelli dei prestiti e dei titoli di Stato.

Sembra che i problemi dell’attività speculativa delle banche siano assenti in Europa, salvo poi registrare ex post le sanzioni miliardarie e i richiami del Fmi. Non è chiaro poi quale sia la supervisione Bce su derivati e titoli illiquidi: per questi asset spesso non esiste neppure un prezzo, ma non si conoscono casi di richieste Bce di piani per la loro riduzione. Né si sono visti risultati concreti dalla revisione dei modelli interni, visto che Deutsche Bank è tuttora tra le banche Ue che ottimizzano di più il capitale attraverso ponderazioni del rischio: quindi dovrebbe essere in teoria tra i gruppi meno rischiosi. La vigilanza Bce è stata finora molto cauta anche con le landesbank, che hanno passato indenni stress test e Srep, nonostante le loro difficoltà (causate da titoli rischiosi e scommesse azzardate nel settore navale) siano proseguite anche dopo aiuti di Stato per decine di miliardi. Le coperture sui crediti deteriorati sono oggi più basse in Germania che in Italia. Nonostante tutto ciò, il fallimentare modello di vigilanza tedesco è stato promosso a livello Bce.

Le questioni di vigilanza sono legate a filo doppio con quelle che riguardano la risoluzione e gli aiuti di Stato. In un sistema in cui la vigilanza è unificata, anche la gestione delle crisi dovrebbe essere comune, con identici strumenti e meccanismi di protezione. Invece il sistema bancario tedesco è più protetto degli altri: in caso di difficoltà gli investitori sanno che il governo, in barba a tutte le regole Ue e al bail-in, troverebbe il modo di intervenire. In Germania neppure si ipotizzano obiezioni da Bruxelles. L’unica cosa di cui si dubita è la volontà politica di Angela Merkel di aiutare le banche nell’anno delle elezioni: una scelta difficile, da cui può dipendere l’esito delle elezioni o, in alternativa, la stabilità del settore.

Ieri il titolo di Deutsche Bank è caduto ai minimi anche perché, secondo un giornale tedesco, Merkel sarebbe stavolta propensa a rimanere defilata in caso di necessità. Un portavoce di Berlino ha poi bollato questa notizia come “pura speculazione”, lasciando intendere la forte preoccupazione che in realtà c’è sulla materia. Gli operatori di mercato sanno che, al di là delle mosse elettorali, difficilmente il governo potrebbe accettare le conseguenze di un dissesto di una banca come Deutsche Bank . Secondo Andreas Utermann, capo degli investimenti di Allianz Global Investors, “la Germania salverà Deutsche Bank se sarà necessario, è troppo importante per l’economia tedesca”. Peraltro altri bubboni potrebbero esplodere nelle landesbank, dopo le recenti difficoltà di Hsh Nordbank, Nord Lb e Bremer Lb: anche qui i dubbi non riguardano le regole Ue sugli aiuti di Stato (che favoriscono il sostegno a banche pubbliche o con alti rischi sistemici), ma la fattibilità politica di un salvataggio della Merkel.

Prima delle elezioni difficilmente la cancelliera penserà alla garanzia comune sui depositi, lasciando in sospeso il rafforzamento complessivo dell’Eurozona. E i mercati continueranno a guardare la nazionalità delle banche in difficoltà: segno che l’Unione bancaria resta un miraggio. Ma le elezioni di autunno potranno mettere in difficoltà anche l’unico Paese che beneficia di un’Unione incompleta.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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