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“Il senso del cammino” di un moderno “Trovatore” alla ricerca delle radici

“Nessuno ti richiede più poesia!”
“E’ passato il tuo tempo di poeta…”
P. Paolo Pasolini

Così scriveva Pier Paolo Pasolini nella poesia “Mancanza di richiesta della poesia” quasi un manifesto che annunciava la fine dei poeti e del loro tempo.
Quello a cui si assiste nella realtà più o meno virtuale che viviamo oggi tra le varie connessioni alla rete e ai social è un ritorno della poesia come dimensione non solo letteraria, ma comunicativa e di linguaggio espressivo, come forma d’arte e quasi di “contaminazione d’arte”.
E’ così che si assiste ad un rifiorire sommesso di questo mondo poetico, un tempo ritenuto solo appartenente ai vati e agli eletti, il mondo delle metafore e delle figure retoriche, della poietica e della metrica oggi diviene spesso comunicazione e denuncia sociale. Oggi più che mai, linguaggio di un individuo che incarna il canto corale di una società repressa o derelitta e che si fa voce di tanti, di luoghi e periferie del mondo e dei mondi.

Come uno schiavo malato, o una bestia
vagavo per un mondo che mi era assegnato in sorte,
con la lentezza che hanno i mostri
del fango o della polvere della selva
strisciando sulla pancia o su pinne
vane per la terraferma o ali fatte di membrane.
C’erano intorno argini, o massicciate,
o forse stazioni abbandonate in fondo a città
di morti con le strade e i sottopassaggi…P. Paolo Pasolini

La poesia che sembrava essere scomparsa ritorna e riempie le pagine virtuali dei social, i messaggi in rete, diviene emblema di un nuovo simbolismo, di una nuova forma conoscitiva basata sulla sintesi visiva, di commistioni di linguaggi e di idiomi, su un laboratorio vissuto di vocabolario e creatività.
“La poesia non è una cosa morta, ma vive una vita clandestina” diceva Edoardo Sanguineti; la incontriamo così in concorsi e premi letterari che in ogni città ed in ogni regione d’Italia si sviluppano intorno a nomi di poeti illustri e letterati di ogni epoca, dove appassionati o colti dilettanti si ritrovano portando un pezzo della loro identità culturale.
La poesia è anche il linguaggio di un mondo interiore che suggella emozioni e sentimenti, una sorta di rielaborazione interna delle esperienze e delle sinestesie, e dei vissuti che attraverso i cinque sensi gli individui mettono in atto più o meno consapevolmente. E’ come se dicessimo che la poesia appartiene ad ognuno di noi, finché non diviene ricerca linguistica e forma d’ arte, lavoro di fine ‘artigiano’ della parola e del ritmo delle parole, canto e lirismo.
La poetessa ed antropologa contemporanea Marcia Theophilo, che fa della sua poesia una denuncia ambientalista universale a difesa della foresta amazzonica e delle identità culturali degli Indios , afferma : “ La poesia non ha classi sociali”, non ha età, appartiene a tutti, alle Culture, agli uomini che la modellano come creta attraverso le parole, i versi, le assonanze, le allitterazioni, le onomatopee. E’ la stessa Marcia Theophilo a redigere la presentazione del libro “ Il senso del cammino” di Paolo Cordaro, Edizioni Progetto Cultura, ideatore del premio Internazionale di Poesia Orazio nella realtà di Tivoli Terme.
E’ interessante scoprire come i luoghi siano connessi al tessuto culturale antico, come immagini , parole, idiomi delle periferie delle città si siano cristallizzate in realtà moderne “a ritroso”, dove ancora l’identità è in evoluzione e il legame col passato diventa uno sguardo quasi struggente e un’esigenza di “richiesta di poesia” che nessuno pensava più di rintracciare in un mondo costituito di fibre ottiche e di linguaggi cibernetici. Anche creare un Premio di poesia nella propria realtà territoriale è già una volontà di ricerca, una voglia di rispondere a quella curiosità linguistica ed artistica per cui alcuni sentono una vocazione interiore che a volte dà voce ad un intero tessuto sociale e culturale.
Allora i poeti sono quei pensatori che s’incamminano “nell’atmosfera d’una città ancora non desta…” dove si apre “ una finestra straniera…”.
Un mondo nuovo quello che ci sorprendiamo ad abitare in cui la parola udita, scritta o digitata costituisce sempre la trama e l’ordito della nostra quotidiana esistenza.
Così mentre mi erigevo come un verme,
 molle, ripugnante nella sua ingenuità,
qualcosa passò nella mia anima – come
se in un giorno sereno si rabbuiasse il sole;
sopra il dolore della bestia affannata
si collocò un altro dolore, più meschino e buio,
e il mondo dei sogni s’incrinò…
P. Paolo Pasolini

Allora il poeta moderno è chi ricerca le emozioni e gli da’ un nome, è il cercatore di liriche e di incanto in quelle sacche di realtà dove la bellezza è solo un riverbero di tramonto, di natura strappata al tessuto terrestre e incagliata tra il cemento e l’asfalto o legata alle immagini di una memoria che non è affatto remota, ma di poche decine di anni addietro.
Il poeta diviene colui che nutre il desiderio nostalgico di una vita che non c’è più, il ricordo ancora vivo di un presente che è sfuggito per sempre, il desiderio impossibile di un futuro negato perché incerto, inimmaginabile. Il poeta diviene l’illustratore di un futuro appena compiuto per chi, avendo partecipato alla costruzione dell’oggi, non ha avuto l’opportunità di viverlo: il tentativo di narrare la vita nel punto in cui si interrompe.
“ Il senso del cammino” di Paolo Cordaro è un viaggio del “qui ed ora”, la ricerca del punto d’innesto tra presente e passato di ogni identità e della propria. La poesia è un esercizio continuo di stile e di lingua, un laboratorio sperimentale in cui le immagini si traducono in parole e viceversa, è un percorso dell’essere per incontrare l’Essere. Un laboratorio sonoro e di sonorità delle parole nei versi e dei versi nelle parole.
Volevo fosse anche mio
Questo cammino di un giorno,
mostrarti anche dov’è Dio…Paolo Cordaro

E’ l’antico desiderio di ricercare il cammino e il senso del proprio errare per mostrarlo a se stessi e agli altri, a quelli che si sono incontrati sul proprio cammino o con i quali si sono coniugati i ritmi dei nostri passi, per riallacciare tutti i fili della propria esistenza; desiderio di conversare con mondi che si schiudono, comprendere i segni del tempo, interpretarli e vincere la paura che il cielo si dissolva.
La poesia dunque, seppure si serve di strumenti digitali e di linguaggi multimediali, incontra sempre l’uomo e la sua umanità, quel moto di sentimenti e d’istinti atavici che fa epitomare nel ritmo e nella poietica tutta l’essenza della filosofia e del pensiero creativo, immaginifico e metaforico. Rimane il mezzo con cui riedificare il mito continuamente scalfito ed attaccato dalla ragione. Quel passaggio continuo di mito al logos anche attraverso la poesia, quel mito che all’uomo serve da rifugio e da incanto.
E’ sempre quel bisogno che si avverte “ Nel mezzo del cammin di nostra vita…” quella commedia divinamente terrena e terrestre , quell’Inferno abissale e quel limbo dal quale l’uomo cerca di riemergere e di risalire spogliandosi di tutti gli istinti più bassi, non come “i poeti laureati” ma come gli uomini con “ Lo sguardo che fruga d’intorno,
la mente indaga”…dove “Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata divinità..” come diceva Eugenio Montale.
Appartiene a questo genere di poeti Paolo Cordaro agli aedi e ai trovatori dell’oggi che cantano la loro lirica cercando instancabile “ Il senso del cammino”.

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