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Non solo la finanza pubblica preoccupa Bruxelles

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Al momento in cui viene redatta questa nota, non si sa se lo “stampato Atti Camera” contenente il disegno di legge di bilancio 2017 ha raggiunto gli uffici preposti di Montecitorio al fine d’iniziare l’iter parlamentare (che si accavalla con quello del referendum costituzionale). E’ arrivata, invece, la lettera con le prime considerazioni della Commissione europea sulla bozza di documenti inviati alle autorità comunitarie. E’ noto che le considerazioni riguardano essenzialmente la finanza pubblica, ossia l’indebitamento netto della pubblica amministrazione (ossia il deficit di bilancio) e il rapporto tra debito e Pil.

Tuttavia, a Rue de la Loi di Bruxelles, dove hanno sede gran parte degli uffici della Commissione, si spiffera che altri guai si presenterebbero per l’Italia. Non ora, ma dopo l’approvazione della Legge di bilancio e studio attento degli articoli che riguarderanno gli incentivi alle imprese. E’ anche possibile che, tramite una buona dose di moral suasion, i singoli articoli vengano redatti in modo da superare gli ostacoli. Non necessariamente adesso, ma durante l’iter di approvazione del provvedimento, tramite emendamenti o da gruppi di parlamentare o da parte dello stesso Governo che allora sarà in carica.

Di cosa si tratta? Del sospetto che dietro (o dentro) le misure per la crescita si annidino aiuti di Stato, spesso celati sotto Tax expenditures all’apparenza automatiche e non discriminatorie. Ma, si dice a Bruxelles, le apparenze spesso ingannano: basta guardare all’elusione tributaria che ha caratterizzato la vita professionale del candidato repubblicano Donald Trump.

La Legge di bilancio 2017 ha stanziato 26,5 miliardi di euro e, tra questi, una buona parte è destinata proprio alle imprese. Il piano che il governo Renzi ha inserito nella manovra finanziaria comprende nuove agevolazioni e, nello specifico, la detassazione per le imprese che aderiranno ai piani individuali di risparmio e detrazioni fino al 30 per cento per chi investe in start up. Gli interventi a favore delle start up prevedono che le aziende sponsor, ovvero imprese quotate che decideranno finanziare le nuove attività, potranno usufruire di detrazioni fiscali al 30 per cento (invece del 19 per cento ora in vigore) su investimenti fino a 1 milione di euro. La detrazione fiscale al 30 per cento per chi investe in start up si aggiunge ad altre misure previste per agevolare le nuove imprese: tra le altre, il superammortamento sugli investimenti in beni strumentali anche per 2017/2019. La possibilità di cedere le perdite costituisce una deroga al consolidato fiscale nazionale e le aziende sponsor potranno detrarre la perdita con lo sgravio al 30 per cento sugli investimenti.

E’ questa deroga uno dei punti che stanno facendo arricciare il naso; si potrebbe ipotizzare una start up di comodo, un nuovo ramo di impresa, progettato come tale che fruirebbe di tre anni di incentivi, potenzialmente falsando la concorrenza nazionale e, dunque, europea. Inoltre verrebbero mobilitati 0,45 miliardi di euro a favore di start up innovative; ciò mobiliterebbe di mobilitare ulteriori 2,6 miliardi di risorse private. Il libro recente di Salvatore Zecchini (La politica italiana per l’innovazione, Biblioteca di ImpresaLavoro) solleva numerosi dubbi sull’uso (in passato anche recente) degli incentivi all’innovazione.

Più semplice il percorso dei piani individuali di risparmio o Pir che puntano a slegare gli investitori dai finanziamenti bancari e premieranno chi investirà il proprio capitale con la detassazione degli interessi per medio e lungo periodo. Le imprese che aderiranno ai piani individuali di risparmio potranno godere di agevolazioni tributarie in materia d’interessi maturati sui piani di risparmio individuali. La misura, se approvata, inserirebbe alcuni limiti per quel che riguarda il periodo d’investimento: non oltre i 150 mila euro e per almeno tre anni per godere della detassazione da interessi maturati per gli investimenti privati; per i piani individuali di risparmio di durata inferiore ai tre anni sarà applicata la normale tassazione sui guadagni in conto capitale, i capital gain, del 26 per cento. In effetti, agevolazioni analoghe (ma non identiche) sono in vigore in altri Stati dell’Unione europea.

Non è, quindi, detto che con qualche ritocco agli articoli relativi alla finanza pubblica si risolvano una volta per tutte i problemi della legge di bilancio con le autorità europee. Altri ne potranno sorgere, a legge approvata, in primavera prossima, nei capitoli di politica industriale.



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