Dopo Madre Teresa, adesso tocca a Giovanni Paolo I. Albino Luciani da Forno di Canale d’Agordo (BL), che resse il “gran manto” per 33 giorni tra l’estate e l’autunno del tragico 1978, è adesso in via di arrivo al grado di Venerabile. È il grado che spetta al candidato alla santità (Servo di Dio, in primo grado quando si apre il processo) le cui virtù siano state ritenute eroiche, ossia esercitate in modo non comune. Roma, a quanto pare, avrebbe ritenuto le virtù del candidato sufficientemente eroiche alla promozione a Venerabile, per cui potrebbe esserci la “promozione” di Papa Luciani entro la fine di quest’anno e, se si troverà il miracolo, l’ulteriore ascesa a Beato nel 2017. Attenzione: è sempre fatta salva la possibilità di proclamare Luciani Santo senza miracolo, come Giovanni XXIII, qualora il Papa decidesse di ravvisare sufficienti segni di santità equivalenti a quelli espressi da una guarigione inspiegabile come è appunto quella rappresentata da un miracolo.
In questo modo, Luciani si inscriverebbe nella linea di quei grandi Santi della carità e della misericordia che Jorge Mario Bergoglio offre ai suoi fedeli: Santi che, come Giovanni XXIII (al quale spesso viene accostato e del quale egli è molto devoto), hanno avuto intuizioni verso il futuro; Santi che, come Madre Teresa, si sono chinati sui poveri e deboli e hanno annunziato la carità e l’amore di Dio; Santi che, infine, come potrebbe essere Luciani, hanno rappresentato il “sorriso di Dio” e la Sua vicinanza a tutti, grazie anche alle quattro catechesi tenute dal Papa veneto nel suo brevissimo regno.
Intanto a Canale d’Agordo non sono stati con le mani in mano: il 26 agosto, 38° anniversario dell’elezione di Luciani al Soglio, è stato inaugurato il suo Museo alla presenza del Segretario di Stato, che è veneto, Pietro Parolin. Il cardinale ha dichiarato: “Quando una persona è umile come Papa Luciani, forse è lui stesso a non avere fretta di ‘arrivare’” alla santità. Però Parolin ha anche osservato che proporre il Papa del sorriso come modello è figlio di un contesto nel quale Francesco parla di misericordia, quindi “Luciani è una figura che incarna veramente l’amore misericordioso di Dio nei confronti di tutti gli uomini”.
E nell’omelia a Canale ha aggiunto: “Trentatré giorni è durato il suo pontificato. Questa combinazione dei due trentatrè – i giorni e gli anni – ci porta ovviamente a tornare a sottolineare quello che altri hanno già notato, e cioè la coincidenza con il tempo dell’esistenza terrena di Nostro Signore Gesù Cristo, il quale «passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo» (Atti 10, 38) e, a partire da questa coincidenza, il fatto che papa Luciani fu davvero, per la Chiesa e per il mondo, un’immagine viva di Gesù, il Buon Pastore, il Pastore «bello» come dice il Vangelo”.
Parolin, come abbiamo ricordato su queste pagine nei giorni scorsi, ha fatto qualche confidenza all’Osservatore Romano. Ecco allora la sua devozione verso il Papa del Sorriso e in particolare il suo rispetto verso la “forte e indeclinabile testimonianza di ciò che è l’essenza, il fondamento autentico del vivere nella Chiesa e per la Chiesa”. Il Segretario di Stato, ricorda il giornale vaticano: “ha comunque concorso in modo decisivo a rafforzare il disegno di una Chiesa che è risalita alle sorgenti con il Concilio e che nella semplicità e nella povertà evangelica si piega a servire il mondo, facendosi prossima alle realtà umane e alla loro sete di carità”. Argomenti che non possono non piacere a Papa Francesco, va detto.
Furono 33 i giorni nel corso dei quali il Papa venuto da Venezia (terzo nel XX secolo dopo San Pio X nel 1903 e San Giovanni XXIII nel 1958) iniziò a prendere confidenza con la macchina della Curia, ma subito con la gente. Ebbe una popolarità vasta e sconfinata, Luciani, appena eletto. Leonardo Sciascia nel suo Nero su Nero, libro-zibaldone del 1979, così scrisse subito dopo la morte di Giovanni Paolo I: “E’ incredibile la puerilità degli scritti di (…) Giovanni Paolo I; ma più incredibile è che siano stati riproposti non come curiosità, ma come testi; e chiosati. Invece era proprio da puntare sulla loro puerilità: a trarne – per chi ne ha necessità – qualche lieto auspicio”. E ancora, cogliendo il punto: “La Chiesa ha bisogno di una ventata di puerilità; e gli uomini di una Chiesa puerile. E, della puerilità, magari un po’ conservatrice, un po’ reazionaria: col diavolo e tutto il resto”. Lo scrittore siciliano si riferisce agli Illustrissimi, le lettere che l’allora patriarca Luciani spediva a personaggi della letteratura e della Storia dalle pagine del Messaggero di Sant’Antonio, e che nel 1976 erano state raccolte in agile volumetto.
Come la famosa Lettera a Pinocchio nella quale il futuro Papa scrive al burattino di Carlo Collodi che immagina prossimo all’adolescenza vaticinando per lui un futuro accanto ad una fidanzata e poi sposa, non riconoscendogli la vocazione del frate. Come puerile può sembrare la catechesi spesso fatta con l’ausilio dei bambini: ma, come scriveva Sciascia, la Chiesa aveva bisogno di puerilità, semplicità, pulizia. Ne ha bisogno ancora, dopotutto.
Al Museo sono stati esposti gli occhiali che il Papa indossava quando venne ritrovato la mattina del 29 settembre 1978, misteriosamente morto. Ma non è di mistero che qui ci s’interroga, semmai di luce. A Francesco il Sorriso di Dio Santo nel 2017 non dispiacerebbe.