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Tutta l’escalation politico-militare sul fronte orientale

israele, VLADIMIR PUTIN

Per fortuna, sul fronte orientale, il mese di agosto si è concluso. Se le notizie pubbliche sono state poco confortanti, le mezze informazioni sono state peggiori. Si è trattato di un mese di silenzi inattesi, incontri improvvisi, richiami al buon senso e alla trasparenza delle operazioni militari, di gran movimenti di mezzi e truppe.

La crisi dell’8-15 agosto

L’8 agosto, l’FSB, il servizio segreto russo, ha dato notizia di un attacco in Crimea svolto dai servizi ucraini nella notte tra il 6 e il 7 agosto, con due militari russi uccisi. Sono seguiti giorni di gelo e silenzio, come nei momenti più intensi della guerra fredda. Da parte occidentale, l’evento è parso giustificare un attacco russo su larga scala nei confronti dell’Ucraina. Il ricordo è andato alla Georgia del 2008, sempre con una presunta provocazione, in mezzo ai giochi olimpici, in piene vacanze, al finire di una presidenza americana. Vi sono stati paragoni con la messinscena hitleriana di Gleiwitz che fu da pretesto all’assalto alla Polonia del 1939.

Putin ha convocato il consiglio nazionale di sicurezza l’8 agosto, annunciando il 10 agosto la rottura del dialogo a quattro in formato Normandia sull’Ucraina e sugli accordi di Minsk. L’11 agosto lo ha riunito ancora, ordinando un’esercitazione militare rapida e su larga scala, sul Mar Nero e in terraferma, proprio al confine con l’Ucraina. Lo stesso giorno, il rappresentante ucraino alle Nazioni Unite ha evocato la possibilità di convocare un Consiglio di sicurezza “anche di notte, se necessario”, e poco dopo la riunione si è effettivamente tenuta. In quelle ore, gli aerei militari ucraini si esercitavano ad atterrare sulle autostrade, per salvarsi da possibili attacchi agli aeroporti. Le giornate apparentemente tranquille sulle spiagge occidentali corrispondevano a un brutto momento, alleviato soltanto dall’incontro del ministro degli esteri tedesco, Franz-Walter Steinmeier con il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, annunciato il 13 agosto e tenuto il 15 agosto, a Ekaterinenburg. I giorni veramente brutti sono stati questi, dall’8 al 15 agosto, e il rischio reale di conflitto è rimasto elevato nelle due settimane seguenti.

Dispiegamenti e rumor di sciabole

E’ un periodo di dispiegamenti militari. Il 12 agosto, vengono installati missili terra-aria S-400 in Crimea. Tre brigate motorizzate sono avvicinate al confine con l’Ucraina, una nuova divisione costituita e collocata a Rostov, accanto all’area occupata del Donbass: in tutto si riuniscono decine di migliaia di soldati. Persino nella Transnistria sottratta alla Moldavia si svolgono manovre militari congiunte tra forze russe e separatiste: si disegna un possibile intervento lungo l’intero corridoio est-ovest dell’Ucraina meridionale, che collega il Donbass alla Crimea alla Moldavia, o forse sull’intera Ucraina. Il ministro degli esteri moldavo protesta infine il 17 agosto, e lamenta l’avvenuto superamento del fiume Dniester. Sono azioni preparate sin da maggio 2016, con il coinvolgimento di almeno 50 carri armati russi, e ripetute a fine luglio e inizio agosto, e poi dopo la crisi del 6-7 agosto. Anche la Serbia, che pure si era avvicinata alla Nato, si attiva e annuncia il 17 agosto manovre congiunte con la Russia, nel quadro della tradizionale “fratellanza slava”.

Guerra reale o diplomazia di potenza

E’ un rumor di sciabole difficile da interpretare. Le condizioni per un attacco convenzionale reale ci sono tutte: superiorità di mezzi e uomini, esplicito dispiegamento ai confini, rinforzi nei mezzi e nei comandi alle truppe “ibride” nel Donbass con aumento degli incidenti di frontiera, per esempio a Mariupol, forze navali russe e nel Mar Nero, rafforzamento in Crimea, testa di ponte nella moldava Transnistria. Alla riunione Nato di Varsavia, l’8 e 9 luglio si era deciso per quattro battaglioni di mille uomini ciascuno, nei tre Paesi baltici e in Polonia: ci si trova ora dinnanzi intere divisioni russe, operative con centinaia di migliaia di uomini, con vari e incontrollabili scenari di guerra ibrida. E’ proprio come ai tempi della guerra fredda, quando si calcolava in pochi giorni la capacità sovietica nel raggiungere il Portogallo. Come a quei tempi, è quindi possibile che anche ad agosto 2016 si sia parlato di dissuasione con mezzi nucleari.

