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Tra Hillary e Trump la partita resta aperta

Hillary Clinton ha già ripreso la campagna, dalla Florida, con l’aiuto di Al Gore, che in quello Stato non è proprio una garanzia. L’ex first lady riparte forte del successo nel secondo dibattito televisivo con il suo rivale Donald Trump decretatole dai sondaggi: secondo la Cnn, 57 per cento a 34 per cento. Le danno morale anche i rilevamenti fatti prima del confronto, ma dopo la diffusione dei commenti sessisti del candidato repubblicano: secondo Wsj/Nbc,  è avanti 11 punti, 46 per cento a 35 per cento, con il libertario Gary Johnson al 9 per cento e la verde Jill Stein al 2 per cento. Se poi il confronto si riduce a un testa a testa, Hillary amplia il vantaggio a 14 punti, 52 per cento a 38 per cento.

Trump, però, la cui candidatura appariva traballante, sopravvive al secondo dibattito. La Clinton non trova, e neppure cerca, il colpo del KO: forse, le sta bene un avversario malridotto, che si trascini ferito fino all’Election Day, l’8 Novembre. L’appuntamento per il terzo e ultimo dibattito è all’Università del Nevada di Las Vegas il 19 ottobre.

L’audience del secondo è stata molto alta: quasi 66 milioni di persone, secondo la Nielsen, meno degli oltre 80 milioni del primo confronto, ma sempre eccezionale. Twitter batte tutti i suoi record, con oltre 17 milioni di cinguettii. Nello spazio del dibattito, Hillary guadagna 25mila followers, Trump 16mila. Ma gli hashtag più utilizzati sono quelli che riguardano il magnate: al primo posto, il plateale disaccordo sulla Siria tra il candidato e il suo vice Mike Pence.

A caldo, c’è chi attribuisce a Pence propositi di abbandono del ticket. Ma il governatore dell’Indiana si allinea al suo boss, nonostante la bacchettata sulle dita. E i fedelissimi di Trump, adesso, vanno a caccia dei voltagabbana, i tanti che lo avevano già scaricato come se fosse “morto”.

“Il partito repubblicano resta con Donald Trump”, fa sapere il presidente del comitato nazionale Reince Priebus, dopo un giro di telefonate: ”Nulla è cambiato in termini d’appoggio al candidato”. Priebus definisce le scuse di Trump sul video sessista ”sincere” e ritiene che il dibattito abbia chiuso il problema. Ma l’unità è di facciata e le riserve dei conservatori moderati restano.

Del resto, cambiare cavallo a questo punto della campagna elettorale sarebbe difficilissimo, ammesso – e non succederà – che Trump si ritiri. Lo spiega lo stratega repubblicano Karl Rove, artefice delle vittorie di Bush nel 2000e 2004: “E’ praticamente impossibile sostituire un candidato ad agosto, figuriamoci ad ottobre”. Bisogna convocare un comitato di 160 membri della Convention e selezionare il nuovo ‘campione’; e non si saprebbe come gestire i voti per corrispondenza già depositati – sarebbero quasi mezzo milione e aumentano ogni giorno – .

Sintomatico l’atteggiamento dello speaker della Camera Paul Ryan, che non ritira l’endorsement a Trump, ma non lo difende. E’ quanto emerge – secondo alcuni media come Politico e The Hill – da una riunione a porte chiuse tra Ryan e i deputati repubblicani. Lo speaker riconosce la necessità di fare tutto quanto necessario per conquistare la Casa Bianca, ma è soprattutto concentrato sull’obiettivo di conservare la maggioranza alla Camera e non intende fare campagna per Trump.

Pronta la reazione del candidato affidata a Twitter: “Ryan dovrebbe passare più tempo ad occuparsi di bilancio, d’occupazione, d’immigrazione illegale e non sprecarlo a combattermi”.

A margine del dibattito, retroscena e spigolature. Trump voleva che le quattro donne presentatesi con lui a St,Louis e uscite dal passato dei Clinton fossero collocate in prima fila, accanto a Bill. Ma la commissione che organizza i dibattiti le ha invece spedite in tribuna.

Molta attenzione mediatica, infine, per la camicetta di Melania, la moglie di Donald: è fucsia e ha su scritto Pussy Blow, Fuoco alla Miccia – ma il doppio senso sessuale non può sfuggire – . Lei dirà poi che non era intenzionale, ma nessuno le crede.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)


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