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Perché Juncker è un presidente perfetto per un’Europa imbelle

Qualcuno che ancora si illude che la Commissione Europea abbia una propria visione dei problemi e voglia difenderla, invitava a seguire il discorso che il presidente della Commissione, Jean-Claude Junker, avrebbe fatto mercoledì scorso davanti al Parlamento Europeo.

Junker ha parlato. In Europa – ha detto – c’è ancora troppa disoccupazione. Bisogna fare di più. Doverosamente il Parlamento ha applaudito. Poi ha dovuto dire qualcosa sul patto di stabilità. Se avesse detto che le regole vanno rispettate, si sarebbe capito che era dalla parte della Germania. Se avesse detto che, per fare ripartire l’economia europea, bisogna consentire flessibilità nei bilanci pubblici, si sarebbe capito che era contro la Germania. Allora Junker ha detto ambedue le cose: «Non vogliamo un patto per la flessibilità, ma un’applicazione intelligente della flessibilità nel rispetto delle regole esistenti.” Per la Merkel la parola ‘regole, per Italia e Francia ‘flessibilità’, per la Commissione l’aggettivo “intelligente” che vuol dire che Bruxelles si arrabatterà a non dare troppo torto o ragione a nessuno.

Questa non è una politica; è un compromesso che, come si è visto in Italia in questi tre anni, non porta a nulla. Le strade possibili sono solo due. O si accetta la linea tedesca di una riduzione in tempi stretti del deficit sperando (e illudendosi) che, risanati i bilanci, si diffonda un ottimismo tale da far ripartire l’economia a tutta forza. Oppure si sospende il patto di stabilità per il tempo necessario a promuovere una forte ripresa attraverso una vera riduzione delle tasse (non il mancato aumento che il governo cerca di contrabbandare come riduzione delle tasse) e gli investimenti pubblici. E si fonda la ripresa sulla domanda.

La terza strada, cui allude Junker, significa essenzialmente rispetto del patto di stabilità con qualche slabbratura. Come si è visto in Italia in questi anni, non consolida la finanza pubblica e non fa ripartire l’economia. Marciscono i problemi e cresce il malcontento. Al massimo si raggranellano le risorse per cercare di salvare il consenso elettorale dei ceti più colpiti o più pronti alla protesta. Politica pessima, perché non serve né a risanare i conti, né a fare ripartire l’economia, ma al massimo a cercare di sopravvivere a qualche sfida elettorale o referendaria. Junker è il presidente perfetto di un’Europa senza anima e senza coraggio.



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