In una delle sue magistrali lezioni di filosofia morale, Hannah Arendt osservava che il sadismo è curiosamente assente nel catalogo canonico dei vizi umani. Eppure il puro piacere di infliggere il dolore e di contemplare la sofferenza – aggiungeva – dovrebbe essere considerato il vizio di tutti i vizi. Per secoli è stato rappresentato solo nella letteratura pornografica e nell’arte della perversione. Lo si è sempre rinchiuso tra le pareti della camera da letto, e solo da poco e di tanto in tanto si riesce a trascinarlo nelle aule dei tribunali. Oggi, invece, è praticato liberamente e alla luce del sole nel Partito democratico. Basta pensare ai patimenti e alle tribolazioni inflitte ai suoi militanti ed elettori, in una campagna referendaria segnata da una feroce lotta intestina.
Tertulliano e Tommaso d’Aquino annoveravano, in perfetta innocenza, la visione dei dannati all’inferno tra i piaceri che attendono i santi in paradiso. Matteo Renzi, Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, non sono Padri della Chiesa né santi, e quindi non avranno questa opportunità. Ma anche per loro vale, o dovrebbe valere, la prescrizione somma dell’etica cristiana (e kantiana): “Non fare agli altri ciò che non desideri sia fatto a te stesso”.
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“In Italia boom di richieste per liberarsi dal diavolo, ma mancano gli esorcisti”, titolava La Stampa il 25 settembre scorso (mi viene da dire che forse ce ne vorrebbe uno anche per il Pd). Pochi giorni prima era deceduto il sacerdote paolino Gabriele Amorth, considerato il loro decano. La sua morte ha riacceso i riflettori dei media su un fenomeno colpevolmente trascurato, perché in qualche misura racconta la condizione -anche culturale e psicologica- in cui versa il nostro Paese.
Se da noi quattro giovani su dieci sono disoccupati, a maghi, satanisti, santoni, fattucchieri il lavoro certo non manca. Al contrario, si espande a macchia d’olio. Le possessioni diaboliche sono in aumento per colpa del ricorso frequente all’occultismo e ai riti satanici, sostengono i più autorevoli prelati esperti della materia. Del resto, la presenza dei demoni è legata alla pratica delle arti magiche, ivi inclusa l’astrologia, già dai primi scrittori cristiani. Secondo il martire Giustino (II secolo), infatti, quelle arti stabiliscono un ambiguo rapporto dell’uomo col demonio, che con esse sembra comandare alle potenze demoniache, ma diviene in realtà loro schiavo: è l’origine del più tardo mito di Faust.
Ma torniamo all’oggi. Ora, mi chiedo: o la venerazione del Maligno -nelle sue molteplici forme- è una tendenza dai risvolti psichiatrici (e talvolta criminali), e allora è su questo terreno che andrebbe studiata e affrontata; oppure è la manifestazione di una più attiva intrusione del Diavolo nelle faccende umane, e allora c’è poco da stare allegri. E lo dico senza nulla togliere all’importanza delle preghiere di liberazione dalla possessione diabolica di quel mezzo milione di italiani che, secondo l’Associazione degli psicologi cattolici, ogni anno si rivolge a un esorcista. Se invece qualcuno si rivolgesse a un logico, scoprirebbe che il Demonio -che è il Mentitore per eccellenza- non dice sempre il falso. Dante l’aveva intuito in un canto dell’Inferno. L’episodio è noto. L’anima del frate Guido da Montefeltro viene contesa da San Francesco e dal Diavolo. Quest’ultimo ha la meglio perché si avvale del principio di non contraddizione. Guido aveva ucciso un uomo su mandato papale, ricevendo da Bonifacio VIII un’assoluzione preventiva per il suo delitto. Il problema è che -per essere valida- un’assoluzione richiede il pentimento del peccatore, mentre non si può essere sinceramente pentiti di un delitto che si deve ancora commettere. “Forse tu non pensavi ch’io loico fossi”, esclama trionfante Belzebù trascinando con sé l’anima di Guido. Come dargli torto?