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Ecco le vere presenze delle donne nei governi delle città metropolitane

Maria Elena Boschi

La legge del 7 aprile 2014 n. 56 ha approvato in via definitiva l’istituzione delle città metropolitane, ridefinendo il sistema delle province. Il provvedimento ha individuato dieci città metropolitane: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari, Firenze, Bologna, Genova, Venezia, Reggio Calabria. Il territorio delle città metropolitane coincide con quello della provincia omonima. Sono stati previsti procedimenti ordinari per il passaggio di singoli comuni da una provincia limitrofa alla città metropolitana (o viceversa). Altre quattro città metropolitane sono state individuate dalle Regioni a statuto speciale (Cagliari, Catania, Messina, Palermo).

Il 30 settembre 2014 si sono svolte le elezioni del Consiglio metropolitano, indette dai sindaci dei Comuni capoluogo e si è insediato il Consiglio metropolitano e la Conferenza metropolitana. Il 1° gennaio 2015 le Città metropolitane sono subentrate alle province omonime. Daniela Dominici ha analizzato la presenza delle donne nei nuovi Consigli metropolitani che sono stati eletti e la situazione non è delle migliori. A elezioni avvenute infatti questo è il risultato: il consiglio metropolitano di Torino è composto da 6 consigliere su 18 totali. A Bologna 6 consigliere su 18. A Genova ci sono 4 consigliere su 18. A Reggio Calabria e c’è 1 sola consigliera su 18, la vice sindaca di Caulonia Caterina Belcastro. A Bari ci sono solo 2 consigliere su 18. A Venezia ci sono 3 consigliere su 18. A Firenze 5 consigliere su 18. A Milano ci sono 8 consigliere su 24. A Roma ci sono 6 consigliere su 24. A Napoli ci sono 4 consigliere su 24. Il consiglio metropolitano di Cagliari verrà eletto il prossimo 23 ottobre. I consigli metropolitani di Palermo e Catania verranno eletti il prossimo 20 novembre. A Messina non c’è il consiglio, c’è un commissario.

Come è ben evidente la tenacia nel chiedere e ottenere pari opportunità per una democrazia di rappresentanza effettiva nelle sedi istituzionali è per l’ennensima volta fallita. Si evidenzia inoltre che non è stata inserita alcuna norma di garanzia di genere nella disposizione transitoria che prevede la prima elezione del nuovo Senato su liste bloccate e con preferenza unica, in contrasto con quanto impone la riforma costituzionale (Articolo 1, secondo comma) per tutte le leggi elettorali, compresa, quindi, la futura legge elettorale per il nuovo Senato. La prima elezione, che avverrà secondo la disposizione transitoria che prevede la preferenza unica e nessuna norma di garanzia di genere, porterà all’assoluta predominanza di appartenenti al sesso maschile, come nella maggior parte dei consigli regionali e tra i sindaci.

Art 39 Rifoma costituzionale. La prova generale si è consumata con l’elezione di secondo livello da parte dei consiglieri comunali dei Consigli delle Province e delle Città metropolitane. Anche questa elezione è avvenuta senza norme di garanzia di genere, in quanto la legge Delrio le prevede solo per le tornate successive. Le politiche di genere affidate al buon cuore della ministra Boschi peraltro non solo con delega alle Pari Opportunità, ma anche della riforma costituzionale sottoposta a referendum, sono così orfane di una genitorialità negata.

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