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Il mio Sì sviluppista al referendum costituzionale

Si cominciano ad animare i comitati per sostenere il Sì o il No alla riforma costituzionale. Un referendum nel quale chi vota Sì sostiene la riforma e chi vota No la rigetta, almeno su questo ci sarà chiarezza. Quindi questo è un referendum confermativo e non abrogativo come spesso accade, nel qual caso chi vota No in realtà vota Sì e chi vota Si in realtà vota No. Speriamo solo di non avere una scheda elettorale di quattro pagine scritta con caratteri micro. Abbiamo visto come hanno votato gli inglesi per la Brexit: Remain o Leave. A noi forse toccherà leggere tutta la riforma dentro la cabina elettorale. Siamo un Paese complicato. E facciamo di tutto per continuare a complicare la nostra vita. Lo sappiamo ed è per questo che adoriamo l’IPhone. Serve semplicità.

Il nostro sarà un comitato per il Si. Porteremo nel dibattito i temi dello sviluppo economico, dell’innovazione amministrativa, tecnologica e sociale, del mondo delle professioni, dell’impresa, del lavoro, di una nuova idea di come decidere. Ognuno di noi è consapevole del fatto che questa riforma poteva essere scritta in modo più consono e forse anche più incisivo. La Costituzione deve reggere al tempo e ogni sua parola deve consentire un’interpretazione teleologica, funzionale e sistematica. Ed è su questo che si concentrano le critiche dei costituzionalisti. Ma noi riteniamo che lo sforzo prodotto da questo Parlamento sia da premiare.

Riteniamo che la riforma sia la prima tappa di un processo di ammodernamento culturale. A partire da ciò che più di ogni altra cosa emerge nell’intento del legislatore: il principio dell’efficacia del tempo. Questa riforma è infatti innanzitutto una riforma sui metodi di lavoro. Una riforma in cui il tempo, forse, per la prima volta, viene trattato come una variabile non più indipendente per la politica. Il tempo è elemento decisivo per competere. Il ritardo porta con se obsolescenza, sconfitta, perdita di opportunità. Il tempo è elemento decisivo per lo sviluppo. Il lavoratore vende innanzitutto tempo (ciò che Marx chiamava, la sua forza lavoro). Il tempo è infine decisivo per l’innovazione. Anzi di più, l’innovazione è innanzitutto tempo.

Ed è proprio sul tempo che si concentrano le modifiche più rilevanti della riforma.

1. Monocameralismo temperato che rende più certo il tempo di approvazione delle leggi.

2. Scomparsa della legislazione concorrente tra Stato e Regioni che ha creato solo confusione e ritardi.

3. Riduzione del numero dei Senatori da 315 a 100.

4. Binario veloce per l’approvazione delle leggi proposte dal Governo.

5. Adeguamenti dei quorum per il referendum propositivo e abrogativo e infine qualcosa che era tempo di avere: il riconoscimento della parità di genere come principio costituzionalmente garantito.

Tutti elementi che consentiranno a chi ne ha la responsabilità (chiunque esso sia) di poter assumere decisioni, proporre leggi, avviare iniziative con più elevate probabilità di farcela.

Se vogliamo crescere in questo Paese, dobbiamo fornire a chi detiene la leadership gli strumenti affinché questa possa essere esercitata in modo credibile ed autorevole. Ed è proprio su questo punto che la riforma fornisce le risposte più convincenti. Non è più tempo di discussioni sterili e tattiche. Chi si propone di governare, deve farlo con idee chiare e non mettere in campo tavoli, commissioni, gruppi di lavoro, direttori, per discutere solo cosa andrebbe evitato di fare. Lo vediamo e lo abbiamo visto a Roma, lo vediamo e lo abbiamo visto in tante altre città dove la classe che governa non ha ragionato sul tempo del governo, immaginando di poter governare in modalità stand-by. Chi non comprende questo elemento della riforma, non comprende cosa serve alla politica per fare veramente politica.

A coloro che si propongono di fare politica serve innanzitutto una scossa, un nuovo metodo di lavoro, un processo che metta spalle al muro chi pensa ai tempi infiniti, ai rimpalli, alle interdizioni, ai falli di confusione per rimanere osmoticamente legati alle proprie posizioni, per avere sempre la giustificazione su qualcosa che non è stato fatto. Altro esempio? La misura del tempo nella selezione delle candidature. Ciò che potremmo definire la schiavitù del tempo. Il metro è la quantità di tempo dedicata alla causa indipendentemente dalla qualità delle idee messe in campo.

Insomma oggi con un Sì al referendum abbiamo la chance per ribaltare le regole del gioco. Forse siamo troppo ottimisti ma almeno proviamo a far comprendere che il tempo è scaduto. Rectius vulgata populis… “non abbiamo più tempo da perdere“. La riforma della Costituzione è quindi per noi innanzitutto una scelta culturale tra chi immagina di vivere sotto lo stesso tetto facendo vite diverse e chi vuole sedersi allo stesso tavolo avendo già chiara la propria idea di vita. Insomma è oggi… non domani tempo di dire Sì!

Comitato x il SI – Sviluppo Innovazione

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