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La Fed, gli annunci e i bluff

Chi ha paura della Fed?

Non i mercati, a quanto pare. Il giorno dopo un Fomc in cui il Committee ha fatto del suo meglio per indicare l’intenzione di alzare i tassi in uno dei prossimi 2 meeting, azionario e bonds salgono appaiati: gli indici dei principali paesi industrializzati mostrano progressi in un intorno del 2 per cento (ad eccezione di Wall Street, che ha già festeggiato ieri sera), mentre i global bonds vedono i loro rendimenti scendere di 8/10 basis point (eccetto il Portogallo, che cala solo di 4, e i tresuries, che il grosso lo hanno fatto ieri).

Come si spiega questo (ricorrente) Conundrum?
A produrlo concorrono vari fattori, a mio modo di vedere.

Il Fomc ha confermato l’intenzione di muoversi nel 2016, ma ha anche abbassato significativamente le proprie previsioni in termini di ritmo della normalizzazione dei tassi, abbassando di 50 bps i livelli di arrivo per 2017, 2018 e 2019. Ne consegue che l’effetto cumulativo, a ben vedere, è accomodante. Il mercato comunque si aspettava che un rialzo venisse confermato nel 2016 (con una piccola possibilità che avvenisse ieri) e si ritrova con rialzi più graduali e tasso di arrivo leggermente più basso. Non stupisce che l’azionario se ne giovi, e i bonds fattorizzino in qualche modo le nuove projections.

L’ennesimo rinvio del 2016 acuisce il problema di credibilità della Fed. A 24 ore dal Fomc, i vari accenni volti a segnalare l’intenzione di muoversi ai prossimi meeting (la notazione che i rischi macro sono bilanciati, quella secondo cui il rationale per un rialzo si è rafforzato e il livello record di dissenzienti) hanno lasciato la probabilità di un rialzo a Dicembre quasi invariata (da 56 a 57 per cento, secondo quanto calcolato dal Bloomberg in base ai futures sui fed funds). Dopo aver visto sfumare ben 3 rialzi dei tassi dalle previsioni Fed nel corso dei primi 9 mesi dell’anno, che fiducia può avere il mercato in quest’ultima indicazione, considerando che tra qui e dicembre ci sono le presidenziali, un evento che sfugge totalmente al controllo della Fed?
L’ennesimo rinvio autorizza il mercato a pensare che ai prossimi meeting verranno trovate nuove scuse per non muoversi. Anche perchè, avendo la Yellen dichiarato che la decisione non implica sfiducia nello scenario macro, non è ben chiaro cosa abbia fermato la mano ai nostri eroi (la presidente ha dovuto negare più volte che la decisione avesse motivazioni politiche, i.e. supporto ai Democratici).

Dopo aver lungamente speculato sull’idea che la Bank of Japan avrebbe cercato di ottenere una curva dei tassi più ripida (seguita in questo dall’Ecb), per favorire il business bancario e assicurativo, i mercati si sono svegliati con un target in termini di rendimento, e uno spread 0-10 anni di appena 10 bps.

Gli investitori ne hanno inevitabilmente dedotto che i) il travaso di volatilità dalla curva dei tassi giapponese alle altre non avverrà e ii) in generale l’appetito delle banche centrali globali per curve dei tassi più ripide è stato parecchio sopravvalutato. Di qui la corsa ad acquistare ovunque i bonds lunghi, che ha clamorosamente accentuato il rally obbligazionario provocato dalla prudenza della Fed.

E’ il caso di osservare che l’impatto del movimento globale sui bond giapponesi riporta a -4 bps il rendimento del Jgb 10 anni. Ulteriori discese porteranno, secondo la nuova disciplina Boj, ad una riduzione degli acquisti, per impedire l’allontanamento del rendimento dal target. Nei fatti una sorta di tapering, con impatto sulla creazione di base monetaria, e potenzialmente sullo Yen.

Ovviamente, cosi come la fiammata di volatilità sui tassi aveva impattato su un azionario globale che fattorizzava immobilismo, il loro collasso ha accentuato il risk appetite. Naturalmente i settori bancari sottoperformano, loro che avevano gradito il rimbalzo dei rendimenti.
Un’altra conseguenza dell’outcome del Fomc è l’ulteriore indebolimento del $, in particolare contro gli emergenti.

Dal punto di vista geografico, col Giappone chiuso per festività, la reazione delle borse asiatiche, pur positiva, non è stata così veemente, con solo l’India a superare l’1 per cento di progresso. Diversa la situazione in Europa, dove i listini hanno ricevuto un bel supporto anche dal crollo dei rendimenti, sui governativi core come sui periferici. Wall Street, che aveva strappato anche ieri sera post conferenza stampa della Yellen, costruisce sui guadagni.

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