Nel Venezuela in drammatica crisi sembra cominciata la transizione verso un diverso regime politico e i militari ne hanno assunto il massimo protagonismo. I 18 generali ai quali il presidente Nicolas Maduro ha conferito ufficialmente gestione e controllo delle vie di comunicazione, porti e aeroporti, dell’approvvigionamento e distribuzione di cibo, medicinali e carburante, di fatto ne surrogano il potere effettivo di governo. E’ una svolta destinata a influire anche nel dialogo riservato ma ormai non più segreto tra governo e opposizione.
I rapporti di gerarchia formale non cambiano, così come la costituzione bolivariana resta invariata. Le deleghe di autonomia affidate agli alti ufficiali delle forze armate rovesciano però quelli di autorità, competenze decisionali e responsabilità di fronte al paese. La formula “militari per il popolo” sostituisce quella de “il popolo con i militari”, che prima con Chavez e poi con Maduro ha espresso nella sintesi dello slogan il senso dei rapporti di forza all’interno dell’alleanza civico-militare degli ultimi 15 anni.
I 18 generali sono tutti di provata fede chavista. Il numero uno di questa sorta di comitato di salvezza nazionale, Vladimir Padrino Lopez, 54 anni, già comandante in capo delle forze armate e oggi ministro della Difesa, nel 2002 ebbe un ruolo determinante nel riportare in libertà l’allora presidente Hugo Chavez arrestato nel corso di un tentativo di colpo di stato poi fallito. E’ un uomo che rivendica apertamente per se stesso e per tutti i “cittadini-soldati” il diritto a esercitare la politica.
Fa riferimento a Platone e Aristotele per spiegare la sua idea della politica, al rapporto causa-effetto per testimoniare la modernità del principio con cui analizza le contraddizioni venezuelane e nel mondo, si dichiara partigiano della pace e cita Kant, socialista e Gramsci. Maliziosamente, i suoi avversari ricordano che Vladimir non è un nome nazionale, per insinuare che il padre ha inteso celebrare il nome di Lenin, ovvero era di simpatie comuniste. Lui non si scompone e si autodefinisce un patriota e un cristiano.
Non ignora certo il rischio di venire travolto dall’immane compito di risolvere o quanto meno attenuare notevolmente la crisi alimentare e sanitaria che da mesi scuote e debilita giorno dopo giorno il Venezuela. Ma fin dal primo momento sta mostrando di voler fare sul serio, ha già sequestrato magazzini stracolmi di alimenti destinati al mercato nero in un paio di porti tra i maggiori del paese. Gli speculatori hanno tentato di negoziare con alcuni suoi ufficiali e lui ne ha fatto ordinare immediatamente il trasferimento.
Sta mettendo le mani nella politica estera per assicurarsi le importazioni più urgenti. Ha fatto sondare direttamente un paio di mercati europei e vari fornitori canadesi. Ripercorre le vie dei contatti commerciali tradizionali delle esportazioni petrolifere per trovare possibilità di triangolazione, nella speranza che il prezzo internazionale del greggio continui intanto a risalire e renda meno soffocante il commercio estero di Caracas. Tanto dinamismo ad ampio raggio rivela qualcosa di più dell’orgoglio d’un soldato fedele alla patria. Se sconfigge il contrabbando, il generale Lopez non avrà risolto il grave sbandamento del chavismo, ma ne diventerebbe un popolare candidato leader.