Blackberry smette di produrre i suoi smartphone e diventa un’azienda interamente dedicata a software e sicurezza. La decisione arriva dopo anni di declino per il telefono cellulare che ha segnato un’epoca (qui 10 modelli che ne ripercorrono la storia), must indiscusso per tutti i top manager, con quella distintiva tastierina che però ne ha anche decretato la fine.
A minare il successo dei Blackberry, così come accaduto per i telefonini di Nokia e Motorola, sono stati gli iPhone e gli Android, portabandiera della tecnologia touch e di sistemi operativi disegnati per un mondo che corre sempre più veloce e usa i cellulari non per telefonare, mandare Sms e email, ma per foto e video, pagamenti, autenticazione biometrica e altre applicazioni avanzate che non hanno bisogno della tastiera.
L’HARDWARE IN OUTSOURCING IN INDONESIA
Non è precisamente la fine per i telefoni Blackberry, perché i cellulari con questo marchio saranno ancora fabbricati e venduti nei Paesi emergenti (Indonesia, probabilmente anche India, Cina, alcuni mercati africani), ma non sarà più l’azienda canadese a farli, perché Blackberry non ha più una divisione hardware. Sono invece stati siglati accordi di licensing con un’azienda indonesiana che fabbricherà e distribuirà smartphone col marchio Blackberry e si stanno cercando accordi analoghi con produttori cinesi e indiani. Blackberry continuerà a a progettare applicazioni per smartphone e una versione extra-sicura del sistema operativo Android.
“Il mercato ha parlato e io ho ascoltato”, ha dichiarato il Ceo John Chen. “Bisogna evolvere e fare quello in cui si è più bravi e oggi il nostro punto di forza sono il software, i servizi enterprise e i prodotti per la security”. Anzi, Chen ha fatto notare che tanti produttori di smartphone già affidano in outsourcing la fabbricazione dei loro device e Blackberry ha solo compiuto il passo ulteriore: ha dato l’intera attività ad altri, pur tenendo i ricavi degli accordi di licenza, perché “il futuro dello smartphone non ha niente a che vedere col phone e tutto a che vedere con lo smart”. “Non è la fine di un’era ma l’inizio di un nuovo capitolo”, ha detto ancora Chen. “Manteniamo solo il controllo sul software e in questo ci siamo messi avanti a tutto il mercato: pochissimi player riusciranno a tenere integrate le attività hardware e software”.
LA PARABOLA DEI BIG DI UNA VOLTA
E’ un’evoluzione che non stupisce nessun analista, perché il mondo hitech di oggi è sempre più basato sul software. E Blackberry, che ha perso drammaticamente terreno sull’hardware, ha da sempre una grande forza nel sistema operativo solido e affidabile. Resta il fatto che per molti si tratta della “fine di un’era”: i Blackberry erano così popolari (qui anche i Vip che li hanno amati, da Barack Obama a Dustin Hoffman a Paris Hilton) da caratterizzare il modo di lavorare e di comportarsi delle persone; si parlava di Crackberry per descrivere gli utenti sfegatati e l’uso maniacale e di Blackberry Thumb per indicare l’indolenzimento al pollice (e al polso) di chi passava la giornata intera a scrivere email.
Il dominio assoluto nel mondo enterprise era costruito proprio sulla tastierina Qwerty, come racconta il Financial Times in un articolo che ripercorre le tappe dell’azienda (allora chiamata RIM) fondata a Waterloo, Ontario, da Mike Lazaridis e Douglas Fregin. Nokia e Motorola (tutte aziende occidentali) erano allora le principali rivali, ma Blackberry vinceva sul mercato business per la velocità, l’affidabilità e la sicurezza del sistema operativo: l’azienda aveva il suo software e i suoi server. Dal 2012 le fortune di Blackberry si sono ribaltate. Gli smartphone Android e gli iPhone hanno aperto l’era del touch mentre gli Sms e le email non interessavano più come prima. L’azienda che vantava un valore di mercato di 80 miliardi di dollari ne vale oggi 4,3 miliardi.
