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Carige, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ecco chi aumenta (e chi no) la raccolta diretta

Carlo Messina intesa sanpaolo

Solo tre banche nei primi sei mesi dell’anno hanno aumentato la raccolta diretta. E’ quello che emerge da un report riservato di una società di consulenza strategica che lavora anche nel settore creditizio. Il report è al vaglio dei vertici delle maggiori banche e delle istituzioni finanziaria.

I DATI SULLA RACCOLTA

“Raccolta diretta da clientela: debole la crescita della raccolta diretta negli ultimi 12 mesi (+0,9%), trainata solamente da 3 gruppi (Credem, Intesa Sanpoaolo e Unicredit)”. Così si legge nel report di una primaria società di consulenza che ha fatto il punto sui primi 6 mesi dell’anno. Nei restanti casi il calo dei titoli in circolazione e passività al fair value (-9% per l’aggregato negli ultimi 12 mesi), che è in atto ormai da diversi semestri e che in quest’ultimo anno ha interessato tutti i gruppi del campione (ad eccezione di BP Sondrio e Credem), non è stato del tutto compensato dalla crescita dei debiti a breve termine (+5,3% per l’aggregato negli ultimi 12 mesi).

CHI HA SUBITO LE MAGGIORI CONTRAZIONI

La contrazione del 4,1% dei gruppi medi è stata in larga parte influenzata dal dato di BP Vicenza (-27,6%) che ha risentito degli impatti reputazionali anche sui conti correnti e depositi. Escludendo BP Vicenza, la variazione dei gruppi medi negli ultimi 12 mesi sarebbe stata più contenuta e pari a -0,9%. contrazioni rilevanti, dovute sia al calo dei titoli che dei debiti a breve, sono state registrate negli ultimi 12 mesi anche da MPS (-11,2%) e Carige (-10,8%).

REDDITIVITÀ

Le analisi dei ricercatori della società di consulenza strategica sono state effettuate su un campione di 12 banche vigilate dalla Bce più il Credito Valtellinese. Dal rapporto riservato si rileva che “la redditività del patrimonio netto nel primo semestre 2016 è positiva (0,8%) ma in riduzione rispetto al primo semestre dell’esercizio precedente. L’utile netto aggregato dei 13 gruppi è stato pari a 1,3 miliardi di euro in calo rispetto ai primi sei mesi del 2015 (2,9 miliardi), anche a seguito della contabilizzazione da parte di alcuni gruppi, di poste negative non ricorrenti”.

COSTI

“Nell’ambito della gestione ordinaria – secondo il centro studi – hanno influito il calo del margine d’intermediazione (-4,4% aggregato), frutto della riduzione di tutte le sue principali fonti (margine di interesse, commissioni nette, e risultato della negoziazione); l’incremento dei costi operativi, in parte attribuibile ai contributi versati al Fondo di risoluzione nazionale, al Fondo interbancario di tutela dei depositi, e al canone Dta; l’incremento delle rettifiche nette sui crediti condizionato da livelli eccezionalmente elevati di alcuni operatori”.

MARGINI

“Anche i gruppi dei principali Paesi Eu – fanno notare gli esperti – hanno ridotto il margine d’intermediazione, generalmente per la flessione dei ricavi da trading. Solo in Germania la riduzione dei ricavi è stata parzialmente bilanciata da una contrazione dei costi operativi. Solo in Francia l’utile semestrale è migliorato rispetto al primo semestre 2015 grazie alla gestione non ricorrente”.

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