Tutti si consolano dicendo che la durata della vita si è allungata. E questo è vero. Ma nessuno aggiunge, perché lo ignora, ciò che soltanto un oncologo constata purtroppo ogni giorno: l’età di ingresso nella malattia oncologica si è abbassata e continua ad abbassarsi in modo allarmante. Quando ho iniziato la mia professione – faccio un solo esempio – i casi di tumore al seno riguardavano nel 99% dei casi donne dai cinquant’anni in su; oggi davanti a me si presentano sempre più trentenni e purtroppo anche ventenni. Vi assicuro che, se per un medico che crede nella propria missione tutti i malati sono uguali e meritano la medesima attenzione e dedizione, dover combattere un tumore di una nonna che ha già percorso quasi tutta la sua esistenza non è come doverlo fare se la malata è mamma di due bambini piccoli. Ma oggi, purtroppo, di drammi simili ne incontro quasi ogni giorno. Dove voglio arrivare? Semplice: detto dell’inquinamento, che può colpire in certe zone più che altrove, ma comunque sia nelle grandi sia nelle piccole città; e detto degli stili di vita stressanti che conduciamo purtroppo quasi dovunque, sorge spontanea una domanda.
Che cos’è scattato, di così negativo, negli ultimi decenni? E ancora mi chiedo: perché, scorrendo per deformazione professionale i necrologi sui quotidiani nazionali e di provincia sono arrivata a constatare che ci sono ormai due fasce ben distinte di decessi, quelli di persone oltre gli ottant’anni e quelli di soggetti sotto i cinquanta? Mi sembra doveroso e responsabile riconoscere che oltre all’inquinamento e al nostro stile di vita troppo stressato, la sola altra cosa davvero globalizzata e globalizzante, al giorno d’oggi, è l’alimentazione. Perché escludendo certe aree ancora sottosviluppate del pianeta – dove invece, per crudele paradosso, si muore purtroppo ancora per denutrizione, per l’acqua infetta o per la puntura di una zanzara – non ci resta che ammettere un dato indiscutibile: nel mondo occidentale e globalizzato mangiamo e beviamo ogni giorno quasi tutti, quasi dovunque, le stesse cose.
E questo – mi chiedo e vi chiedo – vorrà pur dire qualcosa? Ritornando alla regola aurea del “poco, ma di tutto”, posso aggiungere come purtroppo a me si siano rivolti e continuino a rivolgersi non soltanto gli onnivori, ma anche i vegani e i vegetariani. Questi ultimi perché il loro elevato consumo di frutta e carboidrati, spesso anche alle ore sbagliate (la cronobiologia) comporta inevitabilmente l’immissione nell’organismo di un pericoloso quantitativo di zuccheri. Al quale i vegani aggiungono anche un uso importante di seitan, un impasto proteico a base di glutine derivato dal grano tenero. Del glutine e dei suoi effetti devastanti sul nostro sistema immunitario ho già detto. E qui lo ribadisco. Aggiungerò che il seitan è privo di amminoacidi essenziali, su tutti la lisina; che i carboidrati in esso contenuti, come peraltro tutti i carboidrati, sono ad alto indice glicemico, ovvero tendono a far innalzare bruscamente la glicemia dopo l’ingestione (e gli zuccheri non bruciati si depositano nel fegato sotto forma di grasso, favorendo la steatosi epatica); ha un bassissimo valore proteico; e, da ultimo, è poverissimo di vitamine e di minerali come il ferro