Skip to main content

Che cosa cambia per Stati Uniti e Germania con la Brexit

mercati, Theresa May, Brexit, Gran Bretagna

La Gran Bretagna sta alla Germania, ed agli Usa, così come la geofinanza sta alla geoeconomia ed alla geopolitica. La Brexit scompiglia sia il contesto europeo controllato dalla Germania attraverso l’euro e l’Unione europea, sia quello occidentale controllato dagli Usa attraverso la Nato e le organizzazioni di cooperazione internazionale proliferate dopo la fine della guerra.

Nella logica geoeconomica del suo scacchiere, squassato dalla crisi greca del 2010 e poi messo a dura prova dalle tensioni sulla Spagna, il Portogallo e l’Italia, la Germania ha dovuto operare per consolidare l’area dell’euro, serrando le fila attraverso il Fiscal Compact, l’ESM e la Banking Union. Presidia attraverso l’Unione europea un insieme di Paesi riottosi, che crescono poco, dilaniati come sono dalla disoccupazione e dal debito pubblico. Questo assetto ne assorbe la gran parte delle energie politiche, limitandone ancor più gli spazi di manovra.

Gli Usa, sul piano geopolitico, dopo aver cercato invano di spostare la frontiera occidentale a ridosso di Russia e Cina, attraverso le invasioni di Afghanistan ed Iraq, hanno dovuto ripiegare verso il Medio Oriente ed il Mediterraneo. La crisi finanziaria del 2008, e la nuova leadership obamiana, hanno imposto l’abbandono di quella strategia. E’ subentrata la politica del “nuovo inizio”: mentre si smantellano le vecchie democrature, si determina un’area di instabilità che per un verso impedisce alla Cina di insediarsi in quest’area e per l’altra evita una espansione economica dell’Europa, come era nel progetto dell’Unione Euromediterranea varata nel 2008. Il conflitto tra sunniti e sciiti assorbe enormi risorse in modo distruttivo, dando all’America il tempo di rifiatare.

La questione ucraina, con la annessione della Crimea da parte della Russia e le sanzioni seguitene da parte occidentale, e quella della sicurezza dei Paesi baltici, tende a ricostruire una nuova Cortina di ferro ad est. Con i due trattati internazionali, TPP e TTIP, volti a completare l’integrazione degli Usa nei mercati del Pacifico e dell’Europa, gli Usa avrebbero allo stesso tempo rafforzato il gancio geopolitico con i Paesi aderenti ed isolato Cina e Russia. Nella logica statunitense, il mercato rappresenta solo un “di cui” rispetto al controllo geopolitico. La Germania, in uno schema geoeconomico, stenta sempre a salire di livello, verso la geopolitica.

La Gran Bretagna è stata parte del sistema geopolitico statunitense, avendo subìto il Patto Atlantico, con cui si impegnava a cedere le colonie in cambio del denaro americano che le serviva per proseguire la guerra contro la Germania nazista. La sua partecipazione al sistema europeo è stata tardiva e svogliata, sempre improntata ad una logica di contraltare rispetto alle iniziative franco-tedesche. Qualsiasi integrazione politica, così come la prospettiva di costituire un esercito europeo, avrebbe rappresentato una evoluzione a guida continentale, franco-tedesca, in cui avrebbe identità e libertà, prima ancora che sovranità.

Il Big bang finanziario voluto da Margareth Thatcher ha rappresentato per la Gran Bretagna una evoluzione sistemica, simile a quella indotta da Ronald Reagan con la New Economy negli Usa. Ferma com’è ad una industria manifatturiera di massa, la Germania è rimasta attardata sotto il profilo economico ad una versione 1.0.

La strategia geopolitica statunitense, così come il disegno geoeconomico tedesco, ripropongono ancora uno schema difensivo: cercano di consolidare un ruolo di egemonia continuamente minacciato dalle crisi.

La Brexit prelude ad un ruolo di primo piano della Gran Bretagna sotto il profilo geofinanziario, fuori dallo stereotipo della Unione europea e da quello altrettanto liso della leadership globale americana. Si tratta di integrare la crescita cinese al di fuori del modello di crescita export-led, del reimpiego del surplus commerciale in titoli del tesoro americano e della instabilità del sistema bancario cinese. La più grande piattaforma industriale del mondo e la più grande piattaforma finanziaria del mondo sono complementari. Wall Street ambisce alla liberalizzazione del mercato dei capitali cinesi, immaginando che affluiranno a New York per alimentare le quotazioni. La City fa un altro mestiere, agisce da tre secoli come un polmone nella redistribuzione planetaria dei capitali, dai luoghi in cui si accumulano a quelli in cui vengono impiegati. Londra non ha mai saputo che farsene di Bruxelles, figurarsi di Francoforte..

La Brexit ha rotto l’incantesimo, non solo europeo: quello delle crisi che si susseguono, invariabili, all’interno di un assetto vetusto. E’ come l’abbandono del Gold Standard: nel ’31, dopo aver creato inutilmente milioni di disoccupati, fu un gesto di sana follia. Per l’Italia, come è già successo in passato, ora si aprono prospettive nuove.



×

Iscriviti alla newsletter