Le politiche promesse da Donald Trump durante la campagna presidenziale avranno un peso nella già difficile prospettiva della zona euro. Inizialmente la sua vittoria influenzerà l’area attraverso il canale finanziario, ma non c’è da aspettarsi un impatto significativo, almeno nel breve termine. Rimane una notevole incertezza su quali politiche porterà avanti, data la carenza di dettagli forniti durante la campagna elettorale. È quanto emerge dal report di Deutsche Bank, “Us election implications for the euro area”, inviati a istituzioni finanziarie di tutt’Europa.
PERCHÉ NON CRESCERANNO LE IMPORTAZIONI DALL’EUROPA
Sembra che il presidente americano sia favorevole a un programma di largo stimolo fiscale, del 2-3% del PIL che, meccanicamente, potrebbe far aumentare la crescita e incrementare le importazioni dell’area Euro, ma gli economisti di Deutsche Bank sono scettici. Se non venisse annacquato da parte del Congresso, più conservatore dal punto di vista fiscale, “almeno tre sono le ragioni per cui un grande, non finanziato stimolo fiscale lungo le linee non specifiche descritte da Trump, potrebbe tradursi in guadagni commerciali deludenti della zona euro: in primo luogo, il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti probabilmente aumenterà. Poi, una politica fiscale significativamente più espansiva, per essere sostenibile, richiederebbe un miglioramento della crescita potenziale del PIL. Infine, vi è il rischio che un passo verso una politica commerciale protezionistica degli Stati Uniti limiti le importazioni straniere”.
QUALE SARÀ LA SORTE DEGLI ACCORDI COMMERCIALI
Da un lato il rapporto sottolinea l’arrivo di notizie preoccupanti dai principali partner commerciali dell’area euro, dall’altro ritiene prematuro prevedere cambiamenti drammatici nelle relazioni esistenti. Se ci si basa sulla propaganda pre-elettorale, l’elezione di Trump prelude a un rallentamento degli accordi commerciali con gli Stati Uniti e scoraggia le probabilità di un miglioramento nel commercio globale. Una politica protezionista probabilmente innescherebbe reazioni da parte di altri paesi, con il rischio di finire impantanati in soluzioni non collaborative. Tuttavia non è chiaro se il presidente possa unilateralmente tirarsi fuori da un trattato, l’unica volta in cui gli Usa hanno votato per cancellare un trattato commerciale nella storia, fu nel 1866 con il Canada. “Come evidenziato da Brett Ryan, Deutsche Bank’s US Economist, teoricamente, stando a una stretta interpretazione della Costituzione, potrebbe essere possibile, ma quasi certamente questa decisione verrebbe contestata in tribunale da molte società con sede negli Stati Uniti”, si legge. “Dove la presidenza Trump potrebbe causare una rottura maggiore è nelle negoziazioni commerciali future e in corso, come il Tpp e il Ttip”.
LE INCERTEZZE POLITICHE CHE SMORZANO GLI INVESTIMENTI
L’incertezza politica tende a causare un rinvio delle decisioni di investimento. Quella degli Stati Uniti si aggiungerebbe ai venti contrari da Brexit e dall’agenda europea dei prossimi 12 mesi, fitta di appuntamenti elettorali. In campagna elettorale Trump è stato molto esplicito nella sua critica alla Fed e a Janet Yellen, che ha proposto di rimpiazzare. L’indipendenza della Banca centrale, però, rimane fondamentale e azioni del genere possono ridimensionarla realmente o ridurne la percezione.
L’IMPATTO SULLA FINANZA
Secondo gli strategist azionari europei di Deutsche Bank, “un aumento dell’incertezza politica legata a Trump peserebbe sulle azioni europee, con un rischio di ribasso per la EuroStoxx600 del 5-10%”. Credono che la vittoria di Trump possa essere positiva per Pharma e per le società di infrastrutture, mentre sono rimasti cauti sulle banche, “sulle quali hanno pesato vari episodi di stress negli ultimi 10 mesi, dalla Cina a Brexit, in particolare in Italia, indipendentemente dai canali di contagio diretti”. Anche se Trump è favorevole alle trivellazioni, gli economisti ritengono improbabili decisioni di investimento che aumentino la produzione interna di petrolio, considerando anche che la normativa vigente non è stata troppo restrittiva. Possibile cambiamento rispetto al tasso di conversione dell’euro: la moneta del vecchio continente rischia un leggero rialzo nel breve termine a causa dell’incertezza associata alle prospettive di policy per l’economia americana.
PIL EUROPEO A RILENTO NEL 2017
Con i risultati inaspettati del referendum nel Regno Unito e delle presidenziali americane, gli economisti si aspettano un’apprensione crescente per i vari eventi politici europei dei prossimi dodici mesi. “Questa incertezza vincola la ripresa della zona euro a due canali, a quelli reali e a quelli finanziari. Ciò evidenzia la nostra aspettativa che il PIL della zona euro rallenterà nel 2017”, si legge. “Un rallentamento nel già mediocre recupero della zona euro, che complica ulteriormente il compito della BCE”.