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Perché la Francia non può festeggiare troppo per il Pil

La crescita francese è stata dello 0,2 per cento nel terzo trimestre, secondo le stime pubblicate questa mattina dall’Insee. E’ un dato che si presta a molteplici interpretazioni. Da un lato è migliore di quello del secondo trimestre (-0.1 per cento) ed è anche superiore a quanto lasciavano presagire le indagini sul sentimento degli imprenditori, dall’altro il risultato acquisito nei primi nove mesi dell’anno è insufficiente per raggiungere l’obiettivo di crescita fissato dal governo (+1,5 per cento).

LE TENDENZE NEGATIVE

Entrando nel dettaglio, la domanda interna dà segnali di debolezza: stagnazione dei consumi delle famiglie e diminuzione degli investimenti delle imprese, peraltro compensata da quelli delle costruzioni e delle famiglie. Il peggioramento del deficit commerciale si spiega invece con la forte ripresa (in valore) delle importazioni di prodotti energetici, mentre le esportazioni sono cresciute a un ritmo più moderato. Il sostegno più intenso viene dalla variazione degli stock, soprattutto mezzi di trasporto, idrocarburi e macchinari.

LO SCENARIO

I risultati odierni confermano che la Francia, pur con i suoi problemi strutturali e in un anno di attentati e conflitti sociali che hanno allontanato molti turisti, resta un’economia dinamica. È ormai da quasi due anni che la crescita è incoraggiante e che, sia pur lentamente, la disoccupazione diminuisce. Se nel quarto trimestre la crescita fosse nulla, il consuntivo del 2016 sarebbe +1,1 per cento: che sicuramente sarà superato e che comunque è superiore al risultato italiano.

Il Pil e i suoi componenti (variazioni trimestrali)

 

Tabella pil Francia

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