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Tutte le idee non troppo di sinistra del socialista Emmanuel Macron

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Quando Emmanuel Macron è stato nominato alla guida del Ministero dell’Economia, nell’agosto del 2014, tra i media circolavano soprattutto due informazioni: il suo lavoro nella banca d’affari Rothschild e la storia d’amore con la sua professoressa di francese del liceo, di vent’anni più grande di lui, divenuta sua moglie nel 2007.

Giovane, affascinante, “senza etichette”, Emmanuel Macron entra nel partito socialista all’età di ventiquattro anni, senza mai presentarsi alle elezioni. In realtà una candidatura gli venne proposta nella sua città natale, Amien, in occasione delle elezioni municipali del 2012, ma, prudente, declinò l’offerta. Ed è probabilmente proprio in ragione di questa assenza di mandato elettorale che François Hollande decide di conferirgli il Ministero dell’Economia e dell’industria solo due anni più tardi, all’età di 36 anni.

Pianista e ballerino di tango, il giovane e brillante Emmanuel sposa nel 2007 Brigitte Trogneux, la sua insegnante di francese e di teatro, incontrata sui banchi del liceo. Brigitte, madre di tre figli e nonna di sette nipoti, ha recentemente confidato in un’intervista a Paris Match che Emmanuel si dichiarò all’età di diciassette anni “qualsiasi cosa accada, ti sposerò!”. Dopo la dichiarazione del suo amato, l’insegnante divorzia e comincia una relazione che molti giudicheranno impossibile, ma che invece dura da vent’anni. Attorno alla sua vita personale, non banale, resta molta curiosità, del resto diventare nonni a trentacinque anni non è da tutti.

Appassionato di filosofia, consegue un DEA (diploma di studi approfonditi) in filosofia, diventando l’ultimo assistente di Paul Ricoeur, uno dei maestri dell’ermeneutica filosofica novecentesca, aiutandolo come archivista alla redazione della sua opera “La Mémoire, l’Histoire, l’Oubli”. Continua i suoi studi a Sciences-Po, la celebre scuola di scienze politiche di Parigi che dal 1945 forma gran parte della classe dirigente francese e infine all’ENA, la prestigiosa scuola della pubblica amministrazione francese. Pur essendo il suo curriculum un’iperbole dell’eccellenza, la sua carriera di filosofo si interrompe rapidamente. Nel 2012, qualche mese prima delle elezioni presidenziali, Emmanuel Macron lavorava ancora nella banca d’affari Rothschild. Come banchiere conclude una transazione che vale di più di 9 miliardi di euro per l’acquisizione di una filiale di Pzfier da parte di Nestlè che lo rende milionario. Anche se, a riguardo, dichiarerà al Nouvel Observateur che “il denaro non è una questione identitaria ma uno strumento di libertà, niente di più”.

Politicamente Emmanuel Macron è stato molto corteggiato. Prima di impegnarsi a fianco di François Hollande, il giovane enarca viene contattato dalla squadra di Nicolas Sarkozy nel 2007. Nel 2010, è il turno dell’entourage di Dominique Strauss-Kahn, con il quale aveva saltuariamente collaborato negli anni precedenti, che cerca di reclutarlo. Ma, alla fine, sceglie François Hollande, proprio nel momento in cui i sondaggi per il leader socialista sono molto bassi. Da luglio ad aprile 2011 anima un gruppo di esperti ed economisti che ogni quindici giorni relazionano al candidato i dossier economici. Già si comincia a parlare di lui come ministro, del resto ha le idee molto chiare: vuole avere in mano l’economia, raddrizzare i conti pubblici, far crescere la competitività anche a costo di riforme liberali che faranno infuriare molti socialisti. Mercato del lavoro più flessibile, lotta contro le cosiddette “rendite di sinistra” e cioè quelle della funzione pubblica, riduzione della spesa pubblica. Troppo liberale per una parte del partito socialista che lo vede con un “sarkozista” che transita dalle banche d’affari all’Eliseo, ma “con la stoffa da presidente della Repubblica” come sostiene Jacques Attali. Martedì 30 agosto ha presentato le dimissioni e ha lasciato il governo per dedicarsi al suo movimento politico “En Marche”. Chissà se questa marcia non lo condurrà direttamente alle elezioni presidenziali del 2017.

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