Viceversa, l’idea di un attacco globale all’Ucraina, che pure il presidente ucraino Poroshenko presenta in un intervento televisivo il 18 agosto come reale e concreto, se finisce per non realizzarsi resta un fatterello, un’esibizione di muscoli da inquadrare “soltanto” nella politica di Putin di riconquista di un’influenza politico-militare globale. E’ degli stessi giorni la tensione est-ovest sul fronte siriano, il rinnovo del dialogo con la Turchia di Erdogan, la disponibilità iraniana a ospitare mezzi aerei russi per gli attacchi contro l’Isis, l’avvicinamento alla Cina. Eppure, tra il 15 e il 31 agosto, nel pieno delle esercitazioni russe, esiste ancora la possibilità che l’attacco avvenga per davvero.

Assestamenti politici e di potere a est e a ovest

All’interno dei due fronti, la tensione produce assestamenti di politica e potere. Il 12 agosto sono rese note le dimissioni da capo di gabinetto di Sergei Ivanov, sostituito da Anton Vaino, a testimonianza di dissidi nella cerchia del presidente russo, tra la ricerca di una soluzione stabile con l’Europa e la Nato e la politica dei conflitti congelati. La tensione costringe anche l’occidente a una maggiore omogeneità politica interna. Angela Merkel fa un discorso pienamente atlantico a Tallin il 24 agosto, e porta la stessa visione nel tour con i numerosi partner europei dell’est e del nord, a Varsavia, Praga, Meseberg tra il 24 e il 26 agosto, incontrando il consenso per esempio della Polonia e dei nordici. Si rafforza l’isolamento di Donald Trump dall’establishment statunitense, con tanto di dimissioni il 19 agosto del suo capo della campagna elettorale, Paul Manafort, per le sue trascorse relazioni con il presidente filorusso Yanukovich, destituito dalle proteste di Maidan e rifugiato in Russia.

La guerra non scoppia, parte la controffensiva diplomatica ed economica

Il 31 agosto, appena finite le esercitazioni russe e tirato un parziale respiro di sollievo, partono le contromisure. Gli Stati Uniti adottano una nuova serie di sanzioni, nei confronti di esponenti politici, leader e di varie entità economiche. Si tratta di due gruppi di soggetti: quelli che operano nella Crimea “occupata” e quelli che lavorano alla costruzione del ponte di Kerch, tra la Russia e la Crimea nel Mar di Azov. Il primo settembre, il segretario della Nato Jens Stoltenberg incontra il ministro degli esteri tedesco Franz-Walter Steinmeier, a conferma dell’unità della voce occidentale. Prende il via una girandola di colloqui, riparte la cooperazione con la Finlandia (contro cui la Russia aveva fatto la voce grossa) e la Svezia. Il triangolo di Weimar, composto da Germania, Francia e Polonia si ritrova il 2 settembre a livello di ministri degli esteri: conferma l’idea del documento franco-tedesco di giugno di un “Consiglio europeo di sicurezza”, attutisce lo scetticismo anti-UE dei quattro Paesi di Visegrad, alle cui riunioni saranno invitati anche Francia e Germania. Chi vuole potrà rafforzare la cooperazione all’interno dell’UE: è la preparazione – forse ancora un po’ ideale – del tema “sicurezza e difesa” per il Vertice di Bratislava del 16 settembre, che passa anche dal consiglio informale dei ministri degli esteri dell’Unione europea, il 4-5 settembre a Lussemburgo, presente Federica Mogherini. Persino il teatrale ministro degli esteri britannico Boris Johnson afferma sobriamente il 2 settembre che il Regno Unito sosterrà la politica estera e di sicurezza europea. Sono riunioni da cui emerge la necessità di una risposta occidentale compatta a una minaccia reale e cogente.

L’alternativa tra Minsk II e l’escalation permanente

Sarà da capire quindi quale sarà alla fine la ricaduta della crisi politico-militare di agosto, se verso l’applicazione degli accordi di Minsk II o verso un rilancio delle tensioni. Putin ha rifiutato di affrontare la questione ucraina in formato Normandia (Francia, Germania, Russia Ucraina) a Hangzou, al G20 in Cina, il 4 e 5 settembre e di voler vedere separatamente Merkel e Hollande. Ha detto che non andrà all’Assemblea delle Nazioni Unite a New York, il 20 settembre. D’altra parte, nuove esercitazioni russe sono previste già per il 9 settembre (Kavkaz-2016), anticipate da parte opposta da un esercizio congiunto avviato il 2 settembre da Svezia e Finlandia, che simula un possibile attacco russo.

I ministri degli esteri francese e tedesco Ayrault e Steinmeier, dal Lussemburgo, sempre il 2 settembre, hanno comunque annunciato che faranno di tutto per far ripartire il formato “Normandia” sugli accordi di Minsk e sull’Ucraina. E’ una partita ancora tutta da giocare, forse anche nel contesto interno alla Russia di Putin.


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