Occupa due pagine intere dell’edizione tradizionale, cartacea, del New York Times la lista completa di tutte le persone, i luoghi e le cose che Donald Trump ha insultato via Twitter nella sua campagna per la Casa Bianca: il giornale, che tiene costantemente aggiornato l’elenco online, pubblica i link dei tweet originali.
L’elenco risulta visivamente più impressionante sciorinato su carta che scorso online. La mappa delle vittime degli attacchi del candidato repubblicano, i cui tweet all’alba sono i più micidiali, va dalla rivale democratica Hillary Clinton (la più colpita) agli avversari nelle primarie, dai giornalisti a numerose testate, da alcune intere categorie (donne, messicani, islamici, handicappati) ad artisti e uomini di cultura, da Paesi e città a opere artistiche, come una canzone di Neil Young.
E mentre i sondaggi confermano, pur con qualche contraddizione interna, il vantaggio della Clinton a due settimane dall’Election Day, Trump, proprio per “bypassare” i media tradizionali, che ritiene scorretti e pregiudizialmente critici nei suoi confronti, lancia un programma serale su Facebook Live, che andrà avanti fino all’8 Novembre, puntando a sfruttare il suo largo seguito sui social.
Lo show, della durata di mezzora, sarà diffuso dalla Trump Tower dalle 18.30 alle 19.00, quando, cioè, il magnate inizia i suoi comizi. Lo showman sostiene che grandi media, istituti di sondaggio e partito democratico sono fra di loro collusi. Il settimanale New Yorker è fra gli ultimi a dichiararsi pro-Hillary (“Farà la storia”), ma non c’erano dubbi su con chi stesse. E mentre Trump usa Facebook, il co-fondatore del social Dustin Moskovitz dona 35 milioni di dollari alla sua rivale.
Secondo la media dei sondaggi più rigorosi tenuta dalla Cnn, Hillary è nove punti avanti a Donald (48 a 39 per cento), con il candidato libertario Gary Johnson al 6 per cento e la verde Jill Stein al 2 per cento. Invece, nel rilevamento condotto in prima battuta dalla Cnn, la Clinton ha solo cinque punti su Trump, 49 a 44 per cento, con Johnson al 3 per cento e la Stein al 2 per cento.
OBAMA, VINCERE ALLA GRANDE. TRUMP, PIÙ FORTI DELLA BREXIT
Negli ultimi giorni, il contraltare alle sortite del candidato repubblicano è venuto, più che dalla rivale democratica, dal presidente Barack Obama, protagonista in prima persona nella campagna elettorale, in attesa del duetto, giovedì, fra Hillary e la first lady Michelle, per la prima volta insieme sullo stesso palco.
Un tema costante di Obama è che l’America “non può permettersi” un Trump alla Casa Bianca; e una nota ironica è che Trump e il presidente russo Vladimir Putin hanno “love story”, “una storia d’amore”.
Il magnate posta su Facebook citando Abramo Lincoln: “Questo è un movimento storico. Insieme, noi ancora una volta faremo un governo con il popolo, per il popolo e del popolo. Aiutateci a chiudere con forza ed a vincere”; e mette un link per la raccolta di fondi. Parlando a St.Augustine, in Florida, uno degli Stati più incerti, dice: “Quando vinceremo, il vostro voto si farà sentire nei corridoi di Washington e nel mondo intero. Quello che sta succedendo è più forte della Brexit”.
L’eco di Obama alle parole di Trump viene dalla California, dove il presidente parlava a donatori della campagna democratica: ”Non ci basta che Hillary vinca, vogliamo che vinca alla grande, per mandare un chiaro messaggio su che popolo siamo”: ”Non ci accontentiamo di farcela per il rotto della cuffia, particolarmente quando l’altro tizio – Donald Trump, ndr – ha già iniziato a fare la lagna sul fatto che la partita sia stata truccata”. Una vittoria a valanga dimostrerebbe che gli americani ripudiano le idee di Trump di odio e di divisione.