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La Cina pensa al Pil e trascura il debito

Pil

In un contesto di incertezza globale, la strategia di Pechino privilegia il mantenimento della crescita rispetto alla riduzione del debito.

6,7% di crescita è ciò di cui c’è bisogno per raggiungere l’obiettivo di fine anno (tra 6,5% e 7%), ma non è scevro da preoccupazioni il modo: grazie alla spesa pubblica in infrastrutture, al credito bancario e a un mercato immobiliare che rimane caldissimo. Senza considerare che le statistiche ufficiali sono spesso troppo perfette per essere affidabili: la crescita è costante dall’inizio dell’anno anche se le nubi all’orizzonte sono diventate più cupe.

Secondo i dati pubblicati mercoledì, investimenti privati ed export rimangono invece deboli. Ribilanciare le fonti della crescita è il principale obiettivo del Piano Quinquennale, ed effettivamente il contributo dei consumi alla crescita è stato pari a 71% nei primi nove mesi dell’anno, rispetto a 66% nel 2015.

Ma l’importante è che ciò avvenga grazie a riforme strutturali, non per motivi congiunturali, come la contrazione del saldo commerciale. Il rischio è che di fronte al rischio di una brusca decelerazione, magari propagato dal settore delle costruzioni al resto dell’economia, la leadership politica abbandoni il cammino delle riforme, l’unico in grado di garantire una crescita sostenibile nel medio periodo.

La criticità fondamentale rimane l’indebitamento, ormai arrivato al 250% del Pil. I mutui sono la componente più dinamica della domanda di credito e l’esperienza di tanti paesi negli ultimi anni mette in guardia, tanto più che in Cina le banche sono pubbliche e si troverebbero in grande difficoltà nell’esigere il rientro rapido della loro esposizione verso immobiliaristi e famiglie.



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