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Regione Sardegna, quando il linguaggio anti-sessista discrimina l’identità di genere

Gli-amanti-300x225la comunicazione istituzionale delle regione sardegna dovrà declinare ruoli e professioni al femminile. lo ha stabilito la legge sulla semplificazione appena approvata. “perché avvocata è brutto e invece maestra e impiegata no? La verità è che il nome del mestiere declinato al femminile diventa cacofonico nella misura in cui si avanza di livello nella scala professionale”. convengo con la professoressa cecilia robustelli dell’accademia della crusca e, anche se ogni volta che sento appellare virginia raggi come “sindaca” rabbrividisco, mi adeguerò. quello che, però, non ho compreso – e mi scuso anticipatamente con l’amministrazione sarda – è come si applicherà la legge, ossia come si  procederà ad adottare «un linguaggio non discriminante rispettoso dell’identità di genere, mediante l’identificazione sia del soggetto femminile che del soggetto maschile negli atti amministrativi, nella corrispondenza e nella denominazione di incarichi, di funzioni politiche e amministrative». se ho ben compreso “l’identità di genere” si fonda sul superamento della identità biologica in favore dell’orientamento sessuale. sempre che io non abbia frainteso, secondo questa ideologia non si è uomo e donna perché si nasce con i relativi attributi fisici ma perché ci si sente uomo, donna o altro. allora mi chiedo: chi avrà a che fare con l’amministrazione sarda, per adottare un “linguaggio non discriminante rispettoso dell’identità di genere”, come dovrà comportarsi? se non chiama avvocata una donna adotta un linguaggio sessista. ma se chiama avvocata una donna prende a riferimento il sesso biologico e, dunque, non rispetta la identità di genere. confesso che sono confuso e adesso comprendo perché i sardi sono di poche parole.

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