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Che cosa combinano Hillary Clinton e Donald Trump

Lo scetticismo s’infiltra nel campo dei repubblicani, mentre i sondaggi confermano, l’uno dopo l’altro, il vantaggio di Hillary Clinton su Donald Trump: 12 punti, un abisso, secondo la Abc, 50 per cento contro 38 per cento (e se si guarda alle donne il gap s’allarga, 55 per cento a 35 per cento). La campagna del magnate, che gioca la carta, un po’ logora, del “contratto con l’America”, riconosce: “Siamo indietro”; e quasi mette le mani avanti, elencando i vantaggi di cui gode l’ex first lady.

Ma Karl Rove, lo stratega delle vittorie di George W. Bush nel 2000 e 2004, non crede che Trump possa farcela. Kellyane Conway, portavoce della campagna del magnate, cerca di mostrare fiducia: “Quando facciamo i comizi e vediamo la gente, l’impressione è che non è finita”, nonostante Hillary abbia fondi da investire in pubblicità (66 milioni a settembre), “un marito ex presidente e l’appoggio dell’attuale presidente e della first lady, tutti molto più popolari di quanto lei possa mai sperare di essere”.

Per quel che conta, il presidente del comitato nazionale repubblicano Reince Priebus, che ha fatto l’elastico da luglio in poi, sostenendo Trump, ma prendendone le distanze quando le sparava grosse, invita i conservatori a votarlo e smorza la minaccia di non accettare l’esito del voto: “Donald si riferiva al caso di uno scarto minimo”.

Stando così le cose, lo scarto, specie in termini di Grandi Elettori, rischia di essere largo, specie se la Clinton dovesse aggiudicarsi Stati in bilico come la Florida, dove, secondo la Cbs, è avanti (ma solo di tre punti). Trump, invece, guida in Texas, pure di tre punti (ma perdere in Texas sarebbe un segnale di tracollo per i repubblicani).

UN “CONTRATTO CON L’AMERICA” PER 100 GIORNI

Nel suo “contratto con l’America” per i primi 100 giorni alla Casa Bianca, presentato a Gettysburg, in Virginia, dove si svolse una battaglia cruciale della Guerra civile, Donald Trump s’impegna a eliminare la corruzione da Washington, a tenere a bada la Cina, a rinegoziare gli accordi commerciali degli Stati Uniti, a limitare i termini dei membri del Congresso con un emendamento costituzionale.

Inoltre, in economia il magnate intende rilanciare la crescita e difendere il lavoro: ”Con il mio piano cresceremo del 4 per cento”, afferma, promettendo di tagliare le tasse, soprattutto della classe media, porre fine agli abusi commerciali e dare il via libera all’oleodotto Keystone – bloccato da Obama – .

Il commento di Hillary Clinton è una stroncatura: “La rabbia non è un piano”. E la sua campagna definisce il programma del candidato repubblicano “incoerente e pieno di teorie di cospirazione e d’attacchi ai media, ma senza risposte per le famiglie”.

UN GIORNALE (DI LAS VEGAS) GIOCA SUL MAGNATE

In questo clima, ecco un quotidiano – e sono pochi – che scommette su Trump: è il Las Vegas Review Journal, che sostiene il magnate perché ”capisce quali sono le condizioni per la crescita e per la creazione di posti di lavoro. Da presidente, sarebbe amico delle piccole imprese e favorirebbe l’imprenditoria”, afferma il comitato editoriale del giornale, acquistato l’anno scorso dal miliardario dei casinò Sheldon Adelson, repubblicano.

Ma la Clinton, che ha con sé tutti i maggiori media tradizionali, anche alcuni che non s’erano mai schierati o che lo avevano sempre fatto per i repubblicani, dice di volersi concentrare sulle cosa da fare senza stare a rispondere al suo rvale: “In questi ultimi giorni metteremo in evidenza l’importanza di eleggere un democratico – spiega Hillary– : Donald può dire quello che vuole, correre la campagna che vuole, andare a Gettysburg e dire che farà causa a tutte le donne che l’hanno accusato. Io continuerò a parlare di quello che vogliamo fare”.

ANCORA LA RUSSIA DI MEZZO 

Per la serie “piove sul bagnato”, il New York Post, che pure tifa Trump, tira fuori la storia che due ex collaboratori del magnate, Paul Manafort e Rick Gates, avevano rapporti finanziari con una società americana che ha cercato di ottenere dalle autorità russe una commessa in un’attività tesa a spiare i propri cittadini. Secondo le fonti del giornale, la società EyeLock, la cui tecnologia si basa sulla lettura dell’iride, si proponeva di contribuire ad utilizzarla nella metropolitana di Mosca e altrove in Russia per rintracciare ricercati. La vicenda ovviamente rilancia gli interrogativi su legami e conflitti di interesse fra Trump, o almeno suoi collaboratori, e il presidente russo Vladimir Putin. Manafort era già stato associato in passato ad attività filo-russe, specie in Ucraina.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)



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