Mentre i capitoli sicurezza interna ed esterna dispongono di linee tracciate da un lavoro preparatorio che dura almeno da giugno, il capitolo economico-finanziario si è definito a pochi giorni dal Vertice di Bratislava a 27 (senza Regno Unito) del 16 settembre. La coincidenza temporale – il 9 settembre – tra conferenza di Atene dei Paesi Med e Ecofin informale di Bratislava faceva supporre l’assenza di accordi e grandi tensioni. Invece alcuni progressi verso Bratislava sono stati fatti, sebbene poco eclatanti e molto “eurocratici”: proprio per questo lentamente determinati e poi efficaci.
CAPIRE ATENE
La comunicazione pubblica del vertice Med di Atene, tra Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna e la polemica sugli spendaccioni hanno avuto rilievo prevalentemente interno, sia per i Paesi partecipanti o a guida di centrosinistra, sia per i politici rigoristi tedeschi, il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble e il capogruppo popolare al Parlamento europeo Manfred Weber, che parlano ai rispettivi partiti ed elettorati di centrodestra.
La dichiarazione finale di Atene del 9 settembre è infatti diversa rispetto alla narrazione “meridionalistica”: vi prevalgono i temi della sicurezza esterna e interna e delle migrazioni, che ricalcano quelli già sentiti negli altri incontri europei (qui l’articolo di Formiche.net) da Ventotene a Parigi, da Varsavia a Meseberg. Presente il presidente francese François Hollande, il vertice Med di Atene è servito dunque come gli altri incontri alla formazione del consenso e a ridurre eventuali scintille.
Collocato solo al terzo punto, il tema economico rilancia idee già note: rafforzamento degli investimenti europei e nazionali, unione bancaria, interventi nei settori dell’energia, del digitale, criterio della disoccupazione per orientare gli investimenti. Mancano i dettagli, sulla politica fiscale non si va oltre alla caccia all’evasione, ma i termini sono gli stessi che si leggono, con mutate parole, nelle conclusioni del triangolo di Weimar tra i ministri degli esteri di Francia, Germania e Polonia del 28 agosto 2016, o che si ascoltano nelle conferenze stampa e conclusioni della girandola di incontri che anche in questi giorni si svolgono in preparazione di Bratislava.
L’AGENDA ECONOMICA PER BRATISLAVA
Per quanto legnoso, il documento di riferimento rimane il Rapporto dei 5 Presidenti, “Completare l’Unione economica e monetaria”, del 22 giugno 2015: vi si ritrovano i punti riassunti dal documento franco-tedesco di giugno, ancora discussi per esempio all’Ecofin del 9 settembre. Il contesto politico è tuttavia pieno di novità: la stabilità economica e la crescita sono diventati un’urgenza geopolitica e di sicurezza, la Brexit ha tolto di mezzo un frenatore di eccezione, pur liberando altre energie potenzialmente ostili. Alla conferenza dell’Europarlamento sulle risorse proprie del 6 e 7 settembre e senza i britannici i cuori erano caldi e pieni di speranza, e d’un tratto è risalito alla ribalta il Gruppo di Alto livello sulle risorse proprie (Hlgor) presieduto da Mario Monti.
All’Ecofin informale di Bratislava del 9 settembre si è avuta quindi la traccia dei punti qualificanti per il Vertice a 27, così come sono stati riportati nell’occasione da Jyrki Katainen e da Valdis Dombrovskis, rispettivamente membri della Commissione europea per il lavoro e la crescita e per la stabilità e i mercati finanziari.
INVESTIMENTI E STRUMENTI EUROPEI ANTI-SHOCK
Il primo punto riportato da Katainen riguarda gli investimenti, cioè il piano Junker ora denominato European Fund for Strategic Investment (Efsi), di cui i Paesi Med vogliono raddoppiare la dotazione da 21 a 42 miliardi, e che ha già in corso diversi progetti (tra cui, per dire, in Italia 300 dei 617 milioni per i treni regionali di Delrio e 500 milioni sui 1,8 miliardi per la banda larga). Non si tratta solo di denaro: da un lato si promuovono a priorità politiche europee (quasi-competenze) i settori del digitale, energia, ricerca e sviluppo, formazione professionale mentre dall’altro gli investimenti sono intesi come strumento di stabilizzazione economica, ma anche sociale e (geo)politica. L’idea è appunto intervenire – nei settori citati – sui Paesi sottoposti a shock economici da cui non riescono a tirarsi fuori da soli (come la Grecia o altri Paesi Med) in modo temporaneo e senza creare trasferimenti stabili (tipo Cassa del Mezzogiorno). Poiché si va verso Bratislava con l’idea di non modificare i Trattati (come recitava peraltro il Rapporto dei 5 Presidenti), si useranno gli strumenti già esistenti, come appunto Efsi.
