Un elemento di interesse in relazione alle caratteristiche della politica fiscale delineata dai provvedimenti della Legge di bilancio è che, nonostante la significativa revisione degli obiettivi, l’entità dell’espansione fiscale è, come abbiamo visto, non eccezionale. L’impulso fiscale, definito in base alla variazione del saldo strutturale, nel 2017 sarebbe di poco superiore a mezzo punto di Pil, sufficiente a sostenere la domanda, regalandoci qualche decimo in più di crescita, ma non molto di più.
È anche vero che la politica fiscale del 2017 era segnata, come ricordato, da obiettivi inizialmente ambiziosi che avrebbero comportato una politica di segno restrittivo, quindi difficilmente la trattativa con le autorità europee avrebbe potuto condurci a registrare addirittura una politica molto espansiva.
Su questo aspetto va rammentato che la Legge di bilancio conduce il deficit programmatico al 2.3 per cento a partire dal un deficit tendenziale a legislazione vigente (cioè al netto della manovra stessa) pari all’1.6 per cento del Pil. Allo stesso modo anche il saldo primario peggiora di sette decimi, passando da un tendenziale in avanzo del 2.1 per cento a un programmatico di 1.4 punti di Pil. Inoltre, proprio perché la definizione degli obiettivi è vincolata all’approvazione delle autorità europee, non è detto che la politica di bilancio descritta nei documenti del Governo corrisponda in maniera puntuale alla politica che verrà poi effettivamente attuata.
E’ ciò che riteniamo possa accadere per il 2017, quando con buona probabilità il deficit pubblico risulterà superiore agli obiettivi dichiarati e questo si tradurrà evidentemente in un impulso fiscale leggermente superiore rispetto alle stime del Documento programmatico di bilancio (Dpb). Rinviando all’ultimo numero di Congiuntura Ref. per un’analisi del tema, uno dei problemi del 2017 è che anche sul rispetto dei nuovi obiettivi vi sono margini di incertezza.
Nelle stime del Governo il deficit si porta al 2.3 per cento, ma valutazioni più prudenti del tendenziale e delle coperture, conducono a stimare che il deficit potrebbe superare la soglia del 2.5 fino a sfiorare il 3 per cento. Contribuiscono ad aumentare l’aleatorietà della stima sul saldo anche le caratteristiche di alcune delle misure di copertura introdotte nella manovra, soprattutto in termini di riduzione ulteriore della spesa. Vi è infine da segnalare anche il rischio che alcune misure, come la ripetizione della voluntary disclosure e l’abolizione di Equitalia, possano trasmettere un messaggio di minore rigore, traducendosi di fatto in un peggioramento della tax compliance.
In queste condizioni, si può affermare da una parte che l’intonazione più espansiva della politica di bilancio appare opportuna, e che proprio il peggioramento del saldo obiettivo e il conseguente aumento dell’impulso fi scale potrebbero portare la crescita in prossimità del valore indicato dal Governo, pari all’1 per cento. D’altro canto, l’impianto della nostra politica di bilancio resta legato a un costante bargain con le autorità europee, con evidenti limiti nella definizione di una strategia di medio termine. I rischi di una inversione verso una politica restrittiva dal 2018 non sono quindi del tutto scongiurati.