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Perché il gasdotto Tap è strategico per l’Italia e l’Europa. Parla Elia

Martedì 4 ottobre si è svolto a Roma l’appuntamento finale dell’edizione 2016 di Orti, l’osservatorio sulle relazioni tra territori e imprese promosso dall’Istituto per la Competitività. Alla giornata conclusiva del tour di quest’anno – che ha fatto tappa anche a Bari, Firenze e Bologna – ha partecipato, tra gli altri, Michele Mario Elia, il country manager per l’Italia di Tap (acronimo di Trans Adriatic Pipeline). Si tratta della società che si sta occupando di realizzare un gasdotto che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia, nella provincia di Lecce, permettendo l’afflusso di gas naturale proveniente dall’area del Mar Caspio (Azerbaigian in particolare) in Italia e in Europa. Ecco a che punto è la definizione del progetto.

L’Unione europea e il Governo italiano puntano molto sulla realizzazione del gasdotto. Perché quest’opera è così strategica per l’approvvigionamento energetico del Vecchio continente, e quali i vantaggi porterà all’Italia?

TAP è la parte terminale di un più grande progetto, davvero strategico per l’Europa: l’apertura del Corridoio meridionale del gas che collegherà il nostro continente immediatamente all’Azerbaigian e ai suoi giacimenti del Mar Caspio, ma più in generale a un’area assai vasta (dal Caspio, appunto all’Iran al Medio Oriente, al Mediterraneo Orientale) che detiene immense riserve di gas naturale. Questo garantirà la diversificazione e quindi la sicurezza delle fonti di approvvigionamento energetico, riducendo la dipendenza attuale da una troppo ristretta rosa di produttori. L’Italia, che sarà la porta d’ingresso di questo gas nel mercato europeo ne guadagnerà in termini geopolitici ma anche in termini economici: più produttori significa più concorrenza, con effetti che potremo vedere in bolletta e anche in termini di diritti di transito da pagare al gestore di rete italiano.

Dopo anni di polemiche il 13 maggio sono iniziati i lavori del gasdotto TAP, le imprese e il sistema produttivo pugliese hanno colto nella realizzazione del gasdotto un’opportunità di sviluppo. Qual è invece il rapporto con le istituzioni locali e regionali pugliesi?

Fin dai nostri primi giorni in Puglia la dialettica intorno al progetto TAP è stata sempre molto vivace ma questo è stato però utile a chiarire e ribadire a tutte le istituzioni interessate non solo i vantaggi e le opportunità legate a TAP, ma anche e soprattutto ad evidenziare il bassissimo impatto ambientale delle nostre opere nel Salento. Come, tra l’altro, dimostrato dai gasdotti esistenti in altre località turistiche dell’Adriatico che continuano ad avere ogni anno il riconoscimento di Bandiera Blu. Sottraendo quest’opera strategica alla dialettica politica, sarà sempre più evidente quanto contrasti e incomprensioni svaniranno; come del resto sta già avvenendo.

Alla fine del 2015 Snam ha rilevato il 20% di TAP diventando così partner industriale del consorzio. Cosa porta in dote il gruppo italiano?

Snam è uno dei principali operatori continentali nel trasporto del gas ed è anche un protagonista significativo della migliore cultura industriale del paese, quella che ha segnato la modernizzazione del sistema economico del paese, in particolare nel campo delle infrastrutture. È ovvio che questo è un grande arricchimento per un’azienda come TAP, che già si giova della presenza nel suo azionariato di grandi player mondiali del settore oil & gas come BP e Socar, di protagonisti del midstream come Fluxys ed Enagas, e di produttori di energia come Axpo.

Quali sono i tre principali ostacoli allo sviluppo e alla crescita del Paese, magari con uno sguardo particolare al Mezzogiorno?

La suddivisione delle competenze tra diversi livelli dell’amministrazione pubblica; di autorità e uffici tecnici crea complessi iter burocratici; l’eccesso di legislazione sul versante giuridico amministrativo, che, differentemente dalle normative tecniche, produce conflitti interpretativi e dispersivi; un approccio alla realizzazione delle opere infrastrutturali che mette l’accento, erroneamente, sull’infrastruttura invece che sul servizio che questa è chiamata a soddisfare. Ne è un esempio l’alta velocità: sarebbe impossibile oggi immaginare un’Italia senza i servizi che la rete ad alta velocità garantisce.


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