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Tutte le bufale di carta sulle Bcc

Il dibattito sul referendum del 4 dicembre prossimo sta dimostrando che sono saltati persino i classici schieramenti giornalistici basati su obsoleti concetti di destra, sinistra e centro, cosicché, anche sulle questioni più tecniche, come quelle bancarie, si assiste a una convergenza.

Ci si riferisce all’articolo di Libero il 28 ottobre scorso dal titolo “Riforma ignorata. La banca cooperativa se la passa male” e a quello pubblicato ieri da Repubblica nell’inserto “Affari e Finanza” e titolato “Banche, il caso Bcc. Retorica del territorio e obiettivi di potere”.

A differenza della carta stampata specializzata (Il Sole 24 Ore, Milano Finanza, ecc.), i due suddetti quotidiani, in particolare quello diretto da Vittorio Feltri, hanno fornito una ricostruzione opposta a quella emersa in occasione della giornata mondiale del risparmio e contenuta nell’intervento del Governatore della Banca d’Italia del 27 ottobre 2016, lasciando intendere che la situazione del credito cooperativo, nonostante le parole rassicuranti di Ignazio Visco, fosse particolarmente preoccupante.

Mentre nel sommario dell’articolo di Libero si legge che Visco invia lettere di richiamo a tre Bcc su quattro. A rischio l’equilibrio nei conti”, nell’intervento del Governatore, dopo aver trattato dell’intensa azione di vigilanza svolta da Bankitalia nei confronti delle banche “non significative” (per la maggior parte Bcc), alle pagina 4 e 5, si dice: “È anche grazie a questa azione di vigilanza che dalla fine del 2011 il coefficiente relativo al patrimonio di migliore qualità delle banche vigilate direttamente dalla Banca d’Italia è cresciuto dall’11,8 al 15,5 per cento (a fronte dell’aumento dall’8,8 all’11,7 per cento per le banche “significative”) e il tasso di copertura delle esposizioni deteriorate è passato dal 28,2 al 43,6 per cento (a fronte di un incremento dal 40,6 al 45,6 per cento per le banche “significative”)”.

Premesso che non appare necessaria, in quanto ovvia, una corretta interpretazione del pensiero fornito da Visco, va precisato che l’informazione sui destinatari delle lettere di Banca d’Italia non è pubblica e che, quindi, il numero ipotizzato da Libero (3 Bcc su 4 che se la passerebbero male) può essere solo frutto di una supposizione o di indiscrezioni finanziarie. Ma ad oggi non risulta nessun massiccio invio epistolare alle Bcc da parte dell’Organo di vigilanza.

Non si comprendono nemmeno le ragioni dell’attacco alle banche di credito cooperativo sferrato da Repubblica che conclude con la necessità di una grande fusione, o meglio con la costituzione di un unico grande gruppo.

L’analisi del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari non stravolge il contenuto delle parole di Visco, ma ne mette in dubbio l’analisi fornita per avvalorare la solidità del sistema delle Bcc (vedasi la parte conclusiva dell’articolo) e, attraverso richiami e associazioni sia alle 4 banche poste in risoluzione (Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, CariChieti e CariFerrara) che ai problemi del Monte dei Paschi di Siena e di Unicredit, tende a dimostrare che anche il sistema del credito cooperativo sia in forte crisi e che l’unica soluzione possibile risieda nella realizzazione di un unico gruppo facente capo ad Iccrea e Federcasse

In linea di principio, potrebbe apparire corretto l’assioma in base al quale si sostiene che le banche territoriali potrebbero essere fonte di rischio proprio a causa del legame territoriale che si instaura tra gli esponenti bancari e i clienti degli enti creditizi stessi, ma è altrettanto innegabile che, come spesso riconosciuto anche dall’Organo di vigilanza, operare in prossimità del territorio costituisce il vero punto di forza delle banche locali, quali appunto sono, per definizione, le banche di credito cooperativo. In altre parole, come si suol dire, non si può fare di tutta un’erba un fascio, anche perché tra le banche solitamente portate ad esempio di enti in default in grado di togliere il sonno ai governi, ai regolatori ed ai cittadini, mai sono apparse le Bcc; anzi, anche in presenza di Bcc che hanno richiesto interventi di salvataggio, mai è stato richiesto un centesimo, né allo Stato né al resto del sistema bancario, per il quale, invece, il sistema delle Bcc é stato chiamato lo scorso anno a contribuire per la risoluzione delle 4 banche e, certamente, lo sarà anche per questo anno.

