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Ecco cosa manca nella Legge di bilancio

Sempre in attesa del testo ufficiale della Legge di Bilancio ci sforziamo di leggere con sincera professionalità i numeri che mano mano vengono sparati sui giornali. Parliamone: il documento previsionale del governo indica numeri non credibili.

Mentre i dati sulla produzione industriale ci dicono che la crescita manifatturiera sarà di mezzo punto e quindi ancora meno sarà quella del pil, tanto che le rilevazioni anticipatrici Ocse indicano un profilo piatto del prodotto lordo a metà anno, il documento governativo mette nero su bianco ipotesi di crescita dell’economia irrealistiche, come abbiamo appunto potuto verificare durante il 2016 che sta per concludersi con almeno 2-3 decimi di punto sotto tutte le previsioni, nazionali e internazionali, con uno scarto in eccesso tra il 25% e il 37%, mentre l’1,3% indicato per il 2017 è poco giudicabile per le troppe variabili che influiscono (l’1,9% previsto dal Def nel 2018 è addirittura un numero al lotto) ma comunque appare anch’esso sovrastimato se confrontato con altre previsioni. Differenze, queste, che ovviamente incidono sul rapporto che misura il pil raffrontato al deficit (2,6%)molto incerto, tanto che l’Fmi dice 2,7% senza aver scontato gli effetti della manovra su cui può aprirsi il contenzioso con l’Ue, soprattutto tenendo conto del promesso taglio delle tasse (si fa per dire) in misura consistente e dei famosi 80 euro a qualche milione di italiani – ma non a tutti quelli indicati, se si considera l’incidenza degli interventi sulle detrazioni – che neppure sappiamo ancora oggi se li hanno spesi e li spenderanno (a beneficio dell’economia) o li risparmieranno (a beneficio loro). Non neghiamo che le varie leggi finanziarie sono documenti politici, usato (da tutti) con logiche politiche. E siccome negli ultimi vent’anni la politica è stata ridotta a mera comunicazione alla fine la manovra è uno strumento di marketing e comunicazione politica.

È stato così sempre. E lo è anche questa volta: si si tratta di una politica “continuista” con quelle precedenti di documenti programmatici e di manovre di bilancio del passato, anche quello dell’anno scorso. Si eviti di far passare per risolutivo ciò che tale proprio non è. Altrimenti, se Renzi avesse voluto mettere in campo un intervento strutturale sul debito usando il patrimonio pubblico e chiedendo a quello privato di concorrere – come gli è stato suggerito, da molti autorevoli economisti e opinionisti, purtroppo tutti fin qui inascoltati – allora come avremmo dovuto definire questa e quella precedente manovra renziana, sovversiva?Riportiamo le cose nei fatti. Renzi mette in campo un intervento che a voler essere positivi è pensato per risollevare il morale alla truppa – e Dio solo sa quanto il Paese abbia bisogno di ritrovare la fiducia e tornare a crederci – e a voler essere malevoli (nel senso andreottiano del termine, si fa peccato ma ci si prende ) è di carattere elettorale. Sia per il merito della manovra (diamo agli italiani che ne hanno più bisogno, togliamo a banche e grandi burocrati, tagliamo sprechi e privilegi), sia per il modo (non strutturale) con cui è costruita, sia per la “narrazione” che la circonda, essa appare – vistosamente, anche – un modo per arginare con ampio uso di anti-politica la forza elettorale di Grillo ed evitare che le elezioni prossime venture, compreso il maledetto referendum, siano la bara della prova di forza renzista.

Comunque vedremo strada facendo cosa ci riserva il futuro che è già domani.Ma una considerazione viene spontanea vedendo Padoan che è non solo incerto e affaticato, ma anche imbarazzato davanti ad una incalzante richiesta di chiarezza: non possiamo accontentarci nel dire che Renzi è il male minore rispetto a Grillo e penta stellati. Perché il male peggiore è una Costituzione violata, Verdini al governo,e un commissariamento della Clinton sull’Italia.

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