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Igor Dodon, chi è il presidente filo-Russia che ha vinto le presidenziali in Moldavia

Alle elezioni presidenziali in Moldavia che si sono tenute domenica 30 ottobre, Igor Dodon, leader del partito socialista e candidato filo-russo, a scrutini quasi completati, ha ottenuto il 48,23 per cento dei voti, a un passo dalla vittoria secca al primo turno. Maia Sandu, che già aveva raccolto il sostegno di molti candidati del campo pro-europeo, ha ottenuto il 38,42 per cento. La percentuale dei votanti è relativamente bassa, al 49,17 per cento.
Messa così, è una vittoria del campo pro-russo, con una possibile conferma anche al secondo turno, previsto per il 13 novembre, pochi giorni dopo le elezioni statunitensi.

LO SCHEMA FILO-RUSSO

Igor Dodon non ha cercato il sostegno diretto di Putin, com’era avvenuto nelle elezioni precedenti, non è stato troppo duro con l’Accordo di associazione con l’Unione europea e si è presentato con un messaggio patriottico, anti-governativo e anti-establishment. Pur di chiara ispirazione filo-russa, ha giocato il tema dell’unità, sia nei confronti della Transnistria – con cui costruire una federazione moldava – sia nei confronti della troppo occidentale Romania, mostrandosi ostile sia alla riunificazione sia all’attuale collaborazione. Al suo fianco, ha ottenuto il 6,03 per cento dei voti un secondo candidato filo-russo, Dumitru Ciubaşenko, del nuovo partito più radicale di Renato Usaţii (Partidul Nostru), nato nel quadro del processo di destabilizzazione realizzato tra il 2014 e il 2015. Mettendoli insieme, la vittoria al secondo turno di Igor Dodon appare scontata.

LO SCHEMA FILO-EUROPEO

La campagna si è svolta non già sul tema geopolitico dell’avvicinamento all’Europa, ma in prevalenza sui temi della corruzione, dell’anti-establishment, della necessità di cambiamento. Per questa ragione, il numero dei votanti, in particolare giovani, è stato basso, probabilmente nel campo pro-europeo. Maia Sandu ha manifestato distanza dagli oligarchi, insistito sul tema del contrasto alla corruzione e si è presentata con una sua forza politica nata a fine del 2015, il “Partito d’azione e solidarietà” (Partidul Acțiune și Solidaritate). Intorno a lei si sono raccolti i voti sia di un movimento popolare anti-corruzione, “Dignità e Verità” (Demnitate şi Adevăr), sia dei tradizionali partiti pro-europei, che presentano però una serie di leader d’immagine governativa se non oligarchica. A fianco di Maia Sandu si trovano inoltre Iurie Leancă, che ha ottenuto il 3,68 per cento dei voti, e altri cinque candidati variamente pro-europei, che hanno insieme hanno il 4,2 per cento dei voti. Tra l’altro, i voti dei moldavi anche temporaneamente in Italia (la cosiddetta “diaspora”) sono stati diretti in gran parte a Maia Sandu.

GLI SCENARI

Se dall’interno è percepita come un evento nazionale, dall’esterno l’elezione è terreno di confronto est-ovest. La coalizione intorno a Maia Sandu si è creata con l’attivo sostegno del Partito popolare europeo e del suo presidente Joseph Daul; un po’ di strategia e d’immagine è venuta anche da Vladimir Plahotniuc, in qualche modo “accettato” da parte occidentale, proprietario di tre televisioni, da cui la Sandu ha però preso le distanze. Gli appoggi a Igor Dodon sono chiaramente filo-russi, sia per l’aderenza ai temi di programma sia per l’affiancamento con il partito di Renato Usatii. Il voto al primo turno presenta inoltre forti differenze territoriali che corrispondono sia alle influenze dirette dei leader sia alla distribuzione sociale della popolazione, con una vittoria della Sandu nella capitale Chisinau (48,6 per cento contro 42 per cento) e una sconfitta a Balţi, dove i due candidati filo-russi hanno raggiunto il 78,6%.
Il campo pro-europeo ora in difficoltà dovrà dunque mostrare sia una forte capacità di mobilitazione al secondo turno, e in particolare tra i giovani, sia una supplementare capacità di argomentazione sul tema della rabbia e del rinnovamento. Il campo filo-russo invece ha buon gioco nell’indicazione di voto che verrà dal più radicale filo-russo Dumitru Ciubaşenko, ma che rischia di far emergere la questione geopolitica Russia/Europa come prioritaria rispetto a quella del rinnovamento interno e della protesta.

(con la collaborazione di Anastasia Costișanu da Chişinau)


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