Quello che appare poco comprensibile è l’attacco gratuito sferrato da Repubblica nei confronti di Cassa Centrale Banca, accusata di aver fatto sfumare l’obiettivo di creare un unico grande gruppo bancario ed aver innescato la “solita rissa” che, stando alle parole dell’articolista, “contribuisce a complicare il quadro di un paese bancocentrico”.

Il tutto senza mai spiegare quali sarebbero state le migliori condizioni offerte dal mercato per un gruppo unico o quali problemi creerebbe al sistema bancario la costituzione di due gruppi bancari cooperativi, dal momento che, si ribadisce, il credito cooperativo ha sempre risolto internamente i propri problemi e contribuito alla risoluzione di quelli delle banche appartenenti al resto del sistema bancario e, soprattutto, senza che sia stato compreso che, proprio la mancanza di quella che viene, impropriamente, definita rissa, è stata la causa che ha generato talune e, per fortuna, circoscritte crisi nell’ambito del credito cooperativo.

Pur in presenza di talune Bcc che versano in situazione di criticità (note sia all’Organo di vigilanza che al Fondo temporaneo ex art. 2-bis della L. n. 49/2016), ciò che non può essere criticato é proprio l’indiscussa capacità dimostrata dal credito cooperativo di fronteggiare l’attuale crisi al fianco di famiglie e imprese operanti nei territori di competenza, spesso abbandonate dal resto del sistema bancario per effetto di stringenti normative intervenute o per dissesti e aggregazioni che hanno interessato banche di maggiori dimensione.

La stessa capacità dimostrata sino ad oggi da Cassa Centrale Banca, nel gestire in modo efficiente ed efficace le proprie società industriali anche nell’interesse dei propri territori, non può essere denigrata in nome della necessità, tra l’altro mai dimostrata, di costituire un unico gruppo bancario cooperativo, specie in presenza di un contesto internazionale che ha visto modificare, a seguito del fallimento della Lehman Brothers ed in un paese grande come gli Stati Uniti d’America, l’atteggiamento di favore nei confronti delle grandi banche e della grande dimensione per privilegiare la costituzione e la proliferazione di banche di minore dimensione in grado di garantire maggiore stabilità all’intero sistema bancario.

Tra l’altro, occorre ricordare che al progetto di Cassa Centrale Banca hanno aderito oltre 90 Bcc (il superamento delle 100 unità sembra oramai a portata di mano) con sede in tutta Italia e che queste, come le altre, vantano gli stessi diritti alla costituzione di un gruppo condiviso, il quale, nello specifico, si basa principalmente su scelte industriali e bancarie meritocratiche.

Inoltre, sarebbe opportuno precisare che la presenza di più gruppi bancari cooperativi non costituirebbe una peculiarità esclusivamente italiana (anche in altri paesi si registra la presenza di più gruppi cooperativi) e che, anche a beneficio di coloro che credono esclusivamente nella capacità della grande dimensione di risolvere qualsiasi problema aziendale, la realizzazione di due gruppi nazionali (facenti capo rispettivamente ad Iccrea Banca e a Cassa Centrale Banca) darebbe luogo, in ogni caso, alla costituzione di strutture che si allocherebbero tra i primi dieci gruppi bancari italiani, in grado di competere efficacemente in un mercato europeo sempre più competitivo.

In conclusione, piuttosto che una campagna tesa a screditarne le componenti positive, il credito cooperativo ed il sistema bancario in generale avrebbero bisogno di un giornalismo che miri ad accertare le reali ragioni della volontà di costituire più gruppi bancari e, magari, indagare sull’utilizzo delle (ingenti) risorse attribuite ai vari fondi bancari per la risoluzione delle crisi bancarie, con particolare riferimento al Fondo temporaneo ex art. 2-bis L. n. 49/2016, del quale nessuno sembra interessarsi e per il quale ancora non sono noti nemmeno criteri di accesso e condizioni di erogazione.

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