Skip to main content

A chi dà fastidio Papa Ratzinger?

Padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa vaticana e oggi presidente della Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, definisce una “bella sorpresa” il nuovo libro intervista di Peter Seewald con il papa emerito: “Data la chiara scelta di Benedetto XVI di dedicarsi ad una vita ritirata di preghiera e riflessione, forse non ci saremmo aspettati ora la pubblicazione di una nuova lunga conversazione con un giornalista”. Soprattutto non se l’aspettavano in Germania. Anzi: qualcuno lì ne avrebbe fatto volentieri a meno.

ED È COME SE UNA CIVILTÀ CATTOLICA À L’ALLEMAND BOCCIASSE RATZINGER

Una sonora stroncatura delle Ultime conversazioni di Benedetto XVI arriva da padre Andreas Batlogg, S.I., direttore della rivista dei gesuiti Stimmen der Zeit, una delle voci più autorevoli del mondo cattolico tedesco. Batlogg bolla l’intervista come “inappropriata”. “E’ un libro che non dovrebbe esistere. E’ privo di stile e di tatto commentare il successore”, arringa il teologo in una sua intervista concessa alla Deutschlandfunk. Per il gesuita che ama spesso indossare giacche e cravatte dai colori sgargianti, l’emerito, smesse le (allora ancora di moda) papali scarpe rosse e infilati i sandali marroni da monaco, dopo il 28 febbraio 2013 non avrebbe più dovuto rilasciare interviste o dichiarazioni. Le ragioni del niente affatto malcelato disappunto di don Batlogg potrebbero ricavarsi soprattutto per i numerosi appunti che il papa emerito riserva alla Chiesa della sua patria natale. Anzi: proprio per quelle ragioni.

Altro che “Chiesa povera per i poveri”, come la invocava Francesco, appena eletto. Grazie alla Kirchensteuer, la tassa sulla religione in vigore in Germania – per cui tutti i cittadini sono tenuti a sottoscrivere la propria appartenenza religiosa nella loro dichiarazione dei redditi o ne sono esclusi, fino ai sacramenti -, le casse delle diocesi tedesche non sembrano conoscere crisi. Altrettanto non si può dire delle chiese alle funzioni domenicali. Parlando con Seewald, Benedetto XVI non ci gira attorno: “Ho grossi dubbi sulla correttezza del sistema così com’è. Non intendo dire che non ci debba essere una tassa ecclesiastica, ma la scomunica automatica di coloro che non la pagano non è sostenibile”. Ecco da dove si scatenano gli strali del direttore di Stimmen der Zeit. Che rimette in riga l’emerito: “Ratzinger è stato parte di questo sistema. Con questi soldi, si possono fare molte cose buone”.

DEMONDANIZZARE, LA PAROLA CHE L’EMERITO NON PUÒ PRONUNCIARE

Benedetto XVI ci aveva già provato nel 2011 a far correggere il tiro all’episcopato tedesco. Lo han crocifisso. Nel suo viaggio in patria fu tagliente: “In Germania la Chiesa è organizzata in modo ottimo. Ma, dietro le strutture, vi si trova anche la relativa forza spirituale, la forza della fede nel Dio vivente? Sinceramente dobbiamo però dire che c’è un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito. Aggiungo: la vera crisi della Chiesa nel mondo occidentale è una crisi di fede. Se non arriveremo ad un vero rinnovamento nella fede, tutta la riforma strutturale resterà inefficace”, scandì nel discorso al Consiglio del comitato centrale dei cattolici tedeschi. E poi, tornando su un concetto che gli è caro, parlò di Entweltlichung, che possiamo tradurre con “demondanizzazione” e che è distacco dal mondo, cioè dal denaro che non serve alla missione, e dalla falsa appartenenza affinché la fede possa sbocciare. Così il giorno dopo quel primo intervento – non capito o forse perché molto compreso, poi tanto criticato – nella sua Frisinga, Benedetto disse: “Gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa demondanizzata emerge in modo più chiaro. Liberata dal suo fardello materiale e politico, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo”. Dai vertici della Conferenza episcopale non la presero bene; si affrettarono a precisare che Ratzinger non stava chiedendo l’abolizione della tassa statale. Ma si è visto che non era così.

E se oggi papa Francesco quel concetto di de-mondanizzazione della Chiesa lo ha fatto proprio e lo utilizza spesso, è quella una voce del papa villero che da Roma non riesce proprio a scavallare le cime alpine: in Germania non sembrano cogliere. Non almeno come la intendeva Benedetto XVI. Allora, visto che al papa regnante non lo si può dire, Batlogg se la prende con l’emerito, che nelle sue conversazioni con Seewald ammette l’amarezza per “questa eccedenza di denaro che poi però è di nuovo troppo poco”. E ancora: “In Germania abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della Chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la Chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di fede”. Così che la Chiesa tedesca si sta trasformando in una “burocrazia mondana”. E per spiegarsi, Ratzinger prende ad esempio il Meeting di Rimini che si organizza grazie al volontariato. E questo – evidenzia – crea un’altra consapevolezza.

MARX IN VATICANO, TRA LA MELA E LA UE

Il cardinal Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, non commenta. L’eminentissimo, che è anche presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea, sarà stato impegnato a condividere la battaglia della Ue affinché Apple paghi le tasse in Irlanda.

Il porporato deve a Benedetto la sua elevazione nel 2007 ad arcivescovo e la nomina alla cattedra di Monaco-Frisinga – che fu di Ratzinger per meno di cinque anni – e anche, nel 2010, la creazione a cardinale. Il grato Marx non ha invece taciuto subito dopo la rinuncia di Benedetto, parlando di una corte vaticana sfarzosa. L’emerito confessa a Seewald la sua delusione per una sortita inspiegabile: “Abbiamo vissuto sempre in maniera molto semplice, non sono abituato allo stile di corte”. Ma Benedetto XVI ha uno sguardo disincantato sulla sua patria: “In Germania alcune persone cercano da sempre di distruggermi”, riconosce in un altra pagina del libro intervista.

Intanto le casse delle diocesi tedesche sono belle piene: “Vai a Stoccarda, guardi il palazzo della Caritas e non lo distingui da quello della Mercedes”, osservava Matteo Matzuzzi dalle colonne del Foglio del 11 settembre 2015. Già dal 2014 Bergoglio si è affidato a Marx per coordinare i lavori del novello segretariato dell’economia. Per ora si vigila sugli affari della Santa Sede. Per quelli della Chiesa che è in Germania ci sarà tempo.



×

Iscriviti alla newsletter