Ciò che potrebbe rendere in futuro più complessa la trattativa con le autorità europee è non tanto l’andamento del deficit quanto l’evoluzione del rapporto debito/Pil. È su questa variabile che difatti appare probabile la deviazione più significativa rispetto agli obiettivi del Governo.
Nel Dpb si indica un rapporto debito/Pil che si contrae dal 2018 passando in due anni dal 132.6 del 2017 al 126.7 per cento del Pil nel 2019. Si tratta di una contrazione vistosa, che riflette nello scenario del Dpb l’ipotesi di una stretta fiscale che arriva a sfiorare il pareggio di bilancio nel 2019.
Inoltre, la manovra incorporata nelle ipotesi del Governo ha caratteristiche peculiari. Dal 2018 la riduzione del deficit riflette un vistoso aumento della fiscalità indiretta, attraverso la probabile introduzione di una nuova clausola di salvaguardia (al momento in cui si scrive il testo del Ddl bilancio non è ancora disponibile, dunque alcuni dettagli della manovra devono essere desunti dalle indicazioni a volte generiche del Dpb). Da questa ipotesi sulla politica fiscale discende quindi anche un aumento dell’inflazione (la crescita del deflatore del Pil si porta difatti poco sotto il 2 per cento tanto nel 2018 quanto nel 2019) e una dinamica del Pil nominale che arriva al 3 per cento.
Questo comporta che se si ipotizza invece una politica di bilancio diversa, escludendo le clausole, l’impatto sul rapporto debito Pil è rilevante in quanto all’effetto del deficit più alto si aggiunge quello dell’inflazione più bassa e quindi del più basso livello del Pil nominale. Per illustrare in maniera semplice quali possano essere le traiettorie alternative, nel grafico si confronta l’andamento del rapporto debito/Pil indicato nel Dpb con uno scenario alternativo, ipotesi “base”, in cui il deficit è più alto (2.7, 2.3, 1.8 nei tre anni) e la crescita del Pil nominale è del 2 per cento all’anno.
Vi è poi un terzo scenario, scenario “alto”, che di fatto estrapola le tendenze più recenti incorporando una certa cautela sulla crescita, per cui il deficit resta al 2.7 per cento del Pil fino al 2019 e la variazione del Pil nominale è pari all’1.2 per cento all’anno. Questo terzo scenario, pur incorporando ipotesi non favorevoli, non deve essere considerato “pessimista” in quanto assume una sostanziale continuità nelle tendenze dell’economia e nelle scelte della politica di bilancio con il recente passato.
Naturalmente l’andamento del rapporto debito-Pil nei tre scenari è un esito scontato, date le ipotesi di partenza. Il significato di questo esercizio è però rilevante, in quanto suggerisce che l’ipotesi di una revisione costante degli obiettivi della nostra politica di bilancio nei prossimi anni non potrà non confrontarsi con le tendenze del debito. La presumibile mancata discesa del rapporto debito-Pil potrebbe diventare il reale punto di scontro con le autorità europee.