CAPACITÀ FISCALE E ARMONIZZAZIONE DELLE IMPOSTE SULLE IMPRESE
Si pone allora il problema della quantità di soldi, non solo per rispondere alla richiesta di raddoppio di Efsi da parte dei Paesi mediterranei, ma anche per altre spese europee, come per esempio la sicurezza o il nuovo servizio delle guardie di frontiera e costiere. Per Bratislava si apre dunque il secondo punto, l’aspetto fiscale e della capacità fiscale dell’Unione europea. Il 9 settembre, all’Ecofin Jyrki Katainen ha dato notizia del progetto di “Base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società” (Common Consolidated Corporate Tax Base – Ccctb), idea della Commissione del 2011 rilanciata a giugno 2015, che cade a pennello per armonizzare le regole “di base” sulle imposte alle imprese, in funzione antielusione, ivi compreso il caso irlandese di Apple: sarebbe nuovo gettito in termini assoluti.
A Bratislava e in autunno si avvierà dunque l’armonizzazione di un’altra area di imposta – sulle imprese, dopo l’armonizzazione Iva. Sarà potenzialmente il terreno per una base fiscale propria europea, pur lasciando piena facoltà agli Stati membri (per il momento) di manovrare le aliquote. Anche se il Gruppo guidato da Monti sulle risorse proprie dell’Unione (Hlgor) non si è ancora deciso se attingere dalle attività bancarie o dall’energia, il settore delle imposte sulle imprese è considerato appropriato, sia per ridurre evasione ed elusione, sia per prepararsi a pagare investimenti anticiclici, costi della sicurezza europea e guardiacoste. Il clima generale è favorevole anche se con bassi toni: l’idea è tra l’altro sostenuta da studi tedeschi (The future of Eu-Finances, giugno 2016), e da Francia e Germania che vogliono cominciare ad armonizzare le imposte sulle società già a livello bilaterale. La proposta legislativa per una “base comune per imposte sulle società – Ccctb” dovrebbe arrivare in autunno dal Commissario Pierre Moscovici, il rapporto Monti sulle risorse proprie a dicembre, l’idea del documento franco-tedesco di giugno è di avere una “capacità fiscale propria” operativa nel 2018.
CONTROLLO PARLAMENTARE
Non si è sentita invece ancora eco della proposta di ampliare il controllo parlamentare europeo e dei parlamenti nazionali sulla formazione e adozione delle decisioni economico-finanziarie, da Ecofin a Eurogruppo. Ne faceva menzione sia il Rapporto dei 5 Presidenti sia la proposta franco-tedesca di giugno 2016. A Bratislava potrebbe riemergere, anche se la stampa ancora non ne parla, ed è un tema sensibile in tempi di populismi.
I PUNTI IN AGENDA
I tre-quattro punti un po’ nuovi di Bratislava dovrebbero quindi essere questi: strumenti europei anti-shock, temporanei, d’investimento, da orientare sui Paesi più in difficoltà (come la Grecia), sul criterio dell’occupazione e del sociale, poi un percorso di armonizzazione fiscale sulla tassazione delle imprese e la realizzazione di una capacità fiscale europea, proprio forse sulla fonte “corporate”, e infine il rafforzamento democratico.
Gli altri capitoli sono invece già noti, discussi e in miglioramento: unione bancaria, convergenza delle politiche (semestre europeo e suoi aggiustamenti), convergenza tra Paesi con surplus e Paesi con deficit, riforme strutturali nazionali, riforme amministrative ecc.
Per quanto riguarda la flessibilità, la partita è tra quelle già discusse, che possono tornare sui giornali, ma senza effetti reali. La decisione è scritta nella Comunicazione della Commissione del 13 gennaio 2015, lo stesso Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ne ha richiamato i termini da Bratislava, e non vi è accenno neppure nella Dichiarazione dei Paesi Med di Atene del 9 settembre, con buona pace della grande stampa.