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Perché serve un check-up alle politiche monetarie della Bce

Ignazio Visco

Durante l’incontro del 20 ottobre il Consiglio dei Governatori della Banca Centrale Europea (Bce) ha deciso di mantenere invariati i tassi d’interesse (a 0%, 0,25% e – 0,40% a seconda dello strumento utilizzato). Il comunicato ha annunciato che “il Consiglio ritiene che i tassi resteranno a questi livelli, od anche a livelli più bassi, per un lungo periodo di tempo” e ha precisato che “l’acquisto mensile di titoli – in gergo Quantitative Easing Q.E. – resterà al livello di 80 miliardi di euro sino a marzo 2017, ove non più a lungo sino a quando non si constata un aggiustamento sostenuto del percorso dell’inflazione”. Quindi, situazione stabile. Tutto come prima.

La sera precedente, ad un’occasione sociale a Roma, il responsabile economico del Partito Democratico, Filippo Taddei, ha invece tracciato un quadro preoccupante dell’economia e della finanza internazionale, fornendo dati inquietanti sulla situazione americana, sulla velocità della crescita del debito pubblico americano e sul rapidissimo incremento del capitale della Federal Reserve. Chiunque sarà l’inquilino della Casa Bianca, la forza dei numeri porta ad una forte probabilità di cambiamento della politica economica e monetaria che non potrà non avere implicazioni per la strategia della Bce.

Sono mesi che suggerisco un check-up al Q.E. di cui non si percepiscono implicazioni effettive in termini di crescita economia e di aumento dell’inflazione. Si è proposto che fossero gli uffici della Bce a predisporre le analisi necessarie per una disanima accurata in seno al Consiglio dell’istituzione. Naturalmente, la domanda non è solo quali sono stati gli impatti del Q.E. ma anche quale sarebbe stata l’evoluzione dell’eurozona in mancanza di Q.E.: costruire uno scenario contro-fattuale (di questo si tratta) non è affatto un’operazione semplice.

Occorre dare atto al Governatore della Banca d’Italia di avere preso la palla al balzo. Il 21 ottobre, dalle nove del mattino alle 18:30, si svolge un seminario internazionale (a porte chiuse) proprio per discutere di queste cose. Il numero dei relatori e dei discussants è numeroso.

Dopo i saluti di Luigi Federico Signorini, sarà presentata la teoria e la modellizzazione delle misure monetarie non convenzionali ed i relativi rischi da Roger P. Farmer e Pawel Zabczyk. Successivamente, Lorenzo Burlon, Andrea Gerali, Alessandro Notarpietro e Massimiliano Pisani presenteranno il caso specifico dei politiche monetarie non convenzionali nell’ambito di un’unione monetaria. Lorenzo Burlon, Andrea Gerali, Alessandro Notarpietro, Massimiliano Pisani e Raf Wouters si soffermeranno sull’interazione tra misure monetarie non convenzionali e prezzi degli asset e politiche bancarie prudenziali. Roberto A. De Santis, Fédéric Holm-Hadulla, Boris Hofmann, Marcello Pericoli, Giovanni Veronese e Chiara Scotti discuteranno sugli effetti sui flussi dei titoli di Stato e le “sorprese” che possono comportare su questo tema le misure monetarie non convenzionali.

Altri temi riguardano il rischio ed i mercati finanziari con relazioni ed interventi di Ugo Albertazzi, Bo Becker, Miguel Boucinha, Sohei Kaihatsu, Sara Cecchetti, Marco Taboga, Roberto De Santis, Carlo Altavilla, Fabio Canova, Matteo Ciccarelli, Luica  Sala, Ugo Albertazzi, Andrea Nobili (Bank of Italy), Federico Signoretti e Sandra Eickmeier. Il direttore del servizio studi della Banca d’Italia tirerà la conclusioni.

Questa nota potrebbe sembrare un elenco telefonico ma, per chi appartiene al mondo delle banche centrali, oppure degli studi di politica monetaria, è facile individuare che al seminario sono stati invitati i maggiori esperti del settore dall’Europa, dagli Usa e dall’Asia. Ne uscirà non necessariamente un check up al Q.E., ma un contributo importante alle decisioni che dovrà prendere il Consiglio Bce.

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