“L’economia di Internet ci insegna che chi non si adatta subito è finito”, commenta Phys.org “Gli incumbent pensavano di avere il mercato in pugno e di essere inattaccabili; la rivoluzione totale portata da Apple iPhone e dal sistema operativo Android di Google li ha colti completamente alla sprovvista”, nota l’analista Rob Enderle:
LA STRATEGIA DI JOHN CHEN
E’ stato il Ceo John Chen a traghettare Blackberry verso la sua nuova vita, con una serie di passi che hanno portato già da tempo ad affidare parte della produzione hardware al gruppo asiatico Foxconn Technology Group e, di recente, a realizzare lo smartphone Priv basato sul sistema Android. Finora però Blackberry sosteneva di poter rivitalizzare le attività hardware; adesso sembra ammettere la sconfitta.
Chen non la vede così: “Con questa nuova strategia ci concentriamo sullo sviluppo software, in cui includiamo applicazioni e prodotti per la security. Elimineremo tutto lo sviluppo hardware interno e daremo in outsourcing questa attività perché ciò ci consente di ridurre il capitale necessario e aumentare il ritorno sul capitale investito”, ha dichiarato il Ceo.
Chen ha annunciato anche la nomina di un nuovo Chief financial officer, Steven Capelli, che prende il posto di James Yersh (che lascia per motivi personali) e gli ultimi risultati finanziari: l’azienda, impegnata nella riorganizzazione che pesa per 147 milioni di dollari, registra una perdita netta di 372 milioni di dollari, e fatturato di 334 milioni. Un anno fa registrava utili per 51 milioni e fatturato di 490 milioni.
“E’ il completamento di un percorso”, ha commentato Colin Gillis, analista di BGC Partners. “Chen è un uomo del software e dal software si aspetta margini più alti e contratti che portano entrate ricorrenti. Ora il compito del Ceo è mantenere il controllo sui costi”.
LA SCOMMESSA SUL SOFTWARE E’ VINCENTE?
Blackberry fa bene a riconoscere il fallimento dei suoi smartphone e a concentrarsi sullo sviluppo software e le feature di sicurezza che sono davvero un punto di forza riconosciuto. Tuttavia per gli analisti il successo non è scontato.
“Il software è comunque una sfida per Blackberry: è un settore in rapida evoluzione e con tanti concorrenti”, afferma Jan Dawson, chief analyst di Jackdaw Research. “Blackberry non è troppo vulnerabile perché non parte da una posizione di dominio ma non sarà comunque facile”.
Il software più importante di Blackberry è la sua suite per il device management, usata da molte aziende per monitorare i cellulari del loro personale e scambiare comunicazioni in tutta sicurezza. Blackberry però non è l’unica azienda a offrire questo genere di prodotti: la concorrenza è serrata, osserva Matthew Kanterman, analista di Bloomberg Intelligence. VMWare, Ibm e Microsoft hanno per esempio strumenti di device management e guadagnano quote di mercato perché integrano le suite di device management con altri loro software per il mondo business. Per Kanterman Blackberry farebbe bene anche a togliersi dai listini e tornare “privata”, e a lavorare sull’immagine: è ancora considerata una casa hardware, non un fornitore di software.
Anche per Chen far riconoscere al mercato la nuova veste di Blackberry come software house farà riprendere quota alle azioni ma sulla superiorità sulla concorrenza non ha dubbi: Blackberry offre un software migliore perché ha la suite “più completa e più sicura” che ci sia oggi sul mercato. “Lo ha confermato a giugno la società di ricerche Gartner posizionandoci come Leader nel Magic Quadrant for Enterprise Mobility Management (EMM) Suites”: un riconoscimento importante per la piattaforma Blackberry per la sicurezza di device, applicazioni, contenuti e dati, completa e capace di supportare tutti i sistemi operativi mobili.
Ora occorre garantire che la divisione software diventi sempre più forte e rimetta in marcia l’azienda canadese: Morgan Stanley pensa che Blackberry si sia data obiettivi molto aggressivi sulla crescita di questa attività e qualche analista nota che dall’ultima trimestrale emerge che il 44% del fatturato di Blackberry è generato da software e servizi, e un altro 30% dalle soluzioni per la mobility che però andranno perse con la divisione hardware; bisogna dunque scommettere che quel 44% sia davvero la gallina dalle uova d’oro.