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Serve più coraggio nel tagliare il debito pubblico. I consigli della Banca d’Italia al governo

Di Luigi Federico Signorini

Pubblichiamo un estratto dell’audizione del vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, sulla Nota di aggiornamento al Def 

Nel 2017 il Governo intende evitare l’inasprimento delle imposte indirette disposto dalla legge di stabilità per il 2015 e compensarne solo in parte gli effetti, con interventi di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale e di revisione della spesa. Un’analisi accurata dell’efficacia dei provvedimenti relativi all’evasione adottati in passato (ad esempio lo split payment o il reverse charge) permetterebbe di indirizzare le misure di prevenzione e contrasto verso gli strumenti che, alla prova dei fatti, si sono rilevati più efficaci.

Le clausole di salvaguardia prevedevano un aumento delle aliquote dell’IVA (e dal 2018 anche delle accise sugli olii minerali) tale da garantire un maggiore gettito pari a 15,1 miliardi nel 2017 e a 19,6 miliardi a partire dall’anno successivo. Per il 2017 il Governo annuncia inoltre ulteriori interventi principalmente in materia previdenziale e di sostegno degli investimenti pubblici e privati, che verranno definiti con il disegno di legge di bilancio che verrà presentato al Parlamento entro il 20 ottobre.

La Nota non riporta indicazioni specifiche relative ai principali ambiti di intervento della manovra di finanza
pubblica per il prossimo triennio e agli effetti finanziari attesi in termini di entrata e di spesa.

Come ho già ricordato con riferimento al quadro macroeconomico, per il 2017 il Governo chiede inoltre al Parlamento l’autorizzazione ad ampliare, se necessario, l’indebitamento netto fino a un massimo di 0,4 punti percentuali del prodotto (7,7 miliardi). Nella richiesta viene precisato che l’eventuale aumento del disavanzo rifletterebbe spese connesse con “eventi eccezionali”, in particolare per la messa in sicurezza del territorio e del patrimonio immobiliare e per la gestione dei flussi migratori. Gli effetti di queste eventuali spese non sono inclusi nel quadro programmatico.

L’indebitamento netto si ridurrebbe all’1,2 per cento del PIL nel 2018 e allo 0,2 per cento nel 2019. In termini di disavanzo strutturale l’aggiustamento riprenderebbe nel 2018 e il sostanziale pareggio di bilancio (ossia l’obiettivo di medio termine dell’Italia) sarebbe raggiunto nel 2019, come già previsto nel DEF di aprile.

L’incidenza del debito sul prodotto inizierebbe a diminuire nel 2017; alla fine dell’orizzonte previsivo (2019) la riduzione sarebbe inferiore a quella indicata nel quadro tendenziale di circa mezzo punto percentuale. Alla riduzione del debito contribuirebbero i proventi delle privatizzazioni, i cui obiettivi per il triennio 2017-19 sono rimasti immutati rispetto a quanto previsto nel DEF di aprile (0,5 per cento del prodotto all’anno nel biennio 2017-18 e 0,3 per cento nel 2019). Nel triennio la riduzione dell’incidenza del debito sul prodotto sarebbe inferiore a quanto programmato in primavera (6,2 punti percentuali invece di 8,6), risentendo soprattutto degli effetti di una crescita attesa del prodotto nominale più contenuta.

Come indicato nella Nota, e già anche in aprile nel DEF, il criterio numerico della regola del debito non sarebbe rispettato né nell’anno in corso né in quello successivo. Ad aprile la distanza dagli obiettivi previsti dalla regola sul debito era più limitata; in quell’occasione il Governo aveva esplicitamente richiamato i fattori rilevanti – quali la bassa inflazione – alla luce dei quali non vi sarebbe una violazione della regola, nonostante il mancato raggiungimento del benchmark quantitativo. Nelle valutazioni del Governo gli obiettivi della Nota sono coerenti con le regole europee, tenendo conto del peggioramento delle condizioni cicliche e della revisione della stima dell’output gap.

La Commissione europea si esprimerà in merito in novembre, in sede di valutazione del Documento programmatico di bilancio. A maggio la Commissione, nel valutare il Programma di stabilità dell’Italia, aveva segnalato il rischio di una deviazione significativa dagli obiettivi fissati dalle regole europee e richiesto di accrescere l’aggiustamento strutturale nel 2017 rispetto a quanto programmato. La Commissione, inoltre, condizionava la concessione dei margini di flessibilità nel 2016 (nel complesso 0,85 punti percentuali del prodotto) alla ripresa del consolidamento nel 2017.

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