Nel pacchetto di misure varato dal Governo prima di ferragosto vi sono ben 8,9 miliardi di euro per il contratto di programma delle ferrovie (Rfi), 1,5 per le metropolitane, 300 milioni per la sicurezza delle ferrovie regionali interconnesse, 1,4 miliardi per il materiale rotabile; l’area che ne beneficerà sarà in prevalenza il Mezzogiorno.
Nei commenti governativi si è parlato del valore strategico di questo eccezionale flusso di investimenti; nondimeno non si è specificato il senso all’aggettivo strategico, perché lo si può interpretare mettendo in luce solo l’apporto alla risoluzione di varie criticità territoriali, il che non è cosa di poco conto, o ispirandosi alla filosofia dell’Industry 4.0, che le affronta ugualmente, ma inserendole in un disegno di più ampio respiro, che faccia perno sull’innesto del digitale nei beni strumentali, nei prodotti, nei servizi e nelle infrastrutture e sulla conseguente accelerazione in termini di innovazione tecnologica, tutela dell’ambiente, sicurezza nell’utilizzo, sviluppo organizzativo e professionale. Il tutto in una prospettiva marcatamente glocal, talché ciò che si fa in luogo contenga sempre in sé i requisiti per la diffusione e riproduzione a livello globale.
Orbene, proprio il comparto dei trasporti ferroviari si presta a un’applicazione intensiva della filosofia dell’Industry 4.0, perché da quando è nato, più o meno 150 anni fa, ha subito miglioramenti significativi (tra una locomotiva a carbone e una elettrificata ad alta velocità c’è una differenza abissale), ma la concezione del treno è rimasta sostanzialmente inalterata; altri mezzi di trasporto, quali aerei (uno per tutti il 787 Dreamliner della Boeing), automobili (le Tesla circolano anche in Italia), navi e finanche biciclette, sono diventati ben diversi in termini di concezione da quelli degli albori e c’è uno sforzo continuo di ricerca per arricchirli di ulteriori innovazioni.
Treni nuovi, con un Dna modificato, vale a dire a levitazione magnetica (una tecnologia più prossima a quella aeronautica che ferroviaria), sono stati sperimentati in Germania e in Giappone, ma ben poco industrializzati.
Di sicuro vi sono laboratori in giro per il mondo in cui si sta lavorando per reinventare alla radice il vecchio e amato treno. Si da il caso, però, che in Italia il progetto del treno reinventato, appunto a levitazione magnetica e identificato con la sigla UAQ4, è pronto da anni a opera di due professori di ingegneria, Giovanni Lanzara e Gino D’Ovidio, il primo, oggi emerito, iniziò l’avventura nella lontana gioventù a Palermo e non si è mai fermato nel suo impegno di studio e di sperimentazione, il secondo ha apportato un fondamentale valore aggiunto nella collaborazione ventennale con il suo maestro presso l’Università dell’Aquila.
Schede tecniche, rappresentazioni grafiche e filmate furono messe in mostra in occasione del G8 dell’Aquila e riscossero l’interesse dei Grandi della Terra ivi riuniti, in specie dei rappresentanti di Paesi/Continenti che hanno il problema di velocizzare i trasporti di persone e cose, ma in Italia nessuno si curò, all’indomani di quell’evento, di prendere il progetto e metterlo in esecuzione.
Forse sarebbe il momento giusto di osare, partendo dal nostro Mezzogiorno, dove rete e materiale rotabile sono o inesistenti o terribilmente precari, e in considerazione della presenza sul territorio di ben due importanti realtà produttive, una ferroviaria, l’altra aeronautica, che potrebbero cimentarsi nell’industrializzazione del progetto. A Napoli, a Reggio Calabria, a Matera vi sono gli stabilimenti ex Ansaldo, che hanno una solida storia nel settore ferroviario. Oggi portano le insegne Hitachi e non è un male, perché è certo che una grande holding industriale giapponese non si tirerebbe indietro, se da parte del sistema pubblico vi fosse la volontà di lanciarsi nell’impresa, impegnando per alcuni anni risorse consistenti nella realizzazione delle infrastrutture, necessariamente diverse da quelle tradizionali. Sempre nel Mezzogiorno, a Taranto, a Foggia e a Pomigliano d’Arco, vi è un’esperienza consolidata nella produzione di componenti aeronautiche in fibra di carbonio, caratterizzate da grande leggerezza quanto da straordinaria resistenza; a Taranto si produce addirittura l’intera fusoliera dell’aereo di nuova concezione 787 Dreamliner della Boeing. E non è affatto da trascurare la fitta rete di aziende dell’indotto aeronautico presenti in Campania come in Puglia, che potrebbero essere coinvolte, recuperando spazi produttivi, sviluppo tecnologico e redditività.
È di tutta evidenza che un progetto di reinvenzione dei trasporti ferroviari non può essere realizzato in regime di autarchia. Tutt’altro; quello che conta è che siano nel Mezzogiorno il nocciolo duro dell’ideazione e della ricerca, il network portante delle aziende produttive, lasciando aperte le porte a tutte le collaborazioni possibili e a qualunque latitudine con ricercatori, investitori e utilizzatori finali.
In definitiva, ci sarebbero tutte le condizioni per fare del Mezzogiorno il volano di un cambiamento epocale, tenendo presente che il treno a levitazione magnetica può ridurre, sulle lunghe distanze, significativamente i tempi di percorrenza rispetto ai treni tradizionali, mentre, sulle linee delle metropolitane, può correre a pochi metri di profondità per via della mancanza di vibrazioni; il tutto con consistenti risparmi energetici ed elevata sicurezza degli apparati mobili e fissi.
Indubbiamente solo una parte degli investimenti programmati dovrebbe essere riservata al comparto innovativo in esame, concentrandola, ad esempio, su una linea di collegamento veloce tra due città oggi non o mal servite da infrastrutture e treni convenzionali e su una nuova linea metropolitana in una delle città che ne abbisogna.
Non sarebbe una temeraria fuga in avanti. Già oggi, infatti, i nostri amici giapponesi, che pur viaggiano sui ben noti e velocissimi Shinkansen, stanno impegnando industrie e centri di ricerca a rivoluzionare la concezione dei treni. Perché non coinvolgerli, valorizzando una partnership già operativa? Negli Stati Uniti si potrebbe verificare la coinvolgibilità di Hyper Loop, una start up, di cui sono parte attiva alcuni brillanti giovani italiani, che sta lavorando proprio alla progettazione e realizzazione del treno a levitazione magnetica, ma sembra essere ancora molto indietro, pur avendo già raccolto svariati milioni di dollari da investitori che hanno il coraggio di rischiare sul futuro.
Il mio invito alle classi dirigenti politiche, economiche e scientifiche è di guardare avanti, di avere visione del futuro e decidere di costruirlo, sfruttando le intelligenze e le risorse che sono già disponibili.