Coloro che sono contrari alla riforma costituzionale potrebbero sostenere che il mezzo televisivo non è idoneo a trasmettere al grande pubblico contenuti complessi (come quelli che riguardano il referendum che si celebrerà il prossimo 4 dicembre) per giustificare la prestazione poco incisiva del prof. Gustavo Zagrebelsky durante il confronto col Presidente del Consiglio Matteo Renzi moderato su La7 venerdì sera da Enrico Mentana.
L’affermazione, in astratto ed in generale, ha un qualche fondamento di verità, ma non riguarda affatto quanto accaduto in diretta durante il confronto televisivo all’ex Presidente della Corte Costituzionale, il quale ha dimostrato di avere sui punti fondamentali della riforma della Costituzione ben poche argomentazioni critiche davvero penetranti da esporre.
In ordine sparso si possono prendere le mosse dai cortocircuiti argomentativi in cui è inciampato Zagrebelsky in materia di elezione del Presidente della Repubblica allorché ha tentato di sottolineare come la disciplina che prevede la possibilità di votare il Capo dello Stato dal settimo scrutinio in poi con la maggioranza dei tre quinti degli aventi diritto presenti in aula (anziché dei componenti del collegio elettorale) rappresenti un decadimento delle garanzie costituzionali a favore della sola maggioranza di governo. Il Presidente del Consiglio gli ha dapprima fatto osservare come la riforma preveda un innalzamento sino al settimo scrutinio della soglia dei voti necessari per l’elezione del Presidente della Repubblica e poi ha replicato mettendo l’accento sul forte potere d’interdizione assegnato alla minoranza parlamentare, la quale è sufficiente che rimanga responsabilmente in aula durante le votazioni per impedire alla maggioranza semplice di scegliersi da sola il Capo dello Stato. Osservazione tecnicamente corretta cui non è seguita alcuna contro replica.
Sul tema dell’eliminazione del bicameralismo paritario invece il prof. Zagrebelsky ha in un primo momento attaccato la riforma riproponendo la tradizionale argomentazione secondo la quale la doppia deliberazione presso le due camere assicurerebbe una più adeguata e ponderata considerazione delle criticità dei provvedimenti approvati; poi però ha ritrattato più volte nel corso del dibattito affermando di condividere l’eliminazione del bicameralismo così come previsto attualmente in Costituzione. Il limite della riforma a questo punto si anniderebbe secondo l’ex membro della Consulta nelle modalità di elezione dei membri del Senato della Repubblica e nella impossibilità per gli stessi senatori di svolgere adeguatamente il doppio incarico di cui sarebbero investiti dalla riforma costituzionale. Il Presidente del Consiglio ha giocato spesso su questo argomento la carta del diritto costituzionale comparato richiamando l’effetto di avvicinamento ad altri sistemi costituzionali europei che funzionano efficacemente e senza i limiti prefigurati da Zagrebelsky (Francia e Germania sono stati citati più volte), quindi ha rimarcato la necessità di coinvolgere nei processi decisionali nazionali i rappresentanti di Regioni ed autonomie locali, grazie ai quali si raggiungerebbero peraltro alcuni risparmi di spesa pubblica. Contro replica evasiva e primi segni di smarrimento.
Ad un tratto il Prof. Zagrebelsky ha cominciato a spiegare la distinzione fra “sostanza” e “forma” della Costituzione spiegando come la carne viva della cultura costituzionale sarebbe stata tradita dai novelli riformatori incapaci di approvare un testo condiviso anche dalle opposizioni. Sarebbero mancati in sostanza i voti di Berlusconi per legittimare la revisione della Carta fondamentale. Ad un Renzi che ha replicato tanto facendo osservare come il dato storico del dietrofront dello schieramento berlusconiano sulla riforma costituzionale sia stata la conseguenza della decisione di innalzare al Colle l’attuale Presidente Sergio Mattarella (senza che quello stesso schieramento avesse fatto rilevare alcun dissenso sul merito della riforma), quanto sottolineando la legittimazione di un iter decisionale che ha rispettato la lettera e lo spirito della Costituzione, il prof Zagrebelsky ha controbattuto pressapoco così: lasci stare l’articolo 138 della Costituzione, quella è la forma della Costituzione, non la sua sostanza. Cedimento del fronte e nemico praticamente in fuga.
Sul titolo V della Costituzione il dissenso fra gli interlocutori è stato praticamente inesistente col Presidente del Consiglio lesto e sornione ad incassare il risultato. Zagrebelsky ha letto la clausola residuale di supremazia dei poteri dello Stato col tono del censore, poi però incalzato dall’interlocutore ha affermato di condividerla anche perché essa rappresenta il recepimento di un principio sancito dalla Corte costituzione nel 2003 quando egli stesso faceva faceva parte della Consulta. Disorientamento generale inevitabile.
Il Presidente del Consiglio verso la fine del dibattito si è sentito così sicuro della debolezza delle argomentazioni dell’avversario da condurlo volontariamente sul terreno oggettivamente più infido, quello dell’articolo 70 Cost. e della definizione dei nuovi procedimenti legislativi da più parti giudicati farraginosi ed incomprensibili. Ad un Renzi che ha insistito sulla capacità della nuova formulazione della norma di indicare i più minimi dettagli del procedimento legislativo l’ex Presidente della Corte non ha saputo replicare alcunché. Ritirata.
Tra amnesie imbarazzanti (non ricordo cosa votai in occasione della riforma costituzionale del 2001, non ricordo se ho detto quello che lei mi attribuisce leggendo un articolo di giornale) e scene surreali da interrogazione all’esame universitario, il Prof. Zagrebelsky non è riuscito a sferrare un solo colpo che abbia messo seriamente in difficoltà il Presidente del Consiglio sul merito della riforma costituzionale. E non è stata solo questione di efficacia di due modelli di comunicazione differenti.
A notte inoltrata la sensazione complessiva è stata che per Gustavo Zagrebelsky la deriva non sarebbe poi così autoritaria, la Costituzione avrebbe smesso di essere la più bella del mondo e la sua revisione non sarebbe poi la migliore fra tutte quelle possibili.
L’acqua calda è stata definitivamente scoperta.