La tensione franco-russa di questi giorni, resa visibile dalla mancata visita a Parigi il 19 ottobre del presidente Vladimir Putin è illuminante rispetto alle tendenze europee e occidentali. Molta stampa ha fatto apparire la decisione come originata da Putin stesso, che invece è stato messo alle strette, e ha dovuto rinunciare. Ci sono vari elementi di contorno che aiutano a capire il quadro.
HOLLANDE HA POSTO CONDIZIONI, PUTIN HA ANNULLATO
Putin non poteva andare a Parigi il 19 ottobre. La Francia aveva presentato una risoluzione sui bombardamenti ad Aleppo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che è stata bloccata dal veto russo l’8 ottobre. Il ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault era andato in Russia per presentare il testo al suo omologo Sergey Lavrov, il 6 ottobre, ma i russi chiedevano il ritiro da Aleppo orientale delle fazioni di Al-Nusra. Al Consiglio di sicurezza la tensione è quindi stata alta, Ayrault ha evocato un ruolo della Corte internazionale sui crimini di guerra e all’ambasciatore russo sono state esplicitamente messe in carico le vite perdute sotto i bombardamenti. D’altra parte, gli ospedali erano stati colpiti intenzionalmente, perché i terroristi si farebbero scudo di vite umane.
Tra il 10 e l’11 ottobre, Putin teneva aperta l’idea di una visita a Parigi, ma veniva gelato dal presidente François Hollande e da Ayrault. Se Putin fosse arrivato a Parigi si sarebbe parlato soltanto di Siria – e quindi dei bombardamenti russo-siriani – senza passare dalla nuova chiesa ortodossa alla cui inaugurazione avrebbe inizialmente dovuto presenziare. Un portavoce russo aveva prefigurato un incontro alternativo a Berlino, sempre il 19 ottobre, del quartetto in formato Normandia per parlare di Ucraina, anziché di Siria, confermando che i due temi fanno parte di un unico problema. Il quartetto Normandia sull’Ucraina era proprio la riunione che Putin aveva annullato, a margine del G20 di Hangzhou, in Cina, il 4 e 5 settembre scorsi, tra grandi preoccupazioni. La Tass ha poi dato notizia di colloqui telefonici tra i due ministri degli esteri francese e russo su Siria e Ucraina, avvenuti il 13 ottobre: cortesie e ammorbidimenti che confermano quanto sia tesa la situazione.
IL LEGAME DEL FRONTE ORIENTALE E DEL FRONTE MEDIO-ORIENTALE
Dopo aver tenuto militari e osservatori sulle spine per tutto il mese di settembre su una possibile azione militare russa in grande scala in Ucraina, il mese di ottobre è stato dominato dalla crisi siriana, con bombardamenti, rischi di incidenti russo-occidentali, installazione di missili russi S300 e S400 in via permanente in Siria e ipotesi di nuove sanzioni. Il riflesso sull’Ucraina è stato immediato: i Paesi che proponevano un alleggerimento delle sanzioni sulla Russia, tra cui Italia e Ungheria – ma anche aziende in Germania e nella stessa Francia, secondo le inchieste di Reuters di fine settembre – hanno dovuto prendere atto del nuovo quadro. I ministri europei degli Affari esteri che si riuniranno in Consiglio il 17 ottobre adotteranno misure restrittive ulteriori, che saranno ratificate dal Consiglio europeo del 20 ottobre.
In questo modo le sanzioni contro soggetti russi saranno determinate non più solo dalla crisi ucraina, ma da due gruppi di ragioni: orientali, per l’annessione della Crimea e l’invasione nel Donbass, mediorientali per bombardamenti su Aleppo, ospedali compresi. Se si considera che gli Stati Uniti stanno valutando altre contromisure per i tentativi di influenza russa e di hackeraggio sulle elezioni presidenziali americane, allora il quadro è completo.
E’ la nuova visione di contenimento russo del vertice Nato di Varsavia dell’8-9 luglio scorso. Può sembrare la guerra fredda, ha detto il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier al settimanale Bild, diffuso l’8 ottobre, ma è qualcosa di peggio: “I tempi attuali sono differenti e più pericolosi”.
NUOVI EQUILIBRI EUROPEI
La leadership francese in questo passaggio, e i suoi sostegni, dal Regno Unito alla Spagna (che ha firmato la proposta di risoluzione Onu su Aleppo), suggeriscono aggiustamenti dei pesi relativi e dei rapporti all’interno dell’Unione europea, finora appoggiata con alterne velocità sul tandem franco-tedesco a pedalata germanica. I temi di sicurezza interna ed esterna prevalgono ora rispetto a quelli economico-finanziari, che diventano ancillari.
Se non la Germania, almeno Angela Merkel sta già preparando il proprio riposizionamento, simbolicamente rappresentato nella visita in Mali, Niger e Etiopia, tra il 9 e l’11 ottobre, in funzione non già di gestione delle quote dei migranti, come ci si attarda a discutere in Italia e nel dibattito sull’Europa del 12 ottobre alla Camera, ma di “sicurezza”, cioè di contenimento e rimpatrio, di stabilizzazione statuale e di superamento della vecchia “politica europea di vicinato”.