Si è concluso il primo round della battaglia giudiziaria che il fronte del no al referendum costituzionale ha intrapreso davanti alla giustizia amministrativa per contestare il contenuto del quesito che sarà sottoposto agli elettori il prossimo 4 dicembre.
Il TAR del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da alcuni degli stessi promotori referendari perché la decisione assunta dal Presidente della Repubblica di indire il referendum costituzionale recante il quesito contestato è insindacabile in quanto ricognitiva della volontà dell’Ufficio Centrale per il Referendum costituito presso la Corte di Cassazione.
Il Giudice amministrativo con una sentenza breve (il cui esito era stato preannunciato come prevedibile dagli addetti ai lavori) ha chiarito in sostanza di non potere entrare nel merito del contenuto del quesito referendario perché gli atti per mezzo dei quali il testo è stato approvato non hanno natura di provvedimenti amministrativi e pertanto non possono essere oggetto di giudizio innanzi al TAR.
Ma non di vera e propria insindacabilità assoluta si tratta, ha specificato il Tribunale Romano, considerato che le ragioni dei ricorrenti potevano ben essere esposte proprio davanti all’Ufficio Centrale per Referendum durante il procedimento che ha dato vita a due ordinanze della Cassazione che hanno più volte vagliato ed approvato il contenuto del quesito referendario.
Se pertanto al Presidente della Repubblica non può essere imputata alcuna violazione nell’avere recepito il contenuto delle ordinanze della Cassazione (in ragione del fatto che è proprio questo l’adempimento formale che la legge gli richiede) alla Corte di Cassazione non può essere rimproverata da parte del Tribunale amministrativo una decisione assunta nel contraddittorio con i promotori referendari ai quali, peraltro, si deve anche la redazione del quesito referendario in sede di richiesta di ammissione della consultazione davanti all’Ufficio Centrale per il referendum.
Particolarmente apprezzabile è risultato lo sforzo del Tribunale di chiarire che non esistono ambiti di insindacabilità assoluta, né degli atti del Presidente della Repubblica, né delle decisioni della Corte di Cassazione, con la precisazione, tuttavia, che nel caso specifico portato all’attenzione del Collegio la decisione del Capo dello Stato deve per legge limitarsi a riprodurre quanto approvato dall’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione, il quale, a sua volta, decide nella veste di organo terzo ed imparziale che agisce in sede giurisdizionale (secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 164/2008). Cosicché la decisione assunta dalla Cassazione può essere revocata solo dalla Cassazione medesima e giammai da un altro organo giurisdizionale.
Al netto dei commenti e delle polemiche che inevitabilmente seguiranno il deposito della decisione di oggi alcune circostanze sulle quali si è soffermato il Tribunale appaiono difficilmente confutabili: 1) davanti alla Corte di Cassazione si è svolto, su impulso degli stessi promotori referendari, un procedimento in contraddittorio che avrebbe permesso l‘esposizione di tutte le ragioni giuridiche a sostegno del ricorso poi presentato avanti al TAR del Lazio; 2) il contenuto del quesito referendario è stato proposto ed avallato nelle richieste di indizione del referendum dagli stessi promotori, alcuni dei quali poi tardivamente ed impropriamente si sono rivolti al giudice amministrativo; 3) la Corte di Cassazione ha giudicato per ben due volte il quesito referendario ammissibile e conforme a legge.
Speriamo almeno adesso di potere votare in santa pace.
@roccotodero