Leggendo la relazione finale del Cardinale Vallini (nella foto) mi pare che dal Convegno diocesano di Roma sia sbocciata una nuova consapevolezza. Trovo a suo modo rivoluzionario che si ammetta apertamente che il modello di catechismo tipo lezione frontale un’ora a settimana non “funziona più”, e che c’è bisogno di esperienza e testimonianza, di toccare con mano; così com’è coraggioso l’annuncio dell’obiettivo di una preparazione al matrimonio che non si risolva in una dozzina di sedute ma si sviluppi in un vero e proprio cammino di accompagnamento (comunitario, si specifica) di durata almeno biennale. Consiglio la lettura completa, ci sono tracce che credo in futuro saranno attuate ben oltre i confini di Roma.
“2) I RAGAZZI, I GIOVANI E L’EDUCAZIONE ALL’AFFETTIVITÀ
Le relazioni dei Laboratori attestano che questo argomento ha suscitato grande interesse, per essere a fondamento del resto, ed ha fatto emergere anche tante difficoltà. Poco o niente infatti ci si preoccupa dell’educazione affettiva delle giovani generazioni. La famiglia – scrive un Laboratorio – “è spesso assente, per essere una coabitazione di individui solitari”. Molti ragazzi sono figli di separati, lontani dalla fede e dalla vita ecclesiale, e quando i genitori ci sono, sono in imbarazzo per la difficoltà di entrare in rapporto con i figli per i linguaggi totalmente diversi dai loro, così nell’assenza di una vera guida i figli diventano quasi sconosciuti ai genitori, o al massimo i genitori consigliano i figli di prendere le dovute cautele. Taluni istituti scolastici si muovono nella stessa direzione proponendo già da tempo dei corsi di educazione sessuale che in realtà non sono itinerari per far crescere i ragazzi verso l’amore vero, ma piuttosto corsi di prevenzione delle malattie, di contraccezione, o corsi che confondono l’identità sessuale. Lasciati a se stessi i ragazzi, con gli smartphone personali, precocemente vengono a contatto con immagini e tematiche di pseudo-educazione sessuale e di pornografia. Essi, invece, desiderano sapere se esiste un amore vero, se l’amore può vincere il tempo o se non c’è scampo alla fine dell’amore, e vedere incarnati da testimoni credibili i valori essenziali della vita di coppia e familiare: la fedeltà, l’unicità, la relazione personale e la donazione reciproca.
Bisogna partire dal fatto che ai ragazzi è sconosciuta la dottrina della Chiesa sull’amore e che dell’amore vero prima si fa esperienza e poi se ne può sentire parlare con frutto. Si tratta di una grande sfida educativa da affrontare su tre fronti: una solida formazione degli educatori; la presenza di testimoni credibili; il difficile rapporto tra famiglia, scuola e parrocchia. In questo contesto, desidero precisare che ogni proposta di educazione affettiva o sessuale troppo precoce da parte della scuola, soprattutto se indifferente al primato della famiglia in ambito educativo, sembra fuori luogo. Laddove simili iniziative siano poste in atto dalle scuole, si chiede a tutti coloro (famiglie e insegnanti) che condividono una visione integrale della persona, di rendersi presenti nelle sedi opportune, affinché si tratti di iniziative di autentica educazione affettiva, che non riducano la questione a mera informazione sulle “meccaniche” della sessualità e della riproduzione.
Quanto agli itinerari di Iniziazione cristiana dei pre-adolescenti e degli adolescenti – in particolare il cammino verso la Confermazione – essi devono affrontare il tema dell’affettività e dell’amore in un orizzonte vocazionale, in maniera seria e positiva, e certo non basta un’ora di catechesi per costruire relazioni che permettano una azione educativa robusta. Gli adolescenti sono pieni di desideri, positivi e negativi, e hanno bisogno di essere aiutati a discernere gli uni dagli altri. Può aiutare la metodologia suggerita dal Papa: accogliere, ascoltare, accompagnare, discernere, integrare.
Abbiamo bisogno dunque di preparare bene i catechisti, aiutandoli a scoprire il loro servizio come una vocazione, a dedicare (possibilmente) più tempo ai ragazzi e ad affrontare, con l’aiuto anche di esperti, questo tema; spesso invece sono gli stessi catechisti a dichiararsi inadeguati. Molte volte poi sono o troppo adulti o troppo giovani. In un Laboratorio è stato suggerito di affiancare ai catechisti giovani una coppia di sposi, così che i ragazzi possano guardare ad una famiglia spesso diversa dalla loro. Dovremmo anche puntare, nelle forme opportune, a interessare e coinvolgere i genitori in questo processo educativo dei figli. (…)“.