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Perché Mike Pence si smarca da Donald Trump

Mentre Hillary Clinton chiama a raccolta l’elettorato femminile contro Donald Trump (“Le donne hanno il potere di fermarlo”, scrive su Twitter, riprendendo stralci del video in cui il magnate usa frasi sessiste), il candidato repubblicano cerca di stroncare la marea che monta di voci e pressioni per un suo ritiro: “Le possibilità che io molli sono pari a zero”, è categorico in un tweet; e, ancora, “il sostegno verso di me è incredibile”, dice, mentre “i media e l’establishment mi vogliono fuori dalla corsa. Ma io non lascerò mai la corsa e non lascerò mai i miei sostenitori” – tutto maiuscolo – .

Lo showman, ieri, è anche sceso in strada, davanti alla Trump Tower, sulla Quinta Strada, a salutare i suoi fan, in una pausa della preparazione del dibattito televisivo di questa sera con Hillary. Ci sono stati momenti di caos: circondato da un cordone di agenti della polizia, Trump, alla sua prima sortita pubblica dopo la pubblicazione del video, ha salutato la piccola folla, decine di persone e curiosi. Ci sono stati cori di sostenitori, ma anche fischi di contestatori. Dopo pochi minuti, Trump è rientrato nella lobby del suo palazzo.

In un’intervista al Wall Street Journal, Trump insiste che non abbandonerà mai la corsa, come pure molti gli chiedono di fare nel partito repubblicano: “Non mi ritererò mai – afferma Trump – , non mi sono mai ritirato nella mia vita … La gente mi sta chiamando e mi dice di non pensare a niente altro che andare avanti”, prosegue, ripetendo che chi gli chiede di farsi da parte “non ha idea del sostegno che ho da parte della gente”.

Certo, lo stesso sostegno non ha nel partito repubblicano. A cominciare dal suo vice Mike Pence, che non va a sostituirlo a un evento in Wisconsin, dove doveva esserci lo speaker della Camera, Paul Ryan, che ha pure dato forfait. Il governatore dell’Indiana viene descritto dai giornalisti che lo seguono come fuori di sé dalla rabbia; e anche la moglie Karen sarebbe furiosa.

Dopo ore di silenzio, Pence pubblica una dichiarazione dura, ma non di rottura: “Non posso tollerare o giustificare le parole di Donald Trump sulle donne e non posso difenderlo […] Come marito e come padre mi sento offeso dalle sue parole e dalle sue azioni”. Ma il candidato vice, poi, sottolinea come sia stato positivo che il magnate abbia chiesto scusa al popolo americano: “Prego per la sua famiglia e per l’opportunità che nel secondo dibattito avrà di mostrare davanti al Paese cosa c’è realmente nel suo cuore”.

Lo stesso schema – condanna, dissociazione, ma anche superamento dello scandalo – della reazione della moglie di Trump, Melania: “Le parole di mio marito sono inaccettabili e offensive”, ma “quello che ha detto non appartiene all’uomo che conosco”. Melania spera che la gente ne accetti le scuse: “Il suo cuore e la sua mente sono quelli di un leader”.

Lo difende la figlia Ivanka, la più vicina a lui nella campagna: “Non è un palpeggiatore (come titolava ieri il New York Times, ndr), per le donne ha un rispetto assoluto”. Ivanka riconosce, però, che le parole del video sono inquietanti e si preoccupa del discredito che ne deriva al padre. Che, stando a un’altra registrazione, questa del 2006 e scovata dalla Cnn, parla di lei in questi termini: “Mi va bene se chiamano mia figlia Ivanka una bella gnocca” dice al conduttore radiofonico Howard Stern; e poi spiega come una donna vada “mollata” dopo i 35 anni.

Lo schema “condanna-assoluzione” non si ritrova, invece, nelle prese di posizione di sempre più numerosi esponenti repubblicani. Mitt Romney, il candidato 2012, uno dei suoi più fieri oppositori interni, è “sconcertato”. John McCain, candidato 2008, gli ritira l’appoggio, che era sempre stato tiepido. Condoleezza Rice, ex segretario di Stato, pensa che dovrebbe lasciare e dice: ”Come repubblicana mi auguro di sostenere qualcuno che ha la dignità e la statura per essere presidente della più grande democrazia della Terra”.

E Arnold Schwarzenegger, ex governatore della California, repubblicano, non voterà per Trump: sarà la prima volta, da quando nel 1983 è cittadino americano, che non voterà repubblicano. “Sono fiero di definirmi repubblicano, ma c’è un’etichetta cui tengo più d’ogni altra cosa, e cioè l’essere americano”, afferma in una nota. L’attore, sostenitore nelle primarie di John Kasich, non sa ancora chi voterà, ma considera un “dovere dei repubblicani dare la precedenza al Paese piuttosto che al partito”.

Dal mondo del cinema, arriva poi l’affondo anti-Trump di Robert De Niro: in un video, lo definisce “cane, maiale, truffatore”. Si tratta di stralci di uno spot elettorale: “E’ così stupido. E’ un artista della stronzata, un disastro nazionale”, dice De Niro, visibilmente contrariato. “Mi fa arrabbiare che questo Paese sia arrivato al punto di consentire a quest’idiota di arrivare sin qui”. E ancora: “Dice che prenderebbe la gente a pugni in faccia. A me piacerebbe prenderlo a pugni”. Infine: ‘E questo genere di persona che vogliamo presidente? Penso di no